Verso le comunali, l'inchiesta "Helios" può mandare in frantumi i sogni di Falcomatà

Coinvolti nell'inchiesta della Dda gli uomini forti della maggiorana di palazzo San Giorgio, che ci rassicurano: 'Non siamo mafiosi'

L’avviso di conclusione indagini emesso dalla Dda di Reggio Calabria nei confronti di tredici indagati, tra cui  8 amministratori pubblici, sei dei quali in piena attività, è un pugno allo stomaco. Da qualunque angolazione si voglia guardare l’indagine “Helios” – che col passare delle ore si sta arricchendo di particolari grazie alla pubblicazione di alcuni stralci di intercettazione da parte dei colleghi di altre testate on line – risulta difficile non farsi scappare un sorriso, amaro.

Politicamente, il ‘terremoto giudiziario’ – per dirla con Jole Santelli -, non risparmia nessuna parte politica, anche se ad uscirne con le ossa rotte è naturalmente il centrosinistra che governa Palazzo San Giorgio.

La posizione di Domenica Catalfamo, fino all’altro ieri dirigente del settore viabilità della Città metropolitana e prima ancora della Provincia e oggi assessore ai Trasporti della Regione Calabria, non può non avere un contraccolpo anche nel centrodestra reggino, che l’ha fortemente voluta nel governo regionale della Santelli. Ma è ovvio che oggi tutti gli occhi sono puntati sugli amministratori comunali che, alcuni dei quali con grandi responsabilità, sarebbero stati colti con le mani nella ‘solita’ marmellata.

Dopo approfondita riflessione, tutti insieme hanno dichiarato – oltre alla solita formula di rito circa la piena fiducia nell’operato della magistratura e della squadra Stato – che “è utile affermare che le nostre posizioni non hanno nulla a che fare con reati di associazione mafiosa”. Sottolineando che dimostreranno, una volta conosciuti gli atti, la propria estraneità ai fatti contestati. Una specificazione che appare irrisoria ai più, se non dal punto di vista personale degli indagati. Visto che di reati comunque si parla.

Giova ricordare che oltre a Catalfamo, tra gli amministratori coinvolti, sono indagati l’attuale vicesindaco Armando Neri, l’assessore comunale Giovanni Muraca, i consiglieri comunali Filippo Quartuccio (che è anche consigliere metropolitano con delega alla Cultura), Rocco Albanese, Antonino Castorina (anch’egli consigliere metropolitano con delega al Bilancio); l’ex consigliere regionale Giovanni Nucera, e Fabio Scionti, ex sindaco di Taurianova, comune sciolto nel dicembre scorso dopo le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali”.

Le accuse rivolte a consiglieri comunali, delegati e assessori, hanno un unico filo conduttore, e una vittima per così dire predestinata, che è l’Avr, non esente da grossissime responsabilità, concretizzandosi in quello che volgarmente il popolo definisce il vizietto di chiedere favori: caldeggiando insomma assunzioni o, in questo caso, avanzamenti di posizione lavorative. Con un modus operandi che – secondo le prime indiscrezioni – dipinge un quadro a tinte foschissime a Palazzo San Giorgio e alla Città Metropolitana, dove un presunto “sistema” di pressioni sarebbe servito spesso e volentieri per agevolare una richiesta, il più delle volte irricevibile.

È sacrosanto che una lettura completa ed esaustiva delle carte potrà chiarire meglio il contesto in cui si è dispiegata questa torbida vicenda, ma è altrettanto evidente che l’indagine sta già danneggiando, e non poco, tutta l’amministrazione di Giuseppe Falcomatà che si sta ricandidando alla guida della città.

Gli uomini colpiti nel provvedimento sono d’altra parte uomini chiave nell’esecutivo e nella maggioranza guidata dal primo cittadino. Uomini che fino a ieri rappresentavano, come Neri, un punto di riferimento proprio nell’emergenza rifiuti in atto. Uomini, come Muraca, che hanno sempre incarnato ed ostentato un profondo senso di giustizia e trasparenza. Uomini navigati, come Albanese, che potrebbero essere scivolati su imperdonabili debolezze. Giovani uomini e ragazzi, come Castorina e Quartuccio, deputati a rappresentare il volto nuovo e pulito di una politica che non sembra conoscere vergogna, che pretenderebbero ‘rispetto’ solo perché messi nella posizione di decidere qualcosa.

Insomma, il quadro non è dei migliori, ed a Falcomatà, che già aveva le sue gatte da pelare per via dell’affaire Miramare, non sarà facile togliere le castagne da un fuoco alimentato dal vento di un’antipolitica che, al netto dei tre gradi di giudizio, trova sempre di che cibarsi grazie proprio ai politici che della retorica moralista ne hanno fatto un uso smodato.