La Procura di Siracusa indaga sui Bronzi di Riace: nuove piste o vecchie leggende?
Indagini sulla possibile origine siciliana delle statue: tra ipotesi investigative e difficoltà a confermare i fatti. Implicato nell'intrgo anche un boss
06 Maggio 2025 - 15:13 | di Redazione

La Procura di Siracusa ha recentemente avviato un’inchiesta per fare luce sui fatti che riguardano il ritrovamento dei Bronzi di Riace, avvenuto nel 1971 al largo di Brucoli, nel Siracusano. Il fascicolo, aperto con il modello 45 (atti non costituenti notizie di reato), mira a ricostruire storicamente l’accaduto e a verificare se ci siano stati illeciti o discrepanze nella versione ufficiale dell’evento.
La vicenda assume contorni sempre più misteriosi, a partire dall’ipotesi siciliana sull’origine dei due capolavori, proposta per la prima volta negli anni ’80 dagli archeologi americani Robert Ross Holloway e Anne Marguerite McCann. Quella che sembrava essere una teoria poco più che suggestiva, ora trova nuovi sostenitori grazie ad alcune testimonianze recenti. Tra queste, quella di Mimmo Bertoni, figlio di Pippo, proprietario del ristorante Trotilon di Brucoli, che ha raccontato un incontro con Jacques Cousteau nel 1971, quando il celebre esploratore marino realizzò un documentario nella zona. Secondo Bertoni, durante le ricerche, alcuni sommozzatori si sarebbero accorti delle statue, ma, stranamente, non ne avrebbero mai parlato. Un fatto curioso, che solleva più di qualche domanda.
Bertoni, in seguito, avrebbe assistito al caricamento di statue su una barca, con una delle sculture che sembrava proprio il “Bronzo A”, visibile con l’elmo, la lancia e lo scudo. Ma il dettaglio che colpisce è la testimonianza di altri testimoni che avrebbero confermato l’accaduto. Eppure, la veridicità di queste dichiarazioni resta difficile da verificare, soprattutto dopo decenni, quando la memoria di quei giorni potrebbe essere stata influenzata da miti e racconti che si sono mescolati alla realtà.
A complicare ulteriormente la storia, una fotografia anonima che è circolata nelle redazioni, dove si vede una statua simile al “Bronzo A” sorretta da due sommozzatori, con sullo sfondo la Brucoli del 1971 e l’Etna in lontananza. La foto è, però, di difficile interpretazione: una prova concreta o semplicemente un’immagine che alimenta il mistero senza rivelare nulla di nuovo?
Supporto a questa teoria arriva anche dalle analisi geochimiche condotte dal medico e storico Anselmo Madeddu, che ha collaborato con esperti delle università di Catania e Ferrara. Le ricerche indicano una somiglianza tra le terre di saldatura dei Bronzi e i campioni prelevati nell’area siracusana, suggerendo che le statue possano essere state prodotte altrove e poi trasportate nella zona. Ma è davvero questo un dato che conferma l’ipotesi della loro provenienza siciliana, o potrebbe trattarsi semplicemente di una coincidenza? E, soprattutto, quale sarebbe il motivo per nascondere o minimizzare la verità sulla loro origine?
In questo contesto, non si può escludere che l’archeomafia abbia avuto un ruolo nel recupero dei Bronzi. Il coinvolgimento di un boss siculo-calabro, insieme a una rete di trafficanti con collegamenti internazionali, alimenta sospetti su come le statue siano state recuperate. Tuttavia, il legame tra la criminalità organizzata e il ritrovamento non è mai stato ufficialmente provato, lasciando spazio a ulteriori dubbi.
Insomma, la vicenda dei Bronzi di Riace, un vero e proprio giallo storico, potrebbe presto riservare nuove sorprese. Ma la domanda resta: quanto c’è di vero in queste testimonianze e quanto invece è stato costruito nel tempo, alimentato da leggende e sospetti? Solo il tempo e l’indagine potranno rispondere.
Fonte: Gazzetta del Sud
