Reggio - Lavori piazza De Nava, Amato a favore dello stop: 'È un simbolo di resurrezione'

Il prof. reggino ha ripercorso, nel suo intervento al Consiglio comunale aperto, le tappe della storia di Piazza De Nava

“La riunione ha avuto un risultato double face. È stata infruttuosa sul primo punto dei brogli elettorali, mentre si è conclusa positivamente sul secondo punto concernente Piazza De Nava”.

Lo ha detto il professor Pasquale Amato in merito al Consiglio comunale aperto che si è tenuto nella mattina di ieri a palazzo San Giorgio.

I cittadini Enzo Vitale per la Fondazione Mediterranea, Francesco Arillotta per gli Amici del Museo, Pasquale Amato per il Comitato Civico Piazza De Nava, Eugenia D’Africa per l’Accademia del Tempo Libero, Luigi Palamara e Francesco Suraci per l’Istituto Regionale di Urbanistica hanno sostenuto con lucidità, passioni e competenze differenti le ragioni del “no alla demolizione della storica Piazza”.

“Nel Consiglio ha prevalso un orientamento comune della maggioranza e delle opposizioni che ha originato un odg approvato all’unanimità. In sostanza il massimo consesso della comunità di Reggio ha recuperato il suo ruolo di interprete degli interessi dell’intera comunità. Interessi prioritari rispetto al potere di burocrati che piegano leggi e regolamenti alle loro preferenze, non rispettando minimamente le opinioni e le volontà dei cittadini”.

L’intervento del prof. Amato a difesa di piazza De Nava

“Questa seconda parte del Consiglio Comunale l’ho vissuta intensamente, con emozione e con orgoglio. Perché gli interventi degli amici che in questi mesi hanno sollevato il problema della non demolizione di Piazza De Nava sono stati illustrati con motivazioni che non sono soltanto tecniche, ma hanno parlato al cuore e all’anima della città. Hanno ribadito che una città è fatta di tante cose, una comunità è composta anche dal cuore e dall’anima della gente.

Piazza De Nava rappresenta che cosa? Rappresenta una città che è stata rasa al suolo da uno dei terremoti più catastrofici della storia dell’umanità, ha deciso di risorgere e si è ricostruita sulle macerie del 28 dicembre 1908. Quella Piazza divenne un luogo di incontro nuovo, interpretando la voglia di risorgere.

Oggi essa è il simbolo della volontà di riprendere il cammino, l’ennesima resurrezione di una città che nel corso dei millenni è stata più volte distrutta da terremoti e anche da invasioni esterne. Non ricordiamo mai che la prima distruzione fu nel 386 aC per opera del tiranno di Siracusa Dionisio I. Dopo due attacchi falliti, la terza volta riuscì ad abbatterla con undici mesi di assedio, deviando nell’ultimo mese il corso delle fumare a monte per fare mancare l’acqua. La distrusse con particolare ferocia. Perché era animato da tanto accanimento? All’apice del suo potere aveva chiesto e ottenuto atti di sottomissione ad altre città.

Quando venne il turno di Reggio chiese in sposa una fanciulla di famiglia nobile come atto di sottomissione. La città si riunì in Assemblea e gli rispose con un sonoro schiaffo: offrí la figlia dello schiavo Boia di Stato. Da quel momento decise che avrebbe impiegato tutta la sua forza per cancellare Reggio dalla mappa della storia. Ma diversi reggini si erano rifugiati nei boschi dell’Aspromonte e pian piano tornarono, cominciando la ricostruzione. Il figlio Dionisio II prese atto della lenta ripresa e rifondò la città col nome di Febea. Ma appena cadde, i reggini decisero in Assemblea di riprendere il loro antico nome.

Noi oggi ci troviamo davanti a un problema simile, in tempi diversi per cose diverse. Io ritengo che sia giusto ciò che sta venendo fuori, cioè un documento unitario. Auspico che sia un documento unitario che ribadisca con forza e con chiarezza che la comunità reggina e il rispetto di essa viene prima di qualunque ufficio tecnico o burocratico che si è permesso di progettare qualcosa senza neanche interppellarla.

Voglio concludere questo mio intervento, che è un invito a tornare a quello spirito di cui ho parlato, con una citazione che dà il senso di tutto quello che oggi ci siamo detti.
È una citazione di Martin Luther King:

“La vigliaccheria chiede: è sicuro? L’opportunità chiede: è conveniente? La vanagloria chiede: è popolare? Ma la coscienza chiede: è giusto? Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla perché è giusta””.