Operazione ‘Mala pigna’: i NOMI dei 29 destinatari di misura cautelare
9 persone in carcere, 10 ai domiciliari, altri 9 destinatari di obbligo di dimora e 1 con presentazione giornaliera alla PG. Il resoconto dell'operazione Mala pigna
19 Ottobre 2021 - 11:27 | Comunicato
Dalle prime ora di questa mattina, i Carabinieri del Gruppo CC Forestale di Reggio Calabria, coadiuvati dai Carabinieri Forestali afferenti a vari Reparti in Calabria, Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna, e dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dello Squadrone Eliportato Carabinieri “Cacciatori Calabria”, dell’8° Nucleo Elicotteri Carabinieri di stanza a Vibo Valentia e dell’Aliquota di Primo Intervento (API) di stanza a Reggio Calabria, sono impegnati nell’esecuzione di un’Ordinanza di custodia cautelare personale a carico di 29 soggetti, con contestuale Decreto di sequestro preventivo per cinque società operanti nel settore dei rifiuti e di somme per equivalente, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, indagate a vario titolo per associazione di tipo mafioso, disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, intestazione fittizia di beni, estorsione, ricettazione, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violazione dei sigilli e danneggiamento aggravato.
Il provvedimento, adottato nella fase delle indagini preliminari e salve le ulteriori determinazioni dell’Autorità giurisdizionale di merito, è stato eseguito nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Ravenna, Brescia e Monza-Brianza.
L’operazione Mala pigna
Le indagini condotte dai militari del NIPAAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale) di Reggio Calabria, sotto la direzione del Procuratore della Repubblica, dr. Giovanni Bombardieri e coordinate dal Procuratore Aggiunto Dr. Calogero Gaetano Paci e dai Sostituti Procuratori Dr. Gianluca Gelso ( poi trasferito ad altro Ufficio ) e Dr.ssa Paola D’ambrosio e Dr. Giorgio Panucci, venivano avviate nell’anno 2017 e traevano origine da un sopralluogo eseguito presso la sede aziendale della società “ECOSERVIZI S.R.L.”, ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica, sita nella zona industriale del Comune di Gioia Tauro (RC) e gestita dalla famiglia DELFINO, da decenni attiva nel settore. I primi riscontri investigativi evidenziavano che la società, nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell’autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, era diventata il fulcro di un’attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a Gioia Tauro (RC) e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale. DELFINO Rocco, per anni socio e Procuratore Speciale della società, con il contributo materiale e morale di ulteriori soggetti, mediante artifizi volti ad aggirare la normativa antimafia, promuoveva un’associazione volta al traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende fittiziamente intestate a soggetti terzi ma riconducibili alla diretta influenza e al dominio della famiglia DELFINO, quali la società MC METALLI S.R.L e la ditta CM SERVICEMETALLI S.R.L. Gli amministratori aziendali di tali aziende si palesavano quali prestanome dei traffici illeciti dei DELFINO, con una completa ed incondizionata comunione di affari ed interessi. L’obiettivo era quello di servirsi dell’immagine e del nome di società apparentemente “pulite”, rette da un amministratore legale privo di pregiudizi penali e di polizia, avente tutte le carte in regola per poter ottenere le autorizzazioni necessarie alla gestione di un settore strategico, qual è quello dei rifiuti speciali, ed in tal modo intrattenere rapporti contrattuali con le maggiori aziende siderurgiche italiane, contrattare l’importazione e l’esportazione di rifiuti da e per Stati esteri, nonché aspirare all’iscrizione in white list negli elenchi istituiti presso la Prefettura.
Nel programma criminale mafioso della famiglia DELFINO rientrava, altresì, il dominio assoluto della ditta DELFINO s.r.l., società in confisca definitiva sin dall’anno 2007 in quanto oggetto di un procedimento di prevenzione attivato nei confronti della famiglia DELFINO alla fine degli anni novanta, sull’assunto che il DELFINO Rocco e i fratelli gravitassero nella galassia della famiglia ‘ndranghetistica dei MOLÈ. Le indagini permettevano di accertare che la società confiscata DELFINO S.R.L., ancora attiva sul mercato, altro non fosse che un’azienda di schermatura per le attività illecite dei fratelli DELFINO, con il concorso attivo dei coadiutori e amministratori designati dall’Agenzia Nazionale dei beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, nonché di professionisti (avvocati, consulenti, commercialisti ed ingegneri ambientali) che prestavano per la stessa la propria opera di intelletto, con metodo fraudolento e sotto la direzione dei DELFINO. In particolare il DELFINO Rocco infiltrava la DELFINO S.r.l. con professionisti spregiudicati a lui fedeli, esercitava la sua influenza convocando i coadiutori al suo cospetto e dettando loro i comportamenti da opporre alle richieste dell’ANBSC. Il tutto finalizzato a mantenere il completo controllo mafioso della società in confisca, in un clima di intimidazione e prevaricazione.
