Miti Di Calabria: la leggenda dell’eroico Colapesce a Scilla in Calabria

Ancora oggi si narra che egli sia nella profondità degli abissi a sorreggere lo Stretto. L'eroico Colapesce a Scilla, in Calabria

In un tempo molto lontano, tutti coloro che si trovavano a passare nello Stretto tra Reggio e Messina, sicuramente si imbattevano in Nicola, meglio noto come Cola, abile nuotatore che trascorreva gran parte del suo tempo in acqua, tra le grotte, insieme ai pesci, soccorrendo anche i marinai, e domando la furia di Scilla e Cariddi.

La leggenda dell’eroico Colapesce a Scilla

La leggenda narra che la madre di Cola, spazientita per il comportamento del figlio che impiegava tutto il suo tempo in mare senza aiutare la famiglia nelle faccende, un giorno gli disse: “Che ti potessi trasformare veramente in un pesce, almeno avresti ragione di stare sempre in acqua!”.

La maledizione si attuò inaspettatamente e Cola diventò mezzo uomo e mezzo pesce, con piedi palmati, branchie e pelle a squame. La madre morì tragicamente di crepacuore a causa della disperazione.

Il ragazzo fu invece felice di questa sua trasformazione e continuò a vivere in mare, compiendo eroiche gesta, tanto che l’eco della sua fama giunse fino al re, il quale decise di volerlo conoscere per scoprire i segreti del mare.

Colapesce si recò dal re e gli raccontò tutte le sue grandi avventure tra fondali marini, correnti dello Stretto, pesci infiniti e lotte con Scilla e Cariddi. Il re rimase estasiato e decise di mettere alla prova Colapesce gettando in mare degli oggetti importanti e affidandogli il compito di recuperarli. Dopo varie prove andate a buon fine in cui Cola mostrò le sue grandi doti di nuotatore, nell’ultimo tentativo stette lontano per molto tempo e appena tornò raccontò al re di essere sconvolto per aver visto sotto il mare un fuoco gigantesco.

Leggenda eroico Colapesce a Scilla in Calabria

Il re ordinò a Cola di andare nuovamente ad osservare quel fuoco e portarne una prova, ma il giovane nuotatore ebbe paura ed esitò, cosi il re lanciò in mare la sua corona esclamando: “Se non la recuperi non sarò più re”.

Colapesce si lanciò in acqua e portò con sè una torcia e delle lenticchie, avvisando che se non fosse più tornato avrebbe lasciato salire a galla i suoi oggetti.

Il tempo passava e non c’erano più tracce di lui, fino a quando col sorgere dell’alba si iniziò ad intravedere qualcosa. Il re mandò i marinai a recuperarlo, ma una volta giunti a destinazione videro solo a galla una torcia bruciata e delle lenticchie. Così il re ebbe la sua prova, ma Colapesce non tornò mai più.

Ancora oggi si narra che egli sia nella profondità degli abissi a sorreggere lo Stretto e a domare Scilla e Cariddi.