Una speranza per l'Hospice: nella prossima settimana incontro con la Santelli

Lo ha annunciato a CityNow Vincenzo Trapani Lombardo. Ecco le parole del presidente della Fondazione Hospice Via delle Stelle

Stamattina abbiamo avuto un incontro con l’onorevole Cannizzaro che mi ha telefonato perché voleva conoscere la struttura e sincerarsi personalmente delle condizioni in cui opera. Abbiamo parlato anche di altri problemi e poi ha telefonato alla presidente Santelli con cui ho parlato e mi ha garantito che in settimana ci incontreremo per definire un po’ la situazione dell’Hospice. Devo dire che anche il sindaco ha garantito il suo impegno per la non chiusura, e mi auguro che sia un impegno concreto”.

A dirlo, nel corso della consueta diretta giornaliera di CityNow, è il dottore Vincenzo Trapani Lombardo, presidente della Fondazione “Via delle stelle”. Per molti il dottore è semplicemente “Kiko”, per via del suo carattere pacato e gioviale. Ma quando c’è da combattere lui certo non si tira indietro.

La struttura, amata dai reggini per l’umanità che riesce a sprigionare attraverso il lavoro del personale, ciclicamente finisce agli onori della cronaca per lo stato di sofferenza economica in cui versa. Che altro non può essere se non il risultato di una politica fallimentare che fin qui ha prodotto una sanità scadente. Basti pensare che anche in regime di emergenza da coronavirus, proprio le strutture sanitarie hanno dovuto arrangiarsi rispetto all’approvvigionamento degli strumenti di protezione individuali. Lo stesso, neanche a dirlo, è successo all’Hospice. Lo testimoniano le parole di Trapani Lombardo:

Non siamo stati per nulla supportati dalle istituzioni. Abbiamo dovuto fare tutto da soli per quanto riguarda i Dpi. Devo ringraziare tutte le strutture private, le istituzioni private, come scuole e altre strutture che ci hanno voluto donare chi mascherine, chi schermi, chi disponibilità economica, perché dalle istituzioni non abbiamo avuto assolutamente nulla. Siamo stati praticamente l’unica struttura che ha garantito l’assistenza domiciliare anche durante il periodo della pandemia. Ma questo grazie veramente agli infermieri che si sono prestati con uno spirito veramente da ammirare. Noi abbiamo continuato per tutti i malati che avevamo in gestione, abbiamo cercato semplicemente di rallentare per ridurre il contatto, riducendo naturalmente le visite a un visitatore solamente per paziente e senza sostituzione, proprio per evitare il contagio che da noi sarebbe stato gravissimo e avrebbe comportato certamente la chiusura della struttura”.

In bilico da più di dieci anni

“Questo problema è un problema ormai cronico direi”. Trapani Lombardo, senza tanti fronzoli, affronta di petto la questione dei mancati pagamenti da parte dell’Asp – “Se non ci fosse stato tutto questo amore del popolo reggino per questa struttura – dice – non saremmo ancora aperti”-. Non prima però di aver raccontato un piccolo aneddoto che in qualche modo rende plasticamente l’idea di quello di cui parliamo:

“Approfittando di questo problema della pandemia, sono andata a girare un po’ di carte per fare un po’ di pulizia e ho trovato una lettera che io ho scritto nel 2009 al direttore sanitario e ricalcava la lettera che ho scritto un mese fa. Con le stesse motivazioni e le stesse richieste di oggi. Cioè se non si definisce bene purtroppo tutta la situazione, se non si contrattualizza, se non si definiscono bene i rapporti della Fondazione con la Regione e con l’Asp, andremo sempre avanti in questa maniera”

Il problema della continua emergenza è legato, oggi, al fatto che, pur essendo arrivati ad un accordo con la Regione e con l’Asp a dicembre scorso, per l’istituzione di un tavolo tecnico al fine di affrontare il problema, poi non ci sono state quelle azioni conseguenziali che ne dovevano derivare.

“Ci si doveva rivedere perché bisognava stabilire quale era effettivamente il presunto credito dell’Asp nei confronti della Fondazione. L’Asp ritiene di dover avere dalla Fondazione circa 700 mila euro di un debito pregresso accumulato dal 2013 ad oggi, per quanto riguarda alcuni voci, come le utenze, il fitto etc… e si era addivenuti a stabilire che bisognava istituire un tavolo tecnico con Asp, Regione e Fondazione, ma non se ne fece nulla. Da gennaio ho cominciato a sollecitare per l’istituzione di questo tavolo ma non ho avuto nessuna risposta”.

