Musikanten - A Faber: il Pescatore è in alto mare

Il ricordo di Fabrizio De Andrè, poeta della musica italiana, a 20 anni dalla sua scomparsa

Oggi è un giorno di lutto, per me e per quegli italiani che abbiano saputo ascoltare e comprendere un capolavoro come “Il Pescatore”. Un lutto sul quale gravano le considerazioni di Matteo Salvini, che pare voglia strumentalizzare il suo passato al Leonka, quando era comunista e andava in televisione, per sbarcare il lunario, o per esibire la sua capigliatura. Pari a Renzi, in questo.

Impossibile parlare di Faber e non parlare di Politica, ammesso che oggi, mentre Libero titola e usa un termine come “Terroni”, in prima pagina, sentendosi libero di insultare, esista la Politica, quella con reminescenze di Polis, oggi trasformata nell’anticamera di Stato di Polizia, con un trasformista delle divise, pronto a provarle tutte. O quasi.

Impossibile evitare di parlare del rapimento, in Sardegna, e delle carte disegnate su foglietti di carta, per passare il tempo, con Dori Ghezzi. Impossibile, per il sottoscritto, da sempre presente a Santa Margherita Ligure, la Scilla dei milanesi, ma mai vissuta con fare milanese, perché vedere brianzoli che simulano milanesità fa orrore a qualsiasi cotoletta, dimenticare il modo di fare di quel personaggio che vedevo spesso, dietro i suoi occhiali da sole, indossati anche di sera, con la sigaretta in bocca e spesso sottobraccio con Beppe Grillo. Non lo dimentico perché Genova, per me, era questa. Santa, come la chiamano i milanesi, per me era questa, e lo sarà sempre.

Le circostanze mi hanno portato a lavorare nell’ambiente in modo molto rapido, dall’oggi al domani mattina, e ho avuto l’onere di essere presente a quel funerale, in quel giorno straziante, di cui non potrò mai dimenticare, finché Alzheimer non mi separerà dalle mia facoltà mentali già un po’ così, l’aria distrutta di Paolo Villaggio, suo amico fraterno, cresciuto insieme a lui.

Ho visto la Genova migliore, quella che oggi sopravvive nei libri di Michele Vaccari, quella degli autori con cui ho collaborato, quella di Grillo, che mi è simpatico, quando non è impegnato a promuovere una politica che ci sta distruggendo, e che cancellerà irrimediabilmente la nostra cultura. Per dare un’idea di come siamo combinati, basti pensare che oggi, qui in Svizzera, su RSI, che non è solo l’acronimo della Repubblica di Salò, ma l’acronimo della Radio e Televisione della Svizzera Italiana, dedichino un’intera giornata a Faber.

E l’Italia? Dorme. Sonno profondo. Testi travisati. Salvini che parla di guadagni di Fabio Fazio, per cacciarlo dalla RAI, dimenticando gli introiti pubblicitari che una trasmissione di Cultura, scevra di ogni connotazione politica, come “Che tempo che fa”, sappia portare alla TV di Stato, da Quindici anni in qua. Claudio Baglioni epurato da Sanremo.

Lui, che non appartiene ad alcuna bandiera, che ha reso Lampedusa un posto migliore, con iniziative da Nobel. L’Italia è questo: la negazione di se stessa, l’assassina di se stessa.

Faber lo aveva capito, anche e soprattutto quando ha perdonato quei figli di un temporale che lo rapirono. Fa male, oggi, sentire parole sbagliate su “Il Pescatore”, e ipocrisie verso un altro ligure DOC, come Fabio Fazio, da parte di chi dovrebbe preoccuparsi di ciò che accade in Italia, anziché dedicarsi alla Nutella, mentre a Catania si passano ore di paura, o mentre le navi della Speranza naufragano, nel cinismo di un’Europa che, come l’Italia, non è mai esistita.

Grazie, Faber. Ci hai dato così tanto, ma speravamo tutti che avremmo superato certi scogli, ormai muri insormontabili. La Speranza è che qualcuno, alla fine, capisca. E questa è la mia preghiera in gennaio