Latitanza Freda, Paolo Romeo replica a Falcomatà: ‘I processi si fanno in tribunale. La sua una interessata posizione politica’

L’avvocato, imputato nel processo ‘Gotha’ scrive ai giornali: ‘Pretende di esprimere valutazioni entrando a gamba tesa in vicende giudiziarie in corso di dibattimento’

Hanno fatto, e continuano a fare discutere, le parole pronunciate dal sindaco Giuseppe Falcomatà nel corso dell’ultimo Consiglio Metropolitano in merito alla latitanza del terrorista nero Franco Freda a Reggio Calabria. Una vicenda venuta fuori nelle dichiarazioni rese spontaneamente dall’imputato numero uno del processo ‘Gotha’ che si sta celebrando nell’aula bunker, e quindi l’avvocato Paolo Romeo, che ha prontamente replicato al primo cittadino attraverso una lettera inviata alle redazioni dei giornali.

C’era da aspettarselo, ed infatti non sono passate neanche 48 ore dalle esternazioni di Falcomatà.

“Leggo dai giornali – è l’incipit della missiva – la solenne reprimenda che il sindaco metropolitano, nel corso delle questioni preliminari dell’assemblea metropolitana, ha inteso dedicare ad una vicenda processuale che mi riguarda ed in particolare ad una parte delle mie dichiarazioni spontanee che riproponevano circostanze di un episodio del 1978”.

Cosa ha detto Falcomatà

Il sindaco metropolitano nella seduta di lunedì scorso aveva espresso una ferma condanna rispetto alle parole pronunciate da Romeo rimarcando il fatto che per l’attività di pochi debba pagarne le conseguenze in termini di immagini e soprattutto di mancate occasioni di sviluppo, tutto un intero territorio metropolitano.

“[…] Ciò che a distanza di mezzo secolo – aveva detto Falcomatà – si vuole fare apparire soltanto come un atto politico in realtà potrebbe nascondere chiavi di lettura ben diverse, che hanno segnato il destino della nostra città, del nostro territorio metropolitano, dei reggini e dei calabresi in generale”.

Insomma per il sindaco metropolitano – che definisce Franco Freda una figura di spicco della galassia neofascista, un soldato politico, un uomo che ‘con la sua attività contribuisce ancora adesso ad allevare le anime dei fascisti del terzo millennio’ – quelle che definisce angosciose vicende, potrebbero essere servite a costruire e a formare carriere politiche, classi dirigenti che hanno indirizzato le sorti economiche sociali e civili della nostra regione.

Il principio dell’innocenza

Nella sua risposta Romeo rileva preliminarmente che

“in una società civile esiste il principio dell’innocenza, che i processi si fanno nelle aule di tribunale e che le direttive dell’Unione Europea del 9 marzo 2016 condannano ‘le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla consapevolezza non presentino la persona come colpevole fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata’.

Recentemente – argomenta ancora l’avvocato – il Parlamento ha approvato in sede di commissione competente il recepimento delle direttive comunitarie. Rilevo che il sindaco pur riconoscendo che ‘nonostante i numerosi studi non si sia fatta pienamente luce su un’epoca troppo fosca ed indecifrabile per la nostra terra’ pretenda, entrando a gamba tesa in vicende giudiziarie in corso di dibattimento, di esprimere valutazioni su un episodio in corso di chiarimento in sede giudiziaria”.

E d’altra parte Romeo sottolinea che “l’amministrazione metropolitana è già parte civile nel processo ed è in quella sede che può svolgere un ruolo”.

Le chiavi di lettura

Paolo Romeo, poi dà una sua personale chiave di lettura all’intervento, anche perché per lui porre la vicenda nel dibattito politico lo si può fare per varie ragioni.

“Si può essere pregiudizialmente convinti di teoremi sino ad oggi non dimostrati (patto eversione-ndrangheta) e ci si preoccupa che il chiarimento della vicenda Freda possa metterli in crisi attraverso il racconto di testimoni che inquadrano l’episodio, contestualizzandolo, come atto di solidarietà politica e umana.

Si può, invece, essere interessati alla storia della città ed augurarsi che la verità giudiziaria e storica la affranchi dal sospetto che nel 1980 ospitò trame eversive e patti scellerati che avrebbero coinvolto illustri professionisti e pezzi dello Stato di ogni colore politico della città riuniti da Freda in una superloggia massonica.

Nel primo caso si fa il tifo per la ipotesi accusatoria, nel secondo caso ci si affida alla sentenza dei giudici.

Da il segno di una interessata posizione politica il tentativo di legare la vicenda Freda del 1978 come funzionale alla costruzione di carriere politiche che hanno indirizzato le sorti economiche sociali e civili della nostra regione e che la vicenda sia la causa dei mali e del mancato sviluppo della comunità metropolitana, responsabilità che sicuramente vanno cercate altrove.

Voglio sperare – conclude Romeo – che i rappresentanti delle istituzioni facciano prevalere il buon senso ed attendano serenamente il responso dei giudici”.