Caso Quattrone e Cavallotti, imprenditori assolti ma spogliati di tutto. Parla l'avv. Lauria

Il legale dei fratelli Cavallotti: 'Colpiti prima dalla mafia e poi dallo Stato". Entrambi si ritengono vittime di una confisca ingiusta

Il caso Cavallotti all’esame della Corte di Strasburgo apre ad un dibattito politico-giuridico che in ogni caso cambierà l’assetto normativo delle misure di prevenzione patrimoniali. Il tema più spinoso riguarda la confisca del patrimonio di coloro che sono stati assolti nei rispettivi processi per associazione mafiosa.

Un sistema che trasforma le vittime in mafiosi. Adesso la CEDU chiede spiegazioni all’Italia e vuole vederci chiaro. Il caso Cavallotti interessa una vasta platea di persone, assolti ma confiscati, fra questi vi è l’imprenditore reggino Quattrone di cui abbiamo parlato più volte sul nostro giornale che torna a sperare.

Caso Cavallotti, l’avv. Lauria: ‘Solo con le capriole l’Italia può giustificare le pene degli innocenti”

L’avvocatura dello Stato sostiene che le misure di prevenzione non abbiamo carattere punitivo. L’avv. Baldassare Lauria, presidente dell’osservatorio misure di prevenzione, precisa che,

“negare la natura penale delle misure di prevenzione patrimoniali è stata una necessità per conservare il sistema, le misure di prevenzione non hanno alcuna copertura costituzionale sfuggendo ai principi quali “ irretroattività della legge penale” e del “ giusto processo” e nonostante abbiano natura afflittiva non rientrano nella materia penale. Nel caso di misure di prevenzione vi è la perdita totale del patrimonio, determinando decadenze e impedimenti che non consentono più una conduzione di vita economica sociale, salvo una improbabile riabilitazione dopo molti anni. Certo che, riconoscere la natura penale delle misure di prevenzione sarebbe un colpo durissimo alle misure di prevenzione poiché determinerebbe l’applicazione delle garanzie sancite dagli articoli 6 ( equo processo), 7 (principio di legalità dei reati e delle pene e divieto di applicazione retroattiva) della convenzione europea dei diritti umani, nonché art 4 ( divieto del bis in idem) del protocollo 7, mentre ad oggi il sistema misure di prevenzione è un sistema penale alternativo senza garanzie difensive, senza prove e spesso senza fatti.

La difesa proposta dall’Italia è una vera capriola, il sistema è figlio di una visione dispotica, fascista che trasforma la “vittima in carnefice”, un meccanismo che colpisce colpevoli e innocenti sviluppando un sistema antimafia che non si nutre di sola mafia ma compie strage di diritti. Si auspica adesso in una pronuncia favorevole che impone al legislatore la modifica dell’intero impianto codicistico antimafia. La normativa sui beni confiscati in Italia è un unicum nel panorama mondiale, siamo in un’era giuridica molto lontana dal sistema garantista: si sostituisce la preunione di colpevolezza alla responsabilità, il sospetto del fatto”.