In soldoni, l’Asp ha liquidato sul budget annuale del 2019 solamente una parte, poco più della metà di 1 milione 650 mila euro. Per cui c’era un credito da parte della Fondazione, che era rimasto congelato, di circa 700 mila euro.

“Noi siamo riusciti ad andare avanti fino a dicembre del 2019 grazie alle donazioni dei reggini, e questo nei primi mesi del 2020 non si è verificato, anche perché molte di queste donazioni con l’arrivo della pandemia sono state dirottate su altre emergenze, e ovviamente non è stato possibile neanche organizzare eventi pubblici in favore dell’Hospice, e questo ha creato lo stato d’emergenza.

Ed è proprio questo stato di emergenza ciclica che a volte fa pensare che esistano altri interessi dietro la mancata soluzione dei problemi. Il dottore sul punto è diplomatico:

“Non lo so, io sono più di dieci anni che mi occupo dell’Hospice, prima come direttore sanitario ora come presidente della Fondazione, però il fatto che non si riesca a definire una struttura come questa è un fatto abbastanza singolare. Certamente la struttura funziona bene. Si deve arrivare ad una definizione. A dicembre abbiamo ottenuto l’accreditamento regionale definitivo, ci hanno riconosciuto dieci posti in assistenza residenziale e 40 in assistenza domiciliare e la Fondazione è stata riconosciuta come ente gestore di queste prestazioni. A questo punto quello che chiediamo è un contratto, che si stabiliscano i termini. Noi abbiamo sempre detto che ovviamente le utenze sono a carico della Fondazione, perché siamo noi che utilizziamo la struttura. Per quanto riguarda il fitto dell’immobile si può arrivare ad un compromesso, non dico politico, ma che salvaguardi anche quelle che è stata l’idea nazionale della Lilt che ha voluto donare il fondo su cui è stato fondato l’Hospice e che ha donato mi pare anche 200 milioni delle vecchie lire per costruire la struttura. Per cui il fitto, considerato che la Fondazione garantisce l’esecuzione del Livelli essenziali di assistenza, potrebbe essere quantomeno, non dico simbolico, ma ragionevole”.

Il personale la vera forza dell’Hospice

“Ringrazio tutti gli operatori e i volontari, ma in questo momento soprattutto gli operatori visto che i volontari per il Covid vorrebbero ma non possono frequentare la struttura. Non hanno mai abbassato il livello di qualità delle prestazioni che loro forniscono. Dalle caposala, agli ausiliari, agli autisti, al cuoco, agli autisti. Devo ringraziarli tutti perché ovviamente lavorare con poche prospettive di stipendio immediato no è facile per nessuno. Noi cerchiamo di andare incontro a chi ha più necessità, ma ovviamente il sacrificio è importante per tutti. Per questo li ringrazio per la loro professionalità e la loro dedizione”.

Ma dove si trova la forza per andare avanti? In più di dieci anni, la vita dell’Hospice non è mai cambiata. Ha galleggiato tra donazioni private e carte bollate. In più occasioni sarebbe stato più semplice lasciar perdere che continuare a bussare alle porte di questo o quel personaggio…

“Come tutte le cose ci sono momenti di scoraggiamento. Ma c’è una cosa che ci tiene lì fermi a tenere la barra, ed è la motivazione, il capire che questa è una missione troppo importante, garantire questo tipo di prestazioni ai malati, è una cosa in cui bisogna credere. È la forza delle idee che ti consente di andare avanti. Io l’ho sempre detto, certamente non è né una motivazione politica né una motivazione economica. Le cure palliative sono qualcosa che appassionano, perché c’è una passione che non si può spiegare, non tutti riuscirebbero a capire. Io vedo che i nostri medici, i nostri oss, la psicologa, ma tutti in generale, hanno con i malati e i familiari un rapporto che non è facile trovare, e questo ci consente di andare avanti”.

Trapani Lombardo rende merito anche al lavoro dei tanti volontari.

“Quando parlo di volontari considero tutti quelli che prestano attività all’interno dell’Hospice, che fanno compagnia al malato o al parente del malato. Ma considero anche quelli che curano il magazine, lo spazio cultura, o musicale. Tutte cose che ci siamo inventate proprio perché questo serve non solo per i malati, ma anche per le famiglie e il personale, per creare uno spirito di comunità. Per realizzare quello spirito che fa star meglio un po’ tutti, per far capire quella che è la mission dell’Hospice”.