Incontro con l’autore, Nicola Gratteri: “Padrini e padroni”
20 Dicembre 2016 - 16:18 | di Vincenzo Comi
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“La cultura rende liberi”.
E’ con queste parole che, presso la palestra del Liceo Classico “N.Pizi” di Palmi, si è conclusa la serata del 16 Dicembre dedicata alla presentazione dell’ultimo libro “Padrini e padroni” del Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri .
Moderato dal giornalista e scrittore Arcangelo Badolati, l’incontro ha registrato una folta presenza di pubblico, non limitata agli alunni del prestigioso Liceo, ma anche alla cittadinanza che, numerosa, ha condiviso questo momento di ascolto e di dibattito.
I lavori hanno avuto inizio con una telefonata in videoconferenza con Antonio Nicaso, coautore del libro il quale, rammaricato per la lontananza e l’impossibilità di poter presenziare, ha sottolineato come “le mafie, oggi, rappresentano una zavorra che condiziona la vita nella nostra terra, la Calabria”.
Questo enunciato è stato il leit-motiv dell’incontro, sottolineato anche dal D.S., Prof.ssa Maria Domenica Mallamaci che, avendo offerto la piena collaborazione per l’evento, ha invitato preventivamente gli alunni delle ultime classi alla lettura dell’opera, onde consentire un consapevole dibattito.
“Il tema della mafia non riguarda solo la nostra terra, ma tutto il mondo. E’ per questo che bisogna stimolare i giovani a riflettere sull’argomento per evitare di incorrere in situazioni di compromessi con la mafia. E la scuola è proprio quell’ambiente in cui si insegna la tutela dei princìpi della Cittadinanza attiva: rispettare le regole, richiamarsi alla trasparenza”.
Con queste parole la Preside Mallamaci ha ribadito fortemente che” non è vero che non si può cambiare la realtà della nostra terra: dove c’è legalità, lì c’è la lotta contro il sopruso, contro la corruzione, contro la prevaricazione”.
L’opera, scritta in uno stile scorrevole e di facile lettura, come hanno sottolineato gli alunni, è stata magistralmente presentata dallo stesso Procuratore Gratteri, nel corso del colloquio che ha pilotato sull’autore l’attenzione di tutti i presenti.
L’autore ha messo in risalto il I Capitolo, “rivoluzionario”, come lui stesso lo ha definito, nato da una lunga ricerca in Archivio dove “ è conservata la storia solitamente trascurata, fatta da chi è stato vinto e non da chi vince, come riportano solitamente i libri di storia che leggiamo”.
La scrittura non è mai facile e parlare di verità diventa un’impresa davvero coraggiosa: “perché scrivere potrebbe risultare facile, ma bisogna avvicinarsi il più possibile alla verità”; così ha affermato Gratteri.
Dopo un lungo excursus “sull’evoluzione della mafia dopo l’Unità d’Italia, con l’odiosa pratica del latifondismo”, dopo un breve ma significativo passaggio sul “terremoto del 1908 e sulle responsabilità dell’allora classe dirigente” e, ancora, a quella “triste pagina di vassallaggio degli uomini del Sud al potere dominante, all’allora ruolo deviante della Chiesa”, Gratteri ha più volte ribadito che “le mafie non stanno in disparte: esse fanno parte dell’odierna società, in quelle che potrebbero apparirci banali attività quotidiane, perché il mafioso ha bisogno di farsi vedere mentre beve un caffè al bar, mentre cammina sottobraccio con l’amico di turno, perché il mafioso è come un pesce che ha bisogno dell’acqua per sopravvivere e deve, quindi, esternare il suo potere”.
Argomento complesso che ha sollevato non poche domande su come si potrebbe estirpare dalla nostra società questo cancro che incute paura, tanto da convincerci ad abbandonare la nostra terra e rifugiarci altrove.
Ma non è con la paura che si vince sulla mafia. Bisogna restare, ”bisogna studiare, formare le coscienze, perché solo la cultura ci potrà affrancare dai compromessi con la manovalanza che si diffonde a macchia d’olio. La mafia alberga meglio lì dove c’è ignoranza perché l’uomo che non sa neanche parlare in italiano risulta più facilmente manovrabile e abbindolabile con i primi profitti garantiti da piccoli lavori-favori che poi trasformeranno la libertà civile in gabbie mentali di una prigione a vita”.