Klaus Davi a CityNow: “Calabresi influenti un pò ovunque, eppure la Calabria non conta nulla” – VIDEO
Il massmediologo interviene alla diretta "Io resto a casa" di Citynow: Con l'emergenza fake news inevitabili, ma giornalista è diventata figura centrale
19 Aprile 2020 - 00:16 | Redazione

“Noi siamo giornalisti, siamo la società civile, possiamo aver fatto degli errori, e io privatamente in quei primi giorni mi sono posto quei problemi, se cioè era necessario chiudere tutto. Ma noi siamo cittadini, non siamo politici. La cosa grave è che a Milano è stato il sindaco a sponsorizzare quella campagna, preso da un entusiasmo propagandistico. Alla luce di quello che sta succedendo a Milano non è solo una sottovalutazione politica, è qualcosa di più”.
Ad affermarlo è il massmediologo Klaus Davi, intervenuto alla diretta quotidiana di CityNow condotta da Vincenzo Comi. La sua Agenzia, come del resto tantissime altre attività in questo momento rimane chiusa, si lavora in smart working, o si entra in cassa integrazione.
Certo, è cambiato lo stile di vita: niente più viaggi, pochi servizi e solo qualche ospitata, ma niente di più. I divieti e le restrizioni complicano la vita a tutti. Eppure per lui,
“la figura del giornalista è tornata centrale. Vuoi per i movimenti politici, vuoi per le strumentalizzazioni, vuoi perché i giornali vendevano meno, la figura del giornalista negli ultimi anni è andata in secondo piano. Poi, però, oggi siamo andati tutti in prima linea e l’utilità della figura del giornalista che sa discernere tra notizie attendibili e non, è tornata centrale”.
La crisi ha spinto gli italiani, e non solo, ad un maggior uso degli strumenti tecnologici che, però, ha fatto spesso rima con un bombardamento incontrollato di notizie spesse volte rivelatesi delle fake news. Al proposito Klaus Davi non si mostra meravigliato:
“Sono aumentati i canali. Il virus è una cosa scientifica questo virus bisogna avere una competenza specifica ed è inevitabile la manipolazione. C’è manipolazione per interesse scientifico, sanitario farmaceutico, due perché il virus ha implicazioni politiche: prendi l’Italia, è morto il modello sanitario del sistema Lombardia, e per Milano che doveva essere la città chiave, il sud ci sta insegnando uno stile di vita, cioè tutto questo ha un impatto politico. Le fake news sono inevitabili, ma i giornalisti hanno saputo fare il loro mestiere, ma c’è gente che non la convinci, non la cambi”.
Evidente in questa parentesi emergenziale è stato anche il cambio del modo di comunicare, anche da parte delle istituzioni e dai suoi rappresentanti, che hanno privilegiato l’uso dei social. Non particolarmente affascinato dall’argomento – “non amo questo tipo di polemiche”, dice – il massmediologo si è però fatta una idea precisa del premier Giuseppe Conte:
“La sensazione è che Conte non ha abbia sempre il polso della situazione. È un premier di pace, non di guerra. Non tutti sono buoni per tutte le stagioni. C’è la comunicazione d’assalto e c’è una comunicazione di cresi. Lui era adatto ad una gestione politica prima della crisi. La crisi ha bisogno di scelte forti e lui da chi è retto politicamente, da Pd e M5s, Zingaretti e Crimi. Onestamente un asse politico debole, in più lui è stato tentato di fare la sua campagna elettorale con questo evento e alcune scelte non mi sono piaciute”.
“Errori ne ha fatti – ha continuato – però dò anche atto che è una guerra biblica. Diamo per scontato che sia finita. Per niente, non c’è il vaccino. Voglio vederla la fase 2 a Milano ad andare in metropolitana con questo virus. Cosa esce fuori? Io capisco le imprese, ma bisogna usare la testa. Non è semplice”.
Il virus, l’emergenza ha fatto venir tutti in nodi al pettine. Davi ne è convinto elencando la sanità, quella privata, la burocrazia preistorica.
