Reggio, la 'Baliverna' di Pentimele: da casermone a 'covo della malavita' - FOTO

"Nessuno passava volentieri di notte nei dintorni" il racconto di Giuseppe Zangari sull'edificio sconosciuto di Pentimele

Luoghi nascosti, angoli pregni di storia, edifici bellici che custodiscono ancora preziosi spunti di narrazione e che caratterizzano il nostro meraviglioso territorio. Fortini, fari, mulini, batterie contraeree e strutture antiche.

Centinaia di beni culturali e storici, promossi al meglio grazie ai post di Giuseppe Zangari, appassionato professionista reggino che, attraverso il suo profilo FB, segnala contenuti di enorme qualità con dettagli inediti, unici.

Dopo aver goduto del suo lavoro, apprezzandone l’impegno e la volontà, abbiamo deciso di premiare la sua passione diffondendo, attraverso le nostre pagine, i suoi studi e i suoi approfondimenti, consapevoli della straordinaria ricchezza che il territorio reggino custodisce.

Vogliamo anche noi dunque condividere, nel lodevole spirito di promozione del territorio di Giuseppe Zangari, le ricchezze del territorio reggino, attraverso il nostro giornale.

Quello che vi racconteremo riguarda veri tesori che rappresentano e testimoniano le nostre antichissime tradizioni locali, al contempo purtroppo spesso sconosciute.

Da oggi, anche su CityNow, troverete quindi gli studi, le riflessioni e gli scritti di Giuseppe Zangari tra storia, fortificazioni militari e archeologia.

Chi è Giuseppe Zangari

Dopo il liceo, inizia a lavorare come fotografo professionista, ed a vent’anni diventava fotografo, tra i più giovani della città. Poi la decisione di studiare lingue straniere come interprete e traduttore alla Scuola Superiore Interpreti e Traduttori.

Continua la carriera accademica all’Università di Messina alla Facoltà di Lettere e Filosofia, con studi anche all’università di Ingegneria, conseguendo la laurea di Dottore in Filosofia con la votazione di 110/110 e la lode.

Prosegue i suoi studi come ricercatore e studioso e nello stesso tempo cura la formazione storica e scientifica nel campo della storia locale e delle fortificazioni. Collabora saltuariamente scrivendo articoli e pubblicando foto professionali con alcuni giornali. Fa parte del Comitato Scientifico e del Centro studi, del Museo di Forte Siacci a Campo Calabro, (istituito con decisione della giunta e comunicazione al MIC) come esperto di fortificazioni militari e fotografo. Nonchè come fornitore di consulenze scientifiche sulle fortificazioni e storia militare.

Reggio sconosciuta: La Baliverna di Collina di Pentimele

Per la prima uscita di ‘Reggio sconosciuta’ abbiamo selezionato il racconto relativo alla ‘baliverna’ di Pentimele.

La Baliverna era un grandissimo e piuttosto lugubre edificio di mattoni costruito fuori porta nel secolo 17esimo dai frati di San Celso. Estinto l’ordine, nell’Ottocento il fabbricato era servito da caserma e prima della guerra apparteneva ancora all’amministrazione militare. Lasciato poi in abbandono, vi si era installata, con la tacita acquiescenza delle autorità, una turba di sfollati e senzatetto, povera gente che aveva avuta distrutta la casa dalle bombe, vagabondi, ‘barboni’, disperati, perfino una piccola comunità di zingari. Solo col tempo il Comune, entrato in possesso dello stabile, vi aveva messo una certa disciplina, registrando gli inquilini, sistemando gli indispensabili servizi, allontanando i tipi turbolenti. Ciononostante la Baliverna, anche a motivo di varie rapine avvenute nella zona, aveva brutta fama.

Edificio Collina Pentimele

Dire che fosse un ‘covo della malavita‘ sarebbe esagerato. Però nessuno passava volentieri di notte nei dintorni.

Benché in origine la Baliverna sorgesse in piena campagna, coi secoli i sobborghi della città l’avevano quasi raggiunta. Ma nelle immediate vicinanze non c’erano altre case.

Squallido e torvo, il casermone torreggiava sul terrapieno della ferrovia, sui prati incolti, sulle miserabili baracche di lamiera, dimore di pezzenti, sparse in mezzo ai cumuli di macerie e di detriti. Esso ricordava insieme la prigionia, l’ospedale e la fortezza. Di pianta rettangolare, era lungo circa ottanta metri, e largo la metà. Nell’interno, un vasto cortile senza portici. Laggiù accompagnavo spesso, nei pomeriggi di sabato o domenica, mio cognato Giuseppe, entomologo, che in quei prati trovava molti insetti. Era un pretesto per prendere un po’ d’aria e stare in compagnia.

Devo dire che lo stato del tetro edificio mi aveva fatto senso fin dalla prima volta. La tinta stessa dei mattoni, le numerose spie infisse nei muri, le rappezzature, certi travi messi da puntello, denotavano la decrepitezza. E specialmente impressionante era la parete posteriore, uniforme e nuda, che aveva poche, irregolari e piccole aperture simili più a feritoie che a finestre; e perciò sembrava molto più alta della facciata, ariosa di loggiati e finestroni.

Edificio Collina Pentimele 2

Mi ricordo che domandai un giorno a mio cognato:

“Non ti sembra che il muro pencoli un po’ in fuori?”

Lui rise:

” Speriamo bene. Ma è una tua impressione. Sempre i muri alti fanno questo effetto”.

Ecco, così Dino Buzzati, in un racconto intitolato “Il crollo della Baliverna” descrive l’antica Baliverna questo lugubre casermone in mattoni. A me è capitato di partecipare a qualche conferenza e di sentir parlare dei fortini di Pentimele e delle fortificazioni dello Stretto di Messina, sentendoli associare al romanzo di Dino Buzzati, “Il deserto dei tartari”, dall’oratore che li descriveva. Quale orrenda associazione di idee, chi conosce ed ha letto il deserto dei tartari di Dino Buzzati, sa che non c’è alcuna attinenza coi fortini di Pentimele.

Dino Buzzati

O fa peggio, se erroneamente pensa che siano stati un deserto, perché non conosce quanta parte hanno avuto proprio tali fortificazioni ed il complesso militare che gli ruota intorno, durante il secondo conflitto mondiale, armatissimi, e pienamente impegnati nell’attività contraerea a protezione dello Stretto. Parlare dei fortini presuppone che prima ci si documenti, si trovino le carte, si studi chi vi ha operato all’interno e come, e poi si può avanzare un raffronto con opere letterarie di altissimo livello come i racconti di Dino Buzzati.

Ho chiamato, provocatoriamente Baliverna, l’edificio, davvero sconosciuto, che sorge nella collina di Pentimele, e che presenterò nel mio nuovo libro. In realtà non è la Baliverna ma una caserma della Milmart sita in un posto poco noto della collina di Pentimele prima di giungere alla batteria di Pentimele nord, ma fuori mano, che riserva numerose sorprese che vi svelerò poco a poco. (Abbiamo già visto ieri nel mio ultimo post che la Milmart fu una specialità militare della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale).

Ma ci tornerò ancora. E vi descriverò come merita questa sfortunata struttura, della nostra collina di Pentimele. Che fu irrimediabilmente distrutta durante i bombardamenti, come si vede, dell’estate del 1943.

Appuntamento alla prossima settimana con un secondo racconto, sarà un altro tuffo nel passato, un’immersione nella storia e nelle antiche tradizioni alla scoperta di nuovi angoli nascosti.