Stupro a Seminara, una delle ragazze: ‘Mia zia mi picchiava e diceva che dovevo morire’

“Mi hanno fatto sentire sola, abbandonata. Mi hanno detto che ero pazza, che nessuno mi avrebbe creduto. Eppure sono qui, sono sopravvissuta", racconta con dolore una delle ragazze

violenza

Una storia che ha scosso non solo la Calabria ma l’intera Italia. Due giovani ragazze sono state vittime di abusi sessuali di gruppo nel comune di Seminara, in provincia di Reggio Calabria. Gli aggressori? Una ventina di ragazzi, alcuni dei quali minorenni. I carnefici sono stati condannati in primo grado, ma la cosa inquietante emersa è che il paese sembra giustificare loro, e non la vittima.

Una delle due vittime, Anna (nome di fantasia), ha deciso di rompere il silenzio e raccontare la sua esperienza. Oggi Anna ha 22 anni, vive lontano dal suo paese d’origine, ma il peso del passato continua a segnare la sua vita. A distanza di anni dalla violenza, Anna condivide la sua testimonianza, un racconto di dolore, paura, ma anche di una straordinaria forza interiore che l’ha portata a lottare per ottenere giustizia.

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Quando Anna decide di parlare, le parole sono cariche di dolore: “Mi dicevano che ero pazza, che dovevo ammazzarmi. Mi insultavano, mi picchiavano, mi frustavano. Ma io sono qui”.

Dopo aver subito la violenza da parte di un gruppo di ragazzi, Anna si è trovata ad affrontare una violenza ancora più grande: quella della sua stessa comunità. “Piuttosto che vivere nella menzogna, avrei preferito morire. Quella non era vita, era la morte in vita,” racconta, spiegando come la vergogna e l’indifferenza della società abbiano alimentato la sua sofferenza.

Oltre agli aggressori, Anna ha dovuto fare i conti con la violenza da parte di alcuni membri della sua famiglia. “Mi hanno minacciata, picchiata. Mia zia mi ha frustata con una corda. Mi diceva che dovevo morire, che avrei fatto meglio a non nascere.”

La giovane donna racconta come le persone che avrebbero dovuto proteggerla, invece, abbiano cercato in tutti i modi di convincerla a ritirare la denuncia. “Mi urlava dalla finestra che avevo rovinato la reputazione di tutti. Se fosse stato vivo mio padre, non si sarebbe permessa una cosa del genere. Mi manca moltissimo mio padre.”

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Il passaggio più difficile è stato decidere di denunciare. Dopo aver appreso che anche un’altra ragazza aveva subito violenze dallo stesso gruppo, Anna ha trovato la forza di parlare: “Se non fosse venuta alla luce la sua storia, probabilmente non avrei mai trovato il coraggio di denunciare. Ma quando ho saputo cosa avevano fatto a lei, ho deciso che dovevo parlare.” La sua testimonianza è una reazione alla paura, alla minaccia costante di ritorsioni: “Mi tenevo tutto dentro. Mi dicevano che se parlavo avrebbero ammazzato i miei familiari. Avevo il terrore.”

Prima di denunciare, Anna ha vissuto in un silenzio angoscioso, dove ogni giorno era segnato dalla paura. “Avevo un fidanzato, ma quando ha saputo cosa mi avevano fatto, mi ha lasciata subito.”

Non solo la sua vita affettiva è stata distrutta, ma anche la sua vita sociale è stata cancellata dalla minaccia e dall’isolamento. “Mi hanno fatto sentire sola, abbandonata. Mi hanno detto che ero pazza, che nessuno mi avrebbe creduto. Eppure sono qui, sono sopravvissuta.”

Nonostante la solitudine e la paura, Anna ha trovato un supporto fondamentale nelle forze dell’ordine, che le hanno offerto un rifugio sicuro. “La polizia, i carabinieri, in particolare la dirigente del commissariato di Palmi, Concetta Gangemi, e il mio poliziotto di fiducia, Francesco Prestopino, sono stati la mia forza. Senza di loro non ce l’avrei fatta.” Le parole di gratitudine per chi l’ha sostenuta si mescolano a un’emozione che non riesce a nascondere. “Non li ringrazierò mai abbastanza. Mi hanno dato la forza di continuare a lottare.”

Nonostante il desiderio di ricominciare, Anna sa che tornare nel suo paese d’origine è impossibile. “Mai. L’altro giorno sono tornata al paese per far visita a mio padre al cimitero, ma sono stata malissimo. Mi sono sentita svenire, mi veniva da vomitare.” Il paese che l’ha vista crescere non è più il suo posto, e non lo sarà mai più. “Non tornerò mai più a vivere lì. Lì non sono mai stata veramente libera.”

Nonostante la difficoltà nel vivere quotidianamente con il peso del passato, Anna guarda al futuro. “Voglio fare il corso per diventare estetista, spero di iniziare presto. Il mio futuro è qui, in Calabria. È casa mia, nonostante tutto.” La speranza di ricostruirsi una vita lontana dal dolore e dalle ombre del passato è forte. “Voglio fare un nuovo inizio, lontano dalle persone che mi hanno fatto male. Voglio essere felice.”

Anna è un esempio di coraggio. La sua testimonianza non è solo un racconto di violenza, ma anche di speranza. Nonostante tutto, ha trovato la forza di riprendersi la propria vita e guardare al futuro con determinazione. La sua è una storia di dolore, ma anche di rinascita.

foto: ansa.it