“Come faremo la fase 2? Il legislatore ne deve tenere conto. Abbiamo la pubblica amministrazione più vecchia del mondo. Tutti i nodi verranno al pettine e bisognerà affrontarli. Io l’ho detto a Gratteri i maxi processi non si faranno finchè ci sarà il virus. Non si è in grado. Come lo fa? con la webcam?
Il suo giudizio sui Decreti emessi dal Governo non è del tutto positivo:
“La Cassa integrazione è stata fatta, è chiaro che soldi dovranno arrivare, ma ha consentito ad aziende, le piccole e medie imprese, di andare avanti. Saremmo tecnicamente già falliti. I 600 euro a molti sono arrivati, quello che secondo me è mancato nella strutturazione del decreto che alla fine il pallino ce l’ha sempre la banca. In alcuni casi valevano le precedenti condizioni bancarie, ma cavolo, ci hanno impedito di lavorare, non esistono quelle condizioni. Ho visto parecchi rallentamenti invece sulla liquidità alle imprese. Se devo dare un voto do 5 +”.
Insomma non tutti i tasselli sembrano al loro posto per una “fase due” sempre più vicina:
“Secondo te le aziende riaprono e riparte tutto? Non possiamo volare, le nostre merci sono praticamente segnate… le imprese vanno tutte finanziate, bisogna lavorare sulla modernizzazione tecnologica e lavorare sulla burocrazia. Noi non siamo il paese del coronavirus. L’Italia è stata sfortunata, ma noi ne usciremo per primi e questo può diventare un’opportunità. Io farei una campagna di reputazione a livello mondiale”.
Il discorso scivola su questo suo rapporto privilegiato con la Calabria. Davi non fa mistero di avere puntato molto sulla causa calabrese. Ha preso casa, e qui ci lavora, e passa anche le sue vacanze: la Calabria per lui è “accogliente, disponibile, c’è la natura e c’è tutto”. Davi ricorda le donazioni di solidarietà di queste settimane nei confronti dei centri più colpiti del nord. Si stupisce del fatto che gli italiani non hanno ancora scoperto la Calabria.
“Ti fai le vacanze e non ti rompe le palle nessuno, puoi andare ovunque. Poi chiaro ci sono dei difetti. I calabresi dovrebbero sorridere di più, essere più espansivi, più seduttivi nei confronti dei clienti. E poi il rapporto costi/benefici… Quando si riparte, non subito, la Calabria si può prendere i turisti italiani”. Certo, non subito: “Questa estate sarà molto dura andare al mare. Non sarà estate. Questo virus sembra fatto per colpire noi italiani. Dubito che potremo andare al mare”. Ma poi c’è anche un altro aspetto per il massmediologo: “Dobbiamo anche imparare a venderci. A San Luca ci sono tante cose, c’è Polsi, lì la ‘ndrangheta non c’è, c’è il parroco, il vescovo e le stanze per andare a pregare. Possiamo lanciarlo come il centro del Mediterraneo… ecco un difetto dei calabresi, la lamentela. Non ci serve la lamentela. E poi, abbiamo colonie di parenti all’estero, sfruttiamola. Ci sono enormi potenzialità. Questo è lo Stretto non è un posto qualunque. La cosa strana è che ci sono calabresi influenti ovunque, ma la Calabria non conta niente. Qualcosa non va. Vuol dire che non facciamo lobby. La Calabria è troppo silente. Vi arrabiate con le persone sbagliate. Dovete scendere in piazza”.
Ma la ripartenza, dopo l’emergenza, nasconde tante insidie, comprese quelle legate alla criminalità organizzata, pronta ad allungare la sua longa manus al sud e in diversi territori del nord:
“cito un caso: l’azienda Perego infiltrata dai Bellocco stava per fallire e si è rivolta al clan di Rosarno. Il piccolo risparmiatore di Buccinasco, della cintura torinese, di Imperia, 0 Bordighera se va dalla banca non gli dà i soldi, e da chi va? C’è il capo bastone locale e si rivolge a lui. Cosa deve fare la politica? il pallino è della politica. Consentire a fondo perduto i finanziamenti sarebbe una strada”.
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