Spazio Teatro inaugura la stagione con i 'Moti di Reggio'

Un traguardo importante che attraversa i vent’anni di attività dell’associazione reggina

È un palco buio occupato solo da sei sedie, quello di Spazio Teatro a Reggio Calabria che con “Evviva Maria. I Moti di Reggio Calabria e l’assassinio di cinque anarchici”, scritto e diretto da Ulderico Pesce, inaugura questa nuova stagione teatrale de “La casa dei racconti 2019/2020”.

Per Spazio Teatro, con la direzione artistica di Gaetano Tramontana, non è solo un inizio di stagione teatrale, ma anche un traguardo importante che attraversa i vent’anni di attività dell’associazione.

In scena sabato 7, con replica pomeridiana di domenica 8, Lara Chiellino presta voce e corpo a un spaccato storico molto intimo per la città di Reggio Calabria: gli anni dei moti e del “Boia chi molla”, che dal luglio del 1970 al febbraio del 1971, hanno visto la città dello Stretto protagonista di sommosse e rivolte tra i cittadini e le autorità per la decisione di dichiarare Catanzaro capoluogo di regione.

A fare da fil – rouge allo svolgimento narrativo, la storia d’amore tra Pina e Carmine in una Reggio già in tumulto. In una piazza gremita di gente le vite di queste due persone si incrociano, così per caso, e da lì  il testo prende vita attraverso le parole della Chiellino (utilizza un linguaggio che è un incontro tra l’italiano e dialetti tra il siciliano e i calabresi). Con la sua piccola statura, questa talentuosa attrice dà voce a più personaggi e lo fa con una dolcezza quasi materna espressa dal suono gentile e sottile della sua voce e i gesti decisi e fermi delle sue braccia.

Di evocativa funzionalità, il suo corpo ricrea gli scenari degli anni della rivolta e della lotta, delle barricate e degli scontri con la polizia. Nelle lacrime che le rigano il volto rivivono i morti che hanno macchiato le strade reggine con il proprio sangue, che fossero testimoni oculati o attivisti in rivolta poco cambia.

A sostenere un lavoro di per sé già ben riuscito, la scelta di Ulderico Pesce cade sulla proiezione di immagini di repertorio: foto, video e prime pagine dell’epoca. Queste istantanee arrivano al pubblico come un fendente che colpisce lì, dove l’emotività è già vibrante.

Le digressioni temporali sono scandite dalle musiche e dalla luce del piazzato che diventa sempre più calda e scura: lì Pina rievoca il primo incontro con Demetrio, gli incontri degli anarchici nel bar di quest’ultimo, il ricordo della loro morte. Giocato in un tempo presente a cui non si può dare una data che non sia costantemente aggiornata, questo racconto affronta i flashback della memoria storica, collettiva e personale.

Le sedie – stratagemma drammaturgico che ha assunto molteplici scopi (sia persone che posti a sedere) -, diventano la Mini Minor che fu protagonista in quella tragica notte del  26 settembre 1970 in cui cinque anarchici (Franco Scordo, Gianni Aricò, la sua fidanzata Annalise Borth, Angelo Casile e Luigi Lo Celso) persero la vita in un incidente causato dallo scontro con un autotreno. I cinque ragazzi, di età compresa tra i 18 e 26 anni, stavano indagando e avevano recuperato una vasta documentazione su due episodi che sconvolsero quell’estate del 1970: gli stessi moti di Reggio, riguardo ai quali sembravano esserci infiltrazioni da parte dei neofascisti di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale che avevano obiettivi governativi maggiori rispetto al semplice capoluogo di provincia; e la strage del treno “La Freccia del Sud” avvenuta il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro. Tra i documenti raccolti dai ragazzi, alcune prove sembravano sostenere che a determinate il deragliamento del treno fosse una bomba messa dai neofascisti e dalla ‘ndrangheta.

I nomi dei cinque anarchici è scandito più volte nel corso dello spettacolo e ogni volta suona come un’accusa; come un colpo assordante che destabilizza una quiete già precaria.

La borsa che conteneva tutti i documenti non fu mai ritrovata. «Io so. Noi sappiamo, ma non abbiamo le prove», dichiara Pina, prima che il buio e il lungo applauso del pubblico l’accompagnino alla conclusione di questo toccante spettacolo.