Caso 'Al Clubbino', la controreplica del locale: 'Dal Comune decisioni illogiche'

"Singolare e di pessimo gusto porre a confronto, senza alcuna ragione logica, due situazioni completamente diverse"

Caso “Al Clubbino” inerente l’incubo “gazebo”, l’amministrazione comunale nella giornata di oggi ha inteso fare chiarezza, fornendo qualche dettaglio sulla vicenda.

A distanza di qualche ora, è arrivata la controreplica da parte del locale.

“Con riferimento alla nota dell’amministrazione comunale, vogliamo innanzitutto far rilevare che appare davvero singolare (e davvero di pessimo gusto) porre a confronto, senza alcuna ragione logica, due situazioni completamente diverse.

Probabilmente chi ha risposto non ha potuto fare di meglio e si è cacciato/a in un tentativo di (illogico) sillogismo. Rileviamo infatti che l’amministrazione non smentisce (nè potrebbe farlo) in alcun modo la ricostruzione fattiva da noi riportata: quando (l’unica volta!) il Comune ci ha richiesto un pagamento (senza determinare la cifra), noi abbiamo prontamente risposto chiedendo la quantificazione dell’importo da pagare.

Ed il comune non ha mai dato risposta alcuna: silenzio tombale fino al 23 maggio di quest’anno allorchè, senza nessun accertamento preventivo, nè comunicazione di alcun tipo il Comune ha inteso disporre un’ordinanza attraverso cui è stato chiuso il locale per 5 giorni. L’ordinanza esplicitava l’importo calcolato apoditticamente dal comune in una cifra esorbitante (che ora impudicamente l’amministrazione rivela), che non troverebbe ragione neanche per la piazza San Marco di Venezia.

Abbiamo subito chiesto lumi e ci è stato risposto che l’importo era dovuto in relazione a tutti i 12 mesi dell’anno, in quanto erano state viste (da componenti dell’amministrazione!) delle piante nelle aree limitrofe all’esercizio anche nei mesi invernali!! Una modalità di accertamento “induttivo” singolare, evidentemente priva di fondamento alcuno, che non può che suscitare ilarità, ma che qualche amministratore di questa città ritiene legittima!

“Rileviamo infine -si legge nella nota- che rispetto alla cifra esorbitante indicata dal comune (peraltro rimasta priva degli elementi contabili) a titolo di canone (circostanza evidentemente di per sè incompatibile con l’asserita occupazione abusiva) siamo stati posti di fronte ad una condizione capestro (volendo evitare termini che pure risulterebbero più appropriati ma che lasciamo all’interpretazione di chi legge): pagare la cifra del “riscatto” o lasciare chiuso il locale e non utilizzare l’area pertinente in un periodo fondamentale per la nostra attività (e ci risparmiamo qualsiasi considerazione sulla tempistica adottata dal Comune nella nostra ed in altre situazioni).

Pur ritenendo di dover fare valere i nostri diritti nelle più opportune sedi, restiamo in attesa di poter interloquire con il Sindaco, a cui la nostra lettera aperta era rivolta, stante la sua disponibilità annunciata al riguardo”, conclude la direzione del locale.