DL Rilancio, sindaci a confronto con i capigruppo della Camera. Falcomatà: 'A rischio i servizi essenziali'

Intanto si è riunita la maggioranza di Palazzo San Giorgio: Al centro del dibattito la crescente tensione sociale che si respira in città

Il Decreto “Rilancio” ha fornito ossigeno agli enti locali. Ma non basta. I sindaci riuniti nell’Anci sono da settimane in stretto contatto con il Governo, avanzando le loro richieste per non far crollare i Comuni sotto i colpi delle conseguenze dell’emergenza sanitaria.

Questa mattina il sindaco Giuseppe Falcomatà ha partecipato all’ennesimo confronto. Una riunione con i capigruppo della Camera, per portare loro le istanze che non sono entrate nel Decreto Rilancio del governo.

“Abbiamo discusso rispetto a quello che ancora purtroppo è rimasto fuori dal Decreto e che è necessario per la sopravvivenza dei Comuni. Quando chiediamo 5 miliardi – e non lo chiediamo perché insomma vogliamo fare un gioco al ribasso per ottenerne 4 – lo diciamo perché effettivamente ci servono 5 miliardi, per non essere costretti a tagliare l’erogazione dei servizi pubblici essenziali”.

La riunione non può che essere interlocutoria e allo stato attuale non c’è certezza rispetto alle rivendicazioni dei sindaci:

“Qualcuna delle cose rimasta fuori ci hanno detto che verrà inserita all’interno del DL “Semplificazioni”. Però ad oggi, per esempio, sulla Tari non abbiamo nessun riscontro. Avevamo chiesto oltre alla all’esenzione della Tosap anche procedure più veloci, perché se si deve fare la stessa procedura che si è fatta fino all’anno scorso, da quando fanno la richiesta alle attività produttive fino a quando montano i tavolini, passa un mese, e qui ogni giorno invece è indispensabile per consentire ai commercianti di poter ripartire”.

Nella discussione ci sono finite anche altre misure relative ad una maggiore disponibilità di liquidità, insieme alla richiesta di una certa elasticità anche nell’organizzazione di quelle che sono le attività legate all’approvazione del Bilancio fissato al 31 luglio prossimo. E non solo per i termini temporali, ma anche per tante cose che ad oggi risultano pendenti e che non hanno trovato nessuna copertura in questo decreto. L’obiettivo è quello di inserire queste richieste attraverso la presentazione di emendamenti nella conversione in Parlamento. Altrimenti, sottolinea il sindaco,

“si continuerà a battagliare ancora nel prossimo decreto. Perché davvero la tensione sociale è massima e noi con quello che c’è stato erogato, o meglio per quello che è stato previsto all’interno di questo decreto, sicuramente facciamo un passo avanti ma non ci possiamo accontentare”.

Proprio il tema della crescente tensione sociale che si respira anche nella nostra città, è stato al centro di una riunione di maggioranza a Palazzo San Giorgio. Ovviamente con le modalità oggi consentite dalla necessità di evitare assembramenti e mantenere il distanziamento sociale. D’altra parte, riunire fisicamente i 23 consiglieri di maggioranza era impossibile, soprattutto se si devono calcolare i metri del distanziamento sociale.

“Ovviamente quello di riunirci periodicamente, è un metodo che noi ci siamo sempre dati in questi anni. Ieri ci siamo riuniti sul web condividendo tutte quelle che sono le iniziative e le priorità di questa Fase 2. E quindi la massima attenzione nei confronti delle famiglie, la massima attenzione nei confronti dei nostri commercianti, delle imprese artigiane e delle aziende cittadine. Consapevoli che alcune cose le può fare il Comune, da subito, come la delibera di indirizzo per l’ampliamento degli spazi per tavolini e sedie, altre cose invece necessitano di una spinta a livello regionale piuttosto che a livello nazionale. Oltre a questo naturalmente anche una riflessione e un confronto sui problemi che purtroppo ancora oggi i nostri concittadini vivono e che i consiglieri portano all’attenzione del sindaco e della giunta perché è chiaro che li vivono anche loro in quanto rappresentanti dell’ente”.

Uno dei problemi principali che le persone accusano è purtroppo la mancata percezione della cassa integrazione in deroga.

“La stragrande maggioranza dei cittadini di Reggio, purtroppo, non ha preso neanche marzo e quindi questo provoca tensioni, provoca l’impossibilità per i dipendenti in cassa integrazione di portare il pane a casa, con il rischio che poi tutte queste tensioni sfocino in un disagio sociale che in qualche modo deve venire fuori”.

In tal senso il primo cittadino invita ad affrontare ed a risolvere il problema:

“Che la Regione mandi i flussi al governo e che il governo poi mandi questi flussi all’INPS per poi erogare la cassa. Questo bisogna fare. Altre Regioni hanno addirittura anticipato le risorse per i lavoratori del loro territorio, e noi abbiamo chiesto anche questo alla Regione, invitandola ad essere, diciamo, più svelta nell’inviare i flussi. Ma anche su questo, purtroppo, il confronto non ha prodotto risultati e chi ne paga le conseguenze sono i cittadini che hanno difficoltà ad andare avanti”.