Calabria, 1° giorno di chiusura: a pallone in piazza fino alle 18. La pandemia spegne i piccoli borghi

Serrande abbassate alle 18, sospesi anche i laboratori teatrali

Sono due ragazzini che si lanciano un pallone da un lato all’altro della piazza, i protagonisti involontari di questa prima serata di chiusura anticipata. Palleggiano tranquilli, si divertono mentre nel bar alle loro spalle, si spilla l’ultimo, un po’ malinconico, giro.

Manca un quarto d’ora alle 18, è buio già da un po’ e la Mese, cuore e salotto buono di Caulonia, è terreno libero per le giocate a distanza tra i due: a guardarli, solo un paio di anziani seduti davanti al piccolo market all’angolo. Qui lo spopolamento dei borghi interni ha svuotato le piazze molto tempo prima dell’epidemia. Ma i numeri cominciano a fare paura – ieri sono stati segnalati i primi tre casi di alcuni studenti delle medie e dell’istituto agrario, alla marina e il comune ha deciso di creare una via fittizia per aggirare una burocrazia demenziale e prendersi cura dei senza tetto presenti in paese – e la partitella finisce presto, quasi in contemporanea con la serranda dell’unico bar della piazza che viene tirata giù seguendo le nuove disposizioni.

«Si tratta di meno di un mese questa volta, proviamo a stare in piedi con l’asporto».

Nicola, tra i pochi avventori seduti al bar nel rigoroso rispetto delle regole, ha una pizzeria appena sopra la piazza. Oggi da calendario è giorno di chiusura, anche lui domani terrà le serrande aperte solo per i piatti a portar via. Ma il clima non è teso come in altre parti d’Italia e l’ennesima serrata causata dall’avanzare dell’epidemia, si esaurisce in quel vortice di indolenza e fatalismo che è tipico di queste latitudini.

«È un’altra luce che si spegne» commenta amara la signora che attraversa la piazza a passo veloce guardando il gruppetto di persone in piedi davanti alla serranda sbarrata del Meze.

È fine ottobre, il clima è clemente, non è neanche l’ora di cena e le strade sono semi deserte. Riscendendo la via principale, l’unica insegna accesa è quella del tabaccaio; clienti ordinatamente in fila aspettano il loro turno, qualcuno si siede sulle panchine sopra il vecchio mercato coperto per due chiacchiere. Anche il circolo, sulla via di piazza Seggio, ha calato la serranda da qualche minuto, così come il baretto di piazza Bellavista, affacciato sul buio della valle. Altre luci che si spengono, suggerendo l’effetto ghost town.

Non si spengono solo le luci dei bar. Anche Fuorisquadro, il gioiellino liberty del paese che un gruppo di ragazzi del posto ha rimesso in piedi a proprie spese, riproponendo il teatro come centro del villaggio, da ieri, dopo une estate fitta di rappresentazioni in piazza, ha sospeso le attività. Da qualche settimana era partito un laboratorio su recitazione e linguaggio del corpo, tutto rimandato a tempi migliori.

«Tocca avere pazienza, però è un vero peccato» dice Francesco, che di quel teatro è uno delle anime «riprenderemo appena sarà possibile, con lo stesso entusiasmo».

Un’altra luce che si spegne, in attesa che la socialità non sia più considerata pericolo.