'Ndrangheta addosso, il tenente Sframeli: "La Calabria ha sete di riscatto e libertà"

Il Tenente in congedo dei Carabinieri, Cosimo Sframeli, racconta il suo libro "Ndrangheta addosso"

É il ritratto realistico di una Calabria oppressa e martoriata quello tracciato dalla penna già nota di Cosimo Sframeli, Tenente dei Carabinieri da qualche mese in congedo.

Ndranghetà addosso” è il titolo del suo ultimo libro che dallo scorso maggio ha iniziato il tour di presentazione proprio da Reggio Calabria. E’ stato il prof. Giuseppe Livoti, presidente dell’Associazione culturale “Le Muse” a curare la prima presentazione nazionale, dedicando un momento di dibattito e confronto al tema della scrittura sulla criminalità organizzata.

Sono pagine che raccontano lo spaccato storico della Calabria degli anni ’80-’90 vittima due volte: ferita dalla povertà e barbaramente prostrata dalla ‘ndrangheta, mandante dei reati più efferati. Sequestri, omicidi, riciclaggio per il business del narcotraffico sono solo alcuni dei tanti crimini attraverso i quali la mafia calabrese ha esteso i propri tentacoli su una terra rigogliosa in vegetazione e speranze.

Gli episodi raccontati risalgono agli anni bui che hanno adombrato la Calabria alla fine del secolo scorso e fanno parte del ricco bagaglio di esperienze che l’autore ha maturato durante la propria carriera. Un lucido racconto dalla forte connotazione autobiografica si snoda tra descrizioni e fatti di cronaca: alla bellezza di una terra illuminata dal sole del Mediterraneo, corrisponde l’atroce destino cui questa terra è ancora oggi condannata. Eppure la Calabria ha deciso di ripartire proprio dal desiderio di riscatto che è sempre arso nei cuori dei tanti calabresi onesti, esempio di coraggio e di fiducia nella giustizia.

“Ndrangheta addosso” è un inno alla consapevolezza di ciò che è stato, è un canto dal sottofondo tetro che invita i suoi lettori a ripartire dalle azioni dei tanti “eroi invisibili” che quotidianamente spendono la propria vita a tutela della legalità e a servizio del Bene comune. Tra questi si annovera senz’altro il nome di Cosimo Sframeli, che ha rilasciato la sua intervista ai microfoni di CityNow.it.

La ‘ndrangheta  attecchisce  e prolifera nell’ignoranza e nella miseria perché provvede ai bisogni primari della gente laddove lo Stato si mostra assente. Nel suo ultimo libro ci consegna una descrizione spietata della Calabria negli anni ’80. Cosa è cambiato, cosa invece è rimasto immutato?

“Sono cambiate le tecniche di contrasto alla lotta alla ‘ndrangheta, perché essa stessa si è evoluta: non ci sono più i sequestri di persona, le feroci estorsioni di un tempo. Oggi la mafia agisce in maniera altrettanto subdola ma più silente, insinuandosi nella società e tra la gente comune, facendo leva sulla necessità di assistenza.

Lo Stato ha sempre trattato il fenomeno della ‘ndrangheta sottovalutandolo o filtrandolo attraverso la lente dei tanti luoghi comuni. Quello che concretamente si conosce del fenomeno che esiste nei nostri paesi è in realtà molto poco.

Il nemico dei calabresi non è semplicemente la ‘ndrangheta ma l’assenza dello Stato Sociale che dovrebbe garantire beni e servizi di fondamentale importanza. Lo Stato preventivo e repressivo è sempre stato presente ma finché il cittadino calabrese continuerà a trovare protezione e tutela presso l’organizzazione mafiosa, la ‘ndrangheta non potrà mai indebolirsi”.

Ndranghetisti si nasce o si diventa?

“Ci sono tre tipologie di ‘ndranghetisti: per eredità, per bisogno, per ingenuità.

Gli ‘ndranghetisti per eredità sono coloro che appartengono ad una famiglia mafiosa ed ereditano questo mandato dai padri; in questi casi, soprattutto se si è primogeniti maschi, è difficile allontanarsi e uscire dal clan.

Coloro che si affiliano per bisogno frequentemente hanno necessità di trovare un’occupazione o essere protetti, tutelati, e  questa è la categoria più numerosa.

Poi ci sono quanti si uniscono ad un clan mafioso perché, ingenuamente, credono di sentirsi più forti e rispettati: molti di loro diventano i criminali più pericolosi, perché disposti a tutto pur di ottenere approvazione e sentirsi potenti e temuti”.

Gli ‘ndranghetisti  si reputano detentori di giustizia e verità, ponendosi sotto la protezione della Vergine e dei Santi. Quanto questo sentimento di devozione, sebbene deviato, è sincero e autentico?

“Gli uomini della ‘ndrangheta hanno dei riferimenti religiosi molto forti. Si tratta di un’usanza antica che risale alla struttura degli ordini cavallereschi e della massoneria, che li induce ad identificarsi con alcune figure di santi. L’uomo ‘ndranghetista si considera un soldato in missione, inviato per ripristinare la giustizia interrotta; non è un caso che proprio la Madonna Addolorata, alla quale è stato ingiustamente ucciso  il Figlio, sia la figura religiosa a cui si ispirano maggiormente. Non si tratta di religione, quanto piuttosto di una religiosità radicata nelle tradizioni tenute in vita, ancora oggi, dai riti e dai simboli”.

Calabresi: vittime o complici?

“I calabresi sono senz’altro vittime, diventano complici quando hanno paura. Non spetta ai cittadini contrastare la ‘ndrangheta: questo  è compito dello Stato e delle Istituzioni; il cittadino attivo può però fare cultura, educare alla legalità, scegliere consapevolmente da quale parte schierarsi”.

Cosa manca alla Calabria per liberarsi da questo male?

“I calabresi hanno tutto quello che occorre proprio nella loro cultura; non dimentichiamo che in Italia le prime rivolte contro la ‘ndrangheta sono nate proprio dalla Calabria, ricordiamo in particolare quella scoppiata ad Africo del 1975. Appartiene alla gente di questa terra il desiderio di riscatto e di libertà che le nuove generazioni devono difendere, partendo proprio dalla consapevolezza di ciò che è stato”.

Se è vero che, come disse Julie Tingwal, la ’ndrangheta è invisibile come l’altra faccia della luna, questo libro svela ai lettori la verità sulle oscure dinamiche che ancora oggi legano il fenomeno mafioso alla Calabria. La scrittura retrospettiva e lungimirante del suo autore offre al tempo stesso un’arma capace di vincere ogni battaglia: solo la conoscenza infatti può liberare questa terra dalle catene dell’ignoranza, generando cultura e libertà.