Operazione Chirone - Le mani dei Piromalli sulla disastrata sanità reggina

Ennesimo scandalo nelle forniture medicali. Coinvolti medici e funzionari. Domiciliari per il Direttore Barillaro

Medici, imprenditori, funzionari contabili, dirigenti farmacisti: al soldo dei Piromalli, nel lucroso mondo delle forniture alla sanità pubblica in provincia di Reggio, ci sarebbero stati tutti, o quasi. Tutti ordinatamente in fila agli ordini di Fabiano Tripodi, diretta espressione del potentissimo clan di Gioa Tauro e «occulto regista delle politiche di gestione dell’Asp di Reggio Calabria – scrive di lui il gip nell’ordinanza che ne dispone l’arresto – e segnatamente del distretto sanitario tirrenico».

È Tripodi, sostengono gli inquirenti, a dettare le condizioni a buona parte della sanità reggina, ed è sempre lui, servendosi del blasone della cosca, a mettere in piedi una “struttura” parallela che all’interno delle diramazioni territoriali dell’Asp, poteva contare su una serie di appoggi che andavano dal semplice caposala a salire, fino al direttore sanitario del distretto tirrenico, quel Salvatore Barillaro finito ai domiciliari in seguito all’operazione dei carabinieri del Ros.

MERCATO UNICO

Al centro di questa ennesima pagina nera della sanità calabrese, che per molti versi, meccanismi e influenze comprese, ricorda alcune vecchie inchieste dei tempi delle Usl, c’è la Mct, società che nel tempo e grazie alle consistenti spinte dell’organizzazione, era riuscita a ritagliarsi una fetta importante nel mercato delle forniture medicali in quasi tutti gli ospedali della provincia.

Una scalata resa possibile, sono convinti gli inquirenti della distrettuale antimafia che hanno coordinato le indagini, grazie ad una serie di agganci con medici e funzionari compiacenti che, in cambio di regali, soldi e percentuali sull’ordinazione, rendevano possibili gli affari. Una struttura così affiatata ed efficiente che era in grado anche di ottenere canali privilegiati nel saldo delle fatture da parte dell’Asp e che, nel caso di forniture già affidate tramite gara d’appalto, riusciva a schermarsi dietro un’altra società di Gioia Tauro (la Lewis, sempre riconducibile a un prestanome dei Piromalli e che quelle gare le aveva vinte) che agiva in nome e per conto dell’azienda riconducibile alla ‘ndrina, condividendone affari ed introiti.

LA RETE DEI MEDICI

Il sistema escogitato dagli indagati era semplice e molto efficace.

Per entrare negli ospedali – da cui sarebbero arrivati gli ordini per le forniture – l’organizzazione si serviva di una serie di medici compiacenti che avevano una doppia funzione. Da una parte, ipotizzano gli inquirenti, si occupavano di effettuare direttamente gli ordini, dall’altra rappresentavano il contatto attraverso cui raggiungere gli altri sanitari in grado di favorire la Mct.

Un ruolo importante lo avrebbe rivestito Pasquale Mamone, dirigente medico responsabile del servizio di anestesia e rianimazione dell’ospedale di Gioia Tauro.

È lui quello che secondo le ricostruzioni degli investigatori, si occupa di intervenire presso i colleghi dell’ospedale di Gioia prima e di Polistena poi, invitandoli all’acquisto dei prodotti forniti dagli indagati. Lo stesso medico che in un’intercettazione captata a bordo di una auto di grossa cilindrata che proprio la Mct gli ha messo a disposizione, racconta candidamente dei suoi rapporti con la società di Tripodi.

A Reggio invece l’interfaccia degli uomini di Tripodi era il ginecologo Antonino Coco, attraverso cui la Mct (che lo considerava come «la chiave per ginecologia») era riuscita a infiltrasi al Riuniti (le indagini si riferiscono al biennio 2017/18) ottenendo l’ordine per 30 mila euro di disinfettante e l’interesse di numerosi reparti per alcuni macchinari diagnostici messi in vendita proprio da Mct. E ancora Domenico Forte, il primario dell’ospedale di Polistena vicino alle cosche di Rosarno che secondo gli inquirenti «integra plasticamente la tipica ipotesi del professionista posto al servizio dell’associazione di stampo mafioso» e che si sarebbe messo a disposizione dell’azienda del clan. Così come avrebbe fatto anche il responsabile delle farmacie ospedaliere di Reggio Calabria, Fiumanò, attraverso cui l’organizzazione era riuscita ad ottenere diverse “facilitazioni” negli ospedali di tutti i distretti reggini.

AL VERTICE

Per avere tutto sotto controllo però, Fabiano Tripodi deve poter salire fino ai piani alti dell’Asp e, puntando sulla rete di amicizie e interessi che è riuscito a crearsi negli anni in forza della sua posizione all’interno del clan e del suo ruolo a capo di un piccolo impero nel mondo della sanità, mira all’elezione del nuovo direttore sanitario del distretto tirrenico.

Suo interfaccia diventa quindi Salvatore Barillaro, diventato dopo la sua nomina grazie agli auspici del clan «un punto di riferimento all’interno dell’Asp di Reggio presso cui aveva assunto la qualifica di direttore sanitario e diventando “mero esecutore” di decisioni assunte da Tripodi inerenti a varie nomine o inerenti trasferimenti dei dipendenti ed attivandosi per dare corsia preferenziale ai mandati di pagamento».