Fiumi di soldi e cocaina: ecco come operavano i narcos della jonica

L’operazione Koleos riporta sotto i riflettori della cronaca l’ennesima banda di narcos che muove i primi passi alle pendici d’Aspromonte

Erano in grado di fornire così tanta cocaina per ogni viaggio lungo la direttrice Sicilia-Puglia, che in un’occasione gli inquirenti hanno registrato il disappunto di uno dei corrieri, che si lamentava con uno dei sodali sul fatto che lo scompartimento segreto dove era stato stipato il denaro era così pieno «che rischia di vomitare».

Un’organizzazione, quella scoperta dalla polizia coordinata dalla distrettuale antimafia dello Stretto con l’operazione Koleos, che riporta sotto i riflettori della cronaca l’ennesima banda di narcos che muove i primi passi alle pendici d’Aspromonte e poi, grazie ad una serie di contatti consolidati con l’Albania a la Colombia, riesce a movimentare chili e chili di cocaina finiti ad inondare le piazze di spaccio di Messina e Catania oltre che di Bari e Brindisi. Un’organizzazione al cui vertice ci sarebbero i fratelli Domenico e Francesco Mammoliti e i fratelli Giovanni e Giuseppe Giorgi e che vedeva coinvolto un folto gruppo di personaggi (sono 14 gli ordini di cattura emessi dal Gip di Reggio Calabria) che era utilizzato per stoccare e movimentare la merce.

A fare partire le indagini era stata la ricerca del latitante Rocco Mammoliti (arrestato, come succede sempre più spesso, in Olanda nel giugno del 2016 dopo un lungo periodo passato riuscendo ad eludere le ricerche delle forze dell’ordine): e scavando, gli uomini del commissariato di Siderno e i loro colleghi di Reggio, sono riusciti a ricostruire le dinamiche dell’ennesima banda di narco trafficanti che, grazie ad una efficientissima rete di contatti con i grandi importatori di cocaina dai paesi produttori, è riuscita a ritagliarsi un ruolo all’interno del trafficatissimo mondo degli importatori di cocaina che operano partendo dalla montagna di Alvaro. Un’organizzazione che, sottolineano gli inquirenti, aveva pianificato ogni movimento nei minimi dettagli: a partire dai depositi in cui stipare la cocaina, fino ad una serie di bunker sotterranei in cui nascondarsi e passando per una fitta rete di corrieri/esattori che non si faceva problemi ad utilizzare anche un minore (su cui gli inquirenti procedono separatamente).

L’incontro coi narcos

Da anni ormai le cosche legate al crimine organizzato calabrese hanno un rapporto privilegiato con i trafficanti di cocaina che agiscono da veri e propri “grossisti” dello stupefacente. E, come consolidata tradizione, anche questa volta gli inquirenti sono riusciti a monitorare il viaggio in Calabria di un colombiano, Julio Cesar Beltran Leon, in passato già arrestato in Costa Rica con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti, e di un cittadino albanese, che risulta incensurato, fatti convergere in un villaggio turistico di Condofuri per un incontro con i fratelli Mammoliti, considerato vertice dell’intera organizzazione.

Un incontro considerato importante dagli inquirenti che, pur non riuscendo a captare le conversazioni all’interno della struttura turistica – gli indagati aveva lasciato i telefoni lontano dal luogo della riunione – hanno ricostruito le mille attenzioni prese dal gruppo per sfuggire alle indagini. Entrambi i convitati stranieri infatti, sono stati fatti registrare in una struttura ricettiva di Villa San Giovanni, dove in effetti non hanno mai soggiornato, e poi portati in due distinti appartamenti sulla costa jonica, a due passi dal camping in cui, il giorno dopo si è tenuto il vertice.