‘Prendete la vita con leggerezza’: le 6 lezioni americane di Italo Calvino

"Leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”


“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.” (Italo Calvino – Lezioni Americane)

Quante volte siamo incappati in questo aforisma? Ne abbiamo abusato in qualsiasi modo e tempo senza mai andare un po’ più a fondo. Oggi ho deciso di rendere onore a chi della leggerezza ha fatto un’arma invincibile.

Quando Italo Calvino scrisse “Lezioni Americane” non poteva sapere che avrebbe redatto, in realtà, un vademecum che ogni uomo, amante della letteratura o meno, dovrebbe leggere per ambire alla sopravvivenza, soprattutto in una situazione di emergenza come quella in cui ci troviamo oggi.

Quest’opera nasce dalla raccolta delle sei conferenze che l’autore tenne presso l’Università di Harvard, Cambridge nel Massachusetts (1985-1986), il suo obiettivo era esplicare ai suoi interlocutori alcuni dei valori letterari fondamentali, da conservare e tenere come guida nel prossimo millennio.

Ma come possono delle semplici istruzioni, ideate per destreggiarsi nel migliore dei modi in ambito narrativo, essere invece un appiglio nella vita quotidiana?

“La grande sfida della letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo”.

L’autore riconosce che la letteratura è uno strumento fondamentale con un potere unico in grado di regolare un’esistenza che lui stesso definisce “sciatta e svagata”.

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Calvino parte dal bisogno di porre rimedio a quello che lui percepisce come “il disagio per la perdita di forma della vita” e da qui declina i consigli attraverso cui corroborare il racconto, che altro non è che una particolare e personale versione della realtà:

  1. leggerezza;
  2. rapidità;
  3. esattezza;
  4. visibilità;
  5. molteplicità;
  6. coerenza.

Il segreto dell’autore è partire dalla dualità degli opposti e dopo un’acuta osservazione scegliere quale dei due dogmi sostenere. Inizia riflettendo sul binomio “leggerezza-peso” concludendo che le ragioni che animano la leggerezza siano molto più valide e proficue; per farlo si appella alla narrativa passata e contemporanea, partendo dal mito di Perseo fino al” l’insostenibile leggerezza dell’essere” di Kundera.

Qual è la logica della leggerezza? Per uno scrittore descrivere il mondo nella sua naturale grettezza è un’incombenza non da poco, un’impresa che rischia di schiacciare il pensiero poetico di qualsiasi autore. Da qui nasce la necessità di non descrivere direttamente la realtà ma raccontarne il riflesso: più pacato, più tenue, una sorta di allegoria che rende quanto ci circonda più sopportabile. Perseo e i suoi sandali alati sconfissero Medusa con la leggerezza del volo, osservando il riflesso del mostro sullo scintillante scudo dell’eroe. Così Calvino presenta la leggerezza come l’unico modo per vivere senza rischiare di rimanere pietrificati dalle Gorgoni della vita.

Prosegue con le sue lezioni soffermandosi sull’importanza del tempo che scandisce la narrazione, sul potere che i racconti folkloristici hanno ancora su di noi, palesando la sua attrazione per quelle storie semplici e curiose in cui il lettore trova traccia solo dell’essenziale, perché se è vero che è dovere del narratore stuzzicare la fantasia allora, di contro, chi ascolta o legge una storia deve sforzarsi di partecipare attivamente con la sua immaginazione e non con mera passività esterna. La rapidità è intesa quindi come immediata reazione al ragionamento, spigliatezza e prontezza di spirito:

“La rapidità dello stile e del pensiero vuol dire soprattutto agilità, mobilità, disinvoltura”.

L’autore sottolinea che le sue scelte di prediligere una tematica non sono denigratorie rispetto al suo opposto, così come i ragionamenti ponderati e la dilatazione temporale risultano essere tesi valide e di tutto rispetto, ciò nonostante occorre pur scegliere!

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Le “Lezioni Americane” che seguono toccano argomenti di grande attualità.

Quelli elencati, che in un primo momento possono sembrare dei semplici sostantivi sconnessi, hanno in realtà delle profonde radici storiche e letterarie. Calvino riesce a dare una rappresentazione totale e una piena funzionalità a ciascun tema, fatta eccezione per l’ultimo punto, lasciato in via di definizione a causa della precoce dipartita dell’autore.

Tuttavia, sembra quasi che l’incompiutezza di quell’ultima lezione sia solo l’ennesimo stratagemma letterario, una sorta di esercizio interiore che ci mette in condizioni di riflettere sul vero significato che ha la coerenza. In lingua inglese parliamo di consistency che potrebbe essere tradotto anche come consistenza. Mi piace pensare che l’autore ci ha volutamente lasciato carta bianca, fiducioso che ognuno di noi avrebbe trovato da sé la consistenza da dare alla propria storia e più globalmente alla propria vita.

Il presunto dibattito tra “coerenza e incoerenza” sarebbe stato arduo, chissà quali autori, brani e avvenimenti storici avrebbe usato Calvino per avvalorare la sua tesi. Riflettendo sul termine coerenza, ho notato che solitamente rappresenta un merito per chiunque la detenga, a prescindere da ciò che sostiene: “beh almeno è coerente!” è una delle frasi tipiche. Al contrario, essere incoerenti è da intendersi sotto una luce dispregiativa. In realtà credo che il confine tra questi due mondi che sembrano tanto diversi sia molto più labile di quanto pensiamo.

In latino cohaerentia(m), è derivato di cohaerìre “essere unito, connesso”; nel lungo percorso della nostra vita i cambiamenti che affrontiamo più o meno evidenti possono indurci a essere connessi a ideali, cose e persone che prima non consideravamo. In gergo letterario potrebbe essere un “colpo di scena” un’illuminazione improvvisa del protagonista, una rivelazione che svolta completamente l’andamento del racconto. I personaggi che ci affascinano di più nei libri non sono mai quelli perfetti che hanno una visione imperturbabile dalla prima all’ultima pagina! Forse Calvino ci avrebbe detto proprio questo, che la famosa coerenza, così tanto stimata, è sopravvalutata! Forse il fatto che sia stata posta per ultima nella sua lista di consigli è un messaggio implicito, magari in quell’ultima conferenza avrebbe ribadito che ciò che realmente conta è dare una forma alla nostra vita, una forma che non è necessario sia coerente in ogni suo aspetto purché ci faccia sentire leggeri e pieni di meraviglia.

“Io invece credo, o carissimo, che sarebbe meglio che la mia lira fosse scordata e stonata, e che lo fosse il coro che io dirigessi, e che la maggior parte della gente non fosse d’accordo con me e mi contraddicesse, piuttosto che sia io, anche se sono uno solo, ad essere in disaccordo con me stesso e a contraddirmi.” (Socrate)

 

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