Reggio, al teatro F. Cilea va in scena Il malato immaginario

Prossimo appuntamento già sold out il 9 marzo con Il Mago di Oz

Ristobottega

La stagione teatrale Le Maschere ed i Volti, organizzata dalla Polis Cultura al Teatro Francesco Cilea di Reggio Calabria, entra nel vivo con il terzo appuntamento di giovedì 23 febbraio e, dopo i grandi successi da tutto esaurito per i primi due spettacoli (Mine Vaganti e Carmen) ritorna con un altro sold out grazie alla grande prosa de Il Malato immaginario di Molière che vede protagonista nei panni di Argante il poliedrico attore Emilio Solfrizzi, volto noto di tante commedie, film e fiction della Rai.

Una produzione prestigiosa che vede coinvolti la Compagnia Molière, La Contrada – Teatro Stabile di Trieste in collaborazione con Teatro Quirino – Vittorio Gassman, l’adattamento e la regia sono di Guglielmo Ferro, il tutto impreziosito dai costumi di Gisella Calì. L’opera è quasi una biografia del grande drammaturgo francese, intesa dall’autore come una farsa, è stata scritta nell’ultimo anno di vita dello stesso Molière. Il suo protagonista, Argante, si presenta come un classico personaggio farsesco, è un malato immaginario che trascorre il suo tempo a cercare malattie inesistenti, pronuncia a tratti affermazioni lucide e ragionevoli, mostrando un cinismo e una disillusione che tradiscono le amare riflessioni dello stesso autore, il quale approfitta delle occasioni comiche offerte dalla trama per introdurre in modo inaspettato un’aspra denuncia della società a lui contemporanea.

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Il 17 febbraio del 1673 lo stesso Molière, che interpretava Argante, portò a termine la rappresentazione di questa commedia nonostante il suo grave stato di salute, morendo infine poche ore dopo.

Il teatro come finzione, come strumento per dissimulare la realtà, fa il paio con l’idea di Argante di servirsi della malattia per non affrontare “i dardi dell’atroce fortuna”. Il malato immaginario ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che un’esistenza ti mette davanti. La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, identificando di conseguenza il ruolo del malato con un attore anziano o addirittura vecchio, ma Moliere lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui 50 anni, proprio per queste ragioni un grande attore dell’età di Emilio Solfrizzi potrà restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato. Il rifiuto della propria esistenza.

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La comicità di cui è intriso il capolavoro di Molière viene così esaltata dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno ad Argante e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti.

Una comicità che si avvicina al teatro dell’assurdo, Moliere, come tutti i giganti, con geniale intuizione anticipa modalità drammaturgiche che solo nel ‘900 vedranno la luce. Si ride, tanto, ma come sempre l’uomo ride del dramma altrui.