Il Comitato di Quartiere “Il Popolo di Archi” diffida il sindaco Falcomatà 

La diffida inviata per omissione di atti d’ufficio e violazioni normative. "Andremo fino in fondo a questa vicenda"

Il Comitato di quartiere Il Popolo di Archi ha inviato formalmente una diffida ad adempiere al sindaco e alla giunta comunale, rilevando “una omissione negli adempimenti previsti dal regolamento comunale ed in palese violazione della normativa sul funzionamento deli enti locali” in merito alla raccolta firme per la petizione popolare in cui si chiede al Consiglio Comunale di Reggio Calabria – e far valere così gli istituti di partecipazione popolare previsti dallo Statuto Comunale – di revocare l’ordinanza n. 175/2106 che rinnova l’ordinanza n. 107/2015, quest’ultima istituiva temporaneamente dei divieti di sosta sulla Via Nazionale di Archi, Gallico e Catona, sulla Via Vecchia Provinciale di Archi e sulla Via Marina di Gallico.

Nella diffida sono stati coinvolti, per conoscenza, anche il Prefetto di Reggio Calabria Dott. Mariani e l’Assessore alla Legalità Dott.ssa Scopelliti, dai quali attendiamo un incontro in merito.

‘Limite superato’

Tutto ha un limite e questo lo si è abbondantemente superato. Abbiamo atteso -si legge nella nota- pazientemente per troppi mesi, anzi per oltre un anno che la nostra petizione popolare legittima venisse presa in esame, ma il sindaco e la giunta hanno trattato un documento legale rappresentativo della volontà popolare come una scartoffia da mettere nel cassetto e dimenticarla.

Alla faccia dei vaniloqui come “la città si fa con i cittadini” che il sindaco scrive su Facebook oppure “sono un sostenitore della democrazia dal basso” come scrive il Presidente del Consiglio comunale. Gli occupanti del Palazzo Comunale hanno pensato solo ai fatti loro in questi mesi, anzi, da ormai 7 anni pensano che in città, e nelle periferie, tutto vada bene e quindi vivono incuranti della reale situazione.

Questi politicanti -afferma il Comitato- si ammantano di valori democratici fingendo di essere accoglienti e considerevoli delle istanze dei cittadini, ma in realtà hanno pensato solo a sistemare amici e parenti, a consolidare il proprio bacino elettorale e a potenziare le loro relazioni di interessi.

Lo stesso Regolamento degli istituti di partecipazione popolare, dispone che sia data risposta entro 20 giorni e che i promotori della petizione, in rappresentanza dei cittadini firmatari, siano convocati per discutere del tema presso la commissione consiliare prima e in consiglio comunale poi.

Ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta! Si ricorda che l’attuazione del Regolamento degli istituti di partecipazione popolare previsto dallo Statuto comunale intende favorire la partecipazione dei cittadini alla vita della città.

La omissione di questi atti di ufficio causa non soltanto una violazione dello Statuto comunale, ma una limitazione proprio di quella democrazia partecipata tanto sbandierata a Palazzo San Giorgio dal sindaco, e dai suoi gregari, e poco praticata nei fatti e nelle scelte istituzionali!

A livello comunale le petizioni sono state rese obbligatorie per tutte le amministrazioni ai sensi dell’art. 8 comma 3 della legge 267/2000 (TUEL), compreso l’obbligo di risposta entro tempi certi per singoli o associati:

«Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.»

Il principio che ispira lo Statuto in merito alla partecipazione popolare è recitato dall’art. 10, il quale, al comma 1 recita:

“Il Comune garantisce e promuove la partecipazione dei singoli e delle formazioni sociali al fine di assicurare la democraticità dell’ordinamento ed il buon andamento, l’imparzialità e la pubblicità delle funzioni e dei servizi.”

Se il principio è corretto ci si chiede come mai la democrazia al Comune di Reggio Calabria è stata bruscamente cancellata de facto, abbandonando da oltre un anno quella petizione presentata legalmente, quando, invece, il sindaco, dovrebbe garantirne e tutelarne ogni sua forma?

Il proponente, nonché primo firmatario di questa petizione popolare, è Luciano Surace, rappresentante del comitato di quartiere Il Popolo di Archi, che da anni si batte per il rispetto della legalità nel territorio e per il rispetto che la Pubblica Amministrazione deve avere nei confronti dei cittadini che subiscono l’atteggiamento vessatorio e irrispettoso da parte di un indirizzo politico che non ha a cuore le sorti della città e da poco più di un anno l’atteggiamento repressivo da parte della Polizia Municipale, che oltretutto viola l’art. 201 del Codice della Strada, che ha abusato di uno strumento illegittimo come lo street control (Cass. n. 14040/2008; sentenza Giudice di Pace n. 100658/2013) in un contesto in cui non è necessario utilizzare metodi così reprimenti.

Se la partecipazione popolare non è gradita agli interlocutori -conclude il Comitato- cosa alquanto paradossale in un sistema in cui vige l’ordinamento basato su valori democratici e i cui principi amministrativi si basano sulla leale e reciproca collaborazione con i cittadini, passeremo ad altre forme di azione.

Se pensano che rinunceremo o che ci rassegneremo alla nostra battaglia si sbagliano, gli faremo assaggiare la nostra tempra! Andremo fino in fondo a questa vicenda! Costi quel che costi!”