Altra allarmante condotta delittuosa accertata nel corso delle indagini riguardava lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, anche pericolosi, attraverso attività di interramento nel suolo, diventato oggetto di investigazione e di accertamenti tecnici eseguiti dai Consulenti Tecnici nominati dalla Procura della Repubblica. Autocarri aziendali partivano dalla sede della società con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a “Car Fluff” (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture) e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando copiosi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative. Gli accertamenti eseguiti portavano a disvelare anche l’interramento di altri materiali, quali fanghi provenienti presumibilmente dall’industria meccanica pesante e siderurgica. Tali terreni agricoli, a seguito degli interramenti ed a cagione di essi, risultavano gravemente contaminati da sostanze altamente nocive, alcune di esse rilevate sino a valori pari al 6000% (seimila percento) del limite previsto, con il concreto ed attuale pericolo che le sostanze inquinanti possano infiltrarsi ancor più nel sottosuolo determinando la contaminazione anche della falda acquifera sottostante.
Le indagini permettevano inoltre di documentare specifiche vicende estorsive a danno di imprese impegnate nell’appalto per la demolizione delle gru di banchina ormai obsolete presso il Porto di Gioia Tauro. Tale vicenda vedeva coinvolti in prima linea alcuni degli odierni arrestati, nello specifico DELFINO Rocco e CANGEMI Domenico, quali esponenti della cosca PIROMALLI di Gioia Tauro, e PALAIA Francesco B. quale esponente della cosca BELLOCCO di Rosarno.
L’attività investigativa consentiva inoltre di ricostruire i rapporti tra DELFINO Rocco, MESSINEO Aurelio (fedelissimo del boss PIROMALLI Giuseppe alias “Facciazza”) e l’Avv. Giancarlo PITTELLI, legale di fiducia della famiglia PIROMALLI. Dalle indagini emergeva che l’Avv. Giancarlo PITTELLI veicolava informazioni dall’interno all’esterno del carcere tra i capi della cosca PIROMALLI, detenuti in regime carcerario ai sensi dell’art. 41 bis, ossia PIROMALLI Giuseppe cl. 45 detto “Facciazza” ed il figlio PIROMALLI Antonio cl. 72, e DELFINO Rocco, quale soggetto di estrema fiducia per i Piromalli in quanto elemento di vertice della stessa cosca. Inoltre, l’Avv. Giancarlo PITTELLI si attivava a favore di DELFINO Rocco nelle vicende giudiziarie riguardanti la revisione del procedimento di prevenzione nei confronti della società in confisca Delfino s.r.l., pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro Sezione Misure di Prevenzione, con l’intento di “influire” sulle determinazioni del Presidente del Collegio al fine di ottenere la revoca del sequestro di prevenzione, nonché con una serie di ulteriori condotte che esulavano dal mandato difensivo.
Nel quadro sopra rappresentato, anche il MESSINEO Aurelio si palesava quale trait d’union tra il nucleo familiare del boss PIROMALLI Giuseppe e il DELFINO Rocco, come necessario veicolatore dell’esigenze espresse dalla famiglia PIROMALLI. Difatti ogni contatto veniva intermediato dal MESSINEO Aurelio e dall’Avv. Giancarlo PITTELLI, i quali garantivano che l’impegno profuso dal DELFINO Rocco a favore della cosca fosse rappresentato a chi di dovere, ossia ai componenti del nucleo familiare del PIROMALLI Giuseppe cl. 45. È in quest’ottica che il DELFINO Rocco assumeva un ruolo di tutore degli interessi della cosca PIROMALLI, attento a curarne le esigenze familiari e le vicende giudiziarie, pronto a sostenere economicamente, in nome e per conto della cosca, anche le spese di difesa.
I nomi
Di seguito le misure personali e reali disposte
Misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di:
1. DELFINO Rocco
2. DELFINO Giovanni cl. ‘57
3. DELFINO Giovanni cl. ‘93
4. DELFINO Salvatore
5. CANGEMI Domenico
6. MESSINEO Aurelio
7. PALAIA Francesco Benito
8. PITTELLI Giancarlo
9. FORGIONE Roberto
Misura degli arresti domiciliari nei confronti di:
1. NUCARA Giuseppe Antonio
2. GANGEMI Alessio Alberto
3. CANNIZZARO Deborah Anna
4. ZAPPONE Concetta
5. GIORDANO Domenico
6. CALABRETTA Giulio
7. TROVATO MAZZA Salvatore
8. GALATA’ Orlando
9. CAVALLARI Pier Paolo
10. MURATORE Vincenzo
Misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza ed obbligo di firma alla P.G. nei confronti di:
1. BEVILACQUA Cosimo
2. AMATO Domenico
3. PALERMO Mariapaola
4. AMATO Pierino
5. ARCERI Francesca
6. BRUZZESE Girolamo
7. PETRACCA Giuseppe
8. MARINO Riccardo
9. DELFINO Matteo Rocco
Misura dell’obbligo giornaliero di presentazione alla PG nei confronti di:
1. TAVERNITI Fabio