"L'amico immaginario", il romanzo che svela il mondo dei bambini autistici

In vista della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo, CityNow vi propone una lettura intensa quanto estremamente utile

“Un pizzico di autismo è necessario per il successo nelle arti e nelle scienze”. (Hans Asperger)

Bentornati a #InsideTheBook! Anche noi, in vista della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo (fissata il 2 aprile di ogni anno), ci prepariamo ad accogliere questa ricorrenza con una dose di letteratura. Ad aiutarci sarà Budo, l’amico immaginario di Max.

“Ecco quello che so

Mi chiamo Budo.

Esisto da cinque anni.

Cinque anni è una vita lunghissima per uno come me.

È stato Max a darmi questo nome.

Max è l’unico essere umano che riesce a vedermi.

I genitori di Max mi chiamano l’amico immaginario.

Voglio molto bene alla signora Gosk, la maestra di Max.

Invece l’altra maestra, la signora Patterson, non mi piace per niente.

Non sono immaginario.”

Se avete letto e amato Wonder, probabilmente anche “L’amico immaginario” di Matthew Dicks riuscirà a conquistarvi. L’autore racconta la storia di Max dal punto di vista di Budo, il suo amico immaginario. Una scelta azzardata e insolita ma che si è rivelata vincente. Budo è frutto del mondo interiore del bambino, il che, lo rende perfettamente capace di descriverci tutti quei comportamenti e quei pensieri che il nostro piccolo protagonista non riesce a comunicare in modo esplicito.

Dicks è un maestro elementare che ha fatto della sua esperienza un manifesto di comprensione per tutti coloro che ancora non riescono a relazionarsi con i bambini autistici. Il mondo visto dai loro occhi è un insieme caotico e sregolato che non riesce a trasmettergli le certezze di cui hanno bisogno, per Max scegliere tra due colori implica andare in tilt, un cambio di programma lo manda totalmente nel panico, la sua sensibilità è accentuata a tal punto che “le cose gli restano dentro per sempre. Non dimentica mai niente, e anche un fatto minuscolo può segnarlo per tutta la vita.”

Un romanzo che ha scalato le classifiche e i pregiudizi, una storia capace di spiegare con semplicità i pensieri e i bisogni di un bambino speciale che, con coraggio, affronta i piccoli grandi problemi quotidiani nonostante non sia facile capirne le dinamiche:

“La cosa che mi piace di più è che è coraggioso.

Max è diverso da qualsiasi altra persona al mondo e gli altri bambini lo prendono in giro per questo.

La sua mamma cerca di farlo cambiare e il suo papà lo tratta come se fosse qualcun altro.

Perfino le sue maestre lo trattano in modo diverso, e certe volte non sono neanche tanto gentili.

Nessuno tratta Max come un bambino normale, ma tutti vorrebbero che fosse un bambino normale, invece di essere sé stesso.

E, nonostante questo, Max continua ad alzarsi dal letto tutte le mattine e andare a scuola e al parco e pure alla fermata del bus.

Devi essere la persona più coraggiosa del mondo per uscire di casa ogni giorno ed essere te stesso, quando a nessuno piace quello che sei.”

Perché un amico immaginario?

I bambini hanno la meravigliosa capacità di creare ciò di cui hanno più bisogno, quando giocano a fare gli indiani non gli serve una vera riserva incontaminata, sono sufficienti coperte e cuscini. Il principio è più o meno lo stesso, Max ha sentito il bisogno di avere accanto qualcuno che lo capisse davvero, che sapesse quando ha voglia di parlare e quando preferisce giocare da solo.

Un amico in grado di incoraggiarlo a stare attento in classe, che lo spronasse a fare dei piccoli tragitti da solo a scuola, un amico che potesse proteggerlo e sostenerlo in ogni momento. Budo è il tassello mancante che Max crea per sentirsi parte di una realtà che concepisce come scompigliata e a tratti pericolosa, fatta di persone che, più che cercare di comprendere e accettare il suo modo di essere, di amarlo per ciò che è, vorrebbero cambiarlo.

Come abbiamo già riscontrato con il piccolo Wonder, anche in questo romanzo il dilemma nasce da una parola: “normale”. Proporrei vivamente di eliminarla dal lessico presente e futuro considerando i danni che provoca, ma non sono di certo le parole in sé a creare sgomento, quanto le persone che ne fanno un uso del tutto sbagliato.

Max non sa cosa sia la normalità, come nessuno di noi del resto, ma la differenza è che il nostro piccolo protagonista è consapevole di essere diverso, di non essere capito, è consapevole della sofferenza della mamma, che vede piangere ma non sa come poterla aiutare, non sa che quelle piccole carezze e quei baci che lei gli dà mentre dorme, a Max non piacciono perché non ama essere toccato, eppure sa che la mamma ha bisogno di quel dolce contatto, così lui fa finta di dormire e le permette, con grande sforzo, di dargli la buonanotte. Quanta dolcezza e sensibilità, solo l’innocenza di un bambino è capace di uno spirito di sacrificio così profondo per il bene di chi ama.

Budo fa il possibile affinché Max si possa aprire al mondo a piccoli passi, ma non per compiacere chi lo circonda, Budo ha un solo scopo: la felicità di Max.

Tuttavia, il suo obiettivo è legato a doppio filo alla sua esistenza, il solo fatto che lui ci sia è sintomo delle insicurezze e delle paure di Max, finché Budo sarà al suo fianco Max non potrà essere felice.

Raggiungere la consapevolezza di essere amato e accettato così com’è, senza avere perennemente la sensazione di essere sbagliato e fuori luogo, avere fiducia nelle proprie capacità a tal punto da non dover delegare a nessuno, immaginario o no, la scelta sul gusto del gelato o del tragitto da percorrere per raggiungere la classe a scuola. Queste sono solo alcuni dei fattori che condizionano la felicità di Max.

L’autore con grande maestria e un bagaglio emotivo pazzesco, ci conduce lungo il cammino che vede il protagonista sbocciare, affermarsi, crescere e affrontare pericoli e paure che sarebbero eccessive per chiunque, ma lui, che è un piccolo guerriero nella vita di ogni giorno, combatte con il coraggio che lo contraddistingue da sempre fino a ottenere la più grande delle conquiste: la fiducia in sé stesso.

Budo? Dicono che sia stato l’amico immaginario dalla vita più longeva della storia, quello dall’aspetto più realistico, il supporto interiore migliore che un bambino potesse avere.

Penso che se solo potessi starmene seduto in un angolo, zitto e buono, a guardare crescere il bambino a cui voglio così bene, a vederlo vivere la sua vita, sarei felice.”

Buona lettura!