Test psicoattitudinali per i concorsi in magistratura: le dimensioni della salute mentale

Il problema apre ad una serie di riflessioni. L'approfondimento del prof. Zoccali, dell'istituto di Neuroscienze di Reggio Calabria

La recente proposta da parte del Ministero della Giustizia di utilizzare dei test attitudinali per il concorso in magistratura ha suscitato un intenso dibattito sull’opportunità di tale procedura selettiva che avrebbe il compito di eliminare dalla carriera giuridica i concorrenti non in salute mentale.

Ovviamente le motivazioni a favore o contro tale iniziativa sono numerose e ciascuna ha le sue ragioni, tuttavia, il problema apre ad una serie di riflessioni in quanto fa riferimento al concetto stesso di salute mentale e alla “capacità di giudizio” funzione tra le più importanti della mente umana.

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Prima riflessione: La salute mentale.

Nel 2001 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha definito la salute mentale:

“Uno stato di benessere in cui un individuo realizza le proprie capacità, può far fronte alle normali pressioni della vita, può lavorare in modo produttivo e fruttuoso ed è in grado di contribuire alla propria comunità”.

Quanto sopra è correlato a specifiche funzioni della mente, ognuna delle quali, all’interno di un range di normalità, ha una sua dimensionalità più o meno qualificata, in alcuni casi anche quantificabile, correlata al numero e alla complessità dei fattori coinvolti nella funzione medesima. Un esempio chiarificatore per comprendere il concetto di dimensionalità è quello di confrontare un nuotatore olimpionico con un nuotatore amatoriale. Entrambi sono fisicamente sani, ma le loro prestazioni saranno diverse a causa della differente integrazione e funzionalità degli organi e della struttura fisica che sono coinvolti nel nuoto. Stessa cosa per la salute mentale: in relazione alla dimensionalità delle varie funzioni, un soggetto può essere “più sano” di un altro comunque sano.

Seconda riflessione: Quali sono le diverse dimensioni che caratterizzano la mente?

Ogni modello psicologico legge il funzionamento mentale da una diversa prospettiva, tuttavia è possibile proporre sinteticamente le seguenti dimensioni: Neurobiologica ( assetto anatomico, endocrino, immunilogico) – affettiva (emozioni, sentimenti, umore) – cognitiva (pensieri , preconcetti, pregiudizi, narrazioni) – comunicativa (linguaggio verbale e non verbale) – comportamentale (azioni) – interpersonale (relazioni sociali) – trascendentale (problematiche esistenziali).

Queste diverse dimensioni integrate armonicamente determinano il modo in cui una persona pensa, si comporta e interagisce con il mondo che la circonda; tutto ciò include la gestione delle emozioni, la capacità di affrontare lo stress, la resilienza alle avversità, la percezione di sé e degli altri, e adeguate relazioni interpersonali. Una salute mentale non significa semplicemente l’assenza di disturbi, ma implica anche un senso di benessere emotivo e la capacità di funzionare in modo efficace nelle attività quotidiane. E’ evidente quindi che all’interno di un range di salute c’è una dimensionalità che differenzia il grado di salute in relazione all’integrazione più o meno armonica delle diverse funzioni della mente oltre ovviamente alle specifico valore dimensionale delle singole funzioni. All’interno della salute mentale ci sono quindi soggetti ricchi o poveri di spirito, buoni, empatici, in grado di comprendere i sentimenti e le motivazioni di altre persone e cattivi, disempatici, dove la sofferenza dell’altro lascia indifferenti, si può essere crudeli e sani di mente.

Terza riflessione: Le diverse attività professionali richiedono differenti performance fisiche e mentali.

In Italia molti concorsi sono sottesi da prove incongruenti rispetto allo scopo di selezionare il personale adeguato. E’ sufficiente fare riferimento agli insegnanti, ai medici chirurghi, agli stessi psichiatripsicologi e magistrati. In tutti questi casi la selezione è attuata sulle conoscenze acquisite negli studi ma tali conoscenze non sono sufficienti e determinanti per l’attività richiesta.

L’insegnate non deve solo sapere la storia o la letteratura, ma soprattutto deve avere la capacità pedagogica di passare l’informazione, di coinvolgere lo studente, di fargli amare la materia e favorire un processo di crescita sotteso da valori sociali etici e legali. Il medico chirurgo dovrebbe essere selezionato per le sue capacità operatorie e in subordine per le capacità empatiche e relazionali, di contro è selezionato attraverso un punteggio che premia gli anni di servizio e non certo la sua capacità operatoria, gli psichiatri e gli psicologi dovrebbero essere selezionati prendendo in esame una serie di dimensioni mentali quali l’empatia, l’autostima, la capacità di intrattenere relazioni interpersonali adeguate e di riflessione sul proprio mondo interno, di contro, ci si limita ad esaminare un curriculum e la capacità di fare diagnosi su un caso clinico.

Ai magistrati è richiesta la conoscenza dei codici mentre dovrebbe essere richiesta un’armonia mentale “olimpica” per estremizzare il concetto. La capacità di giudizio infatti dipende da una combinazione complessa di fattori cognitivi, emotivi, esperienziali, sociali e culturali che interagiscono tra loro e ovviamente è facile che tale capacità possa venire inficiata da preconcetti, pregiudizi, condizionamenti ambientali. Il magistrato dovrebbe essere il più sano dei sani. In tale contesto, un test, conosciuto a priori, di 500 domande è inutile e dannoso in quanto può essere appreso e dare la patente di salute mentale anche a chi è francamente affetto da patologia. Quale soluzione quindi? Rifacendoci a quanto scrive Rousseau il giudice non può essere una divinità perché lontano dalle passioni degli uomini e non può essere un uomo perché spesso condizionato dalle passioni degli stessi uomini.

La soluzione non è quindi una selezione a monte, scelta difficile e contestabile, ma una valutazione nel tempo, in base al riscontro professionale più o meno meritocratico; non si può decidere sulla libertà degli uomini senza rispondere del proprio operato, preso atto che imperizia, imprudenza e negligenza sono in agguato in tutte le professioni; decidere sul destino degli uomini senza alcun deterrente di controllo è solo un modo patogenetico di andare incontro all’onnipotenza.