La salute mentale e i suoi disturbi: gratitudine, ingratitudine e tratti narcisistici di personalità

Cos’è l’ingratitudine attiva e come nasce nei tratti narcisistici secondo la psicologia

Prof Rocco Zoccali

“Non fare mai del bene se non sei preparato all’ingratitudine” – Enzo Ferrari
Robert Emmons: “Coltivare la gratitudine può cambiare la nostra vita perché ci aiuta a vedere e ad apprezzare ciò che abbiamo, invece di concentrarci su ciò che ci manca”

Secondo Robert A. Emmons, psicologo e professore presso l’Università “Davis” della California la gratitudine è “il riconoscimento e l’apprezzamento delle cose buone che si ricevono nella vita, sia da altre persone che da fonti non umane o spirituali”.

Può essere espressione di un’emozione se è una risposta immediata ad un atto di gentilezza o a qualcosa di buono che riceviamo; di un sentimento quando è più duraturo, consapevole e stabile nel tempo; può infine essere correlata ad un tratto di personalità, una disposizione interiore al riconoscimento e apprezzamento di quanto ricevuto, tratto che condiziona l’esistenza ed è correlato a fattori di natura genetica, biologica, psicologica e culturale.

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Gli studi relativi alle basi genetiche della gratitudine sono ad oggi limitati anche se alcune ricerche forniscono indizi interessanti. Uno studio un po’ datato (2009) su Behavior Genetics, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, ha evidenziato che tratti come l’autostima, la soddisfazione di vita e l’ottimismo, che sottendono la disposizione alla gratitudine, possiedono una significativa componente genetica, in particolare, l’autostima è risultata avere un’ereditabilità del 73%, la soddisfazione di vita del 59% e l’ottimismo del 28%.

Il condizionamento genetico ha una ovvia ricaduta sulla struttura neurobiologica dove hanno un ruolo chiave specifiche aree cerebrali (la corteccia prefrontale mediale, il giro cingolato anteriore e l’insula), alcuni neurotrasmettitori quali la serotonina e la dopamina e l’ormone ossitocina.

Per quanto riguarda la lettura psicologica, facendo riferimento al modello dei “Cinque Grandi Fattori della Personalità” (Big Five), la gratitudine è associata alla “Coscienziosità” (tendenza di una persona a essere organizzata, scrupolosa, responsabile e orientata al compito) per cui il soggetto dà valore all’operato altrui e riconosce l’importanza delle relazioni, ad un alto livello di “Amicalità” (cortesia, altruismo e cooperatività) che determina nel soggetto la predisposizione a riconoscere il bene ricevuto e ad esprimerlo, “Basso livello di Nevroticismo” per cui i soggetti meno ansiosi con meno emozioni negative sono portati ad avere una visione più positiva della vita e ad essere più grati, “Alto livello di Estroversione” che determina maggiore inclinazione ad esprimere gratitudine nelle relazioni.

Per quanto riguarda il condizionamento “culturale” è interessante fare riferimento a quanto scritto da H.Markus e S.Kitayama: “Le persone hanno concetti del Sé, degli altri e dell’interdipendenza … diversi a seconda della loro cultura. … Molte culture asiatiche hanno concezioni dell’individualità centrate sulla fondamentale inter-relazione delle persone l’una all’altra. L’enfasi è sull’attenzione agli altri …Nella cultura americana non si ipotizza, né si da importanza, ad una interconnessione … tra le diverse persone… l’individuo cerca di mantenere la propria indipendenza dagli altri occupandosi di se stesso…”.

A fronte del sentimento di gratitudine, correlato ad una personalità empatica, responsabile e cooperativa, l’ingratitudine presenta aspetti speculari.

Nelle persone ingrate è presente una mancanza di riconoscenza verso gli altri nonostante i benefici ricevuti e, anche in questo caso, tale disposizione interiore ha le sue radici nella personalità dell’individuo e nelle esperienze della vita. Quando l’ingratitudine deriva da tratti di personalità narcisistici, il beneficio ricevuto può acquisire differenti significati:

  • Il soggetto percepisce quanto gli viene dato come dovuto e quindi non esprime gratitudine, pervaso dal “diritto di ricevere” spesso correlato a carenze affettive, in altri casi, ad esempio, per preconcetti e pregiudizi introiettati, ritiene che non sia necessario ricambiare, in quanto il proprio ruolo lo autorizza a pretendere attenzioni e benefici
  • Ricevere un beneficio crea un legame simbolico di “debito” che minaccia l’autonomia e può determinare un rapporto di dipendenza che il narcisista non può tollerare.

Oltre all’ingratitudine intesa come semplice mancanza di gratitudine e quindi assenza di riconoscenza, “ingratitudine silenziosa”, che si esprime nell’assenza del gesto, dell’atto grato, esiste una “ingratitudine attiva” che si manifesta con specifiche condotte. In questo caso, che appare paradossale, il beneficiato (narcisista) vive inconsciamente l’atto come umiliazione, il benefattore come figura dominante contro la quale ci si deve ribellare.

Accettare un dono o un aiuto mette in evidenza le proprie carenze, i propri bisogni, la precaria autostima il che determina una notevole ferita che innesca un meccanismo difensivo che si esprime con atti di svalutazione, aggressività fino alla vendetta.

Per stendere un velo pietoso nei confronti degli ingrati e dare loro un’attenuante, possiamo prendere in considerazione un fattore determinante: il tempo che, nel suo avanzare inesorabile, gioca un ruolo cruciale sia nella gratitudine che nel narcisismo.

La gratitudine, essendo un sentimento, è dinamica e mutevole: può essere percepita al momento del beneficio, ma con il passare del tempo ridursi, soprattutto se non viene tenuta viva dal ricordo, inoltre il tempo apre a nuove esperienze che possono rafforzare o indebolire la gratitudine.

Il narcisismo, invece, essendo un tratto di personalità relativamente stabile, non subisce variazioni, e quindi nel tempo il narciso è indotto ad elaborare negativamente i benefici ricevuti: tende a minimizzare il contributo degli altri e a sovrastimare il proprio merito, interpretando i benefici ricevuti non come atti di generosità, ma come qualcosa di dovuto, nel tempo la capacità di serbare un autentico senso di gratitudine svanisce.

Altro concetto infine interessante è la “dissonanza cognitiva” che agisce come “meccanismo di autoconservazione” del proprio ego, della propria autostima. Dal momento che la gratitudine innesca nei narcisi un sentimento di inferiorità o dipendenza, per ridurre questa tensione, il soggetto attiva una serie di strategie mentali:

  1. Svalutazione del benefattore (in fondo non ha fatto nulla di veramente decisivo);
  2. Rimozione del beneficio (in fondo cosa ha fatto per me!);
  3. Riformulazione dell’atto di beneficio (in fondo lo ha fatto per suo interesse).

Quanto sopra nel tempo spegne la gratitudine e dobbiamo ringraziare il fato se il beneficiato si limiterà all’ingratitudine silenziosa.

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