Planning, patto tra 'ndrangheta e imprenditori. Le accuse a Nato Martino, Dominique Suraci e Ciccio Cozza

Imprenditori in affari con la 'ndrangheta. Diversi le responsabilità attribuite. Tra gli altri nomi noti Antonino Mordà e Domenico Gallo. Oggi previsti i primi interrogatori

L’inchiesta ‘Planning‘ di ieri della Dda coordinata insieme alla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, ha portato via alla ‘ndrangheta un valore di 32 milioni di euro.

E’ stata sgominata un’organizzazione che avrebbe aiutato le più importanti cosche in città ad infiltrarsi nel tessuto economico del territorio. Tra i soggetti coinvolti noti in città, tra tutti spiccano le figure di Dominique Suraci, Fortunato Martino (entrambi arrestati) e dell’ex capitano della Reggina, Francesco Cozza (al momento indagato a piede libero).

Un vero e proprio patto tra la ‘ndrangheta ed alcuni imprenditori che, secondo la Procura, avrebbe inciso in modo notevole nei settori dell’edilizia e della grande distribuzione.

“Le sinergie imprenditoriali e le solidarietà criminali tra gli indagati si sviluppavano attraverso una pluralità complessa di intestazioni fittizie, con la successiva attivazione di flussi economici, funzionali alla dispersione dei profitti accumulati nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, al fine di ostacolare le indagini e di dirottarli verso i reali centri di governo delle operazioni economiche, incluse le cosche in ‘ndrangheta, infiltrate negli affari avviati”.

E’ quanto si legge nelle carte dell’inchiesta.

Alcuni soggetti coinvolti in sostanza si rendevano disponibili ad intestarsi fittiziamente le imprese, al fine di garantire la possibilità di eludere l’applicazione delle misure di prevenzione e, soprattutto, consentire il riciclaggio e l’auto-riciclaggio dei
profitti derivanti dai lucrosi investimenti, garantiti dall’infiltrazione mafiosa.

Il ruolo di Dominique Suraci e il legame con Pescara secondo i PM: tra autoriciclaggio e denaro sporco

Tra i nomi eccellenti, tra tutti, spicca quello di Dominique Suraci, destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare. Ex consigliere comunale, Suraci è noto in città non solo per la sua passione politica, ma anche perchè titolare di una nota catena di supermercati alimentari con brand nazionale leader in Italia.

Le indagini hanno consentito di rilevare l’esistenza di imponenti vantaggi di natura economica per i sodali, che operano sinergicamente per consentire la produzione ed il riciclaggio di rilevanti provviste di denaro frutto di investimenti immobiliari o societari, in diversi settori economici, nei quali viene attuata e permessa l’infiltrazione della ‘ndrangheta.

Le condotte di auto-riciclaggio del cd. gruppo Gangemi nelle iniziative imprenditoriali avviate da Fortunato Martino in Abruzzo nel settore della grande distribuzione alimentare; il suo autonomo auto-riciclaggio ed il reimpiego dei proventi delittuosi del gruppo Gangemi, consumato da Fortunato Martino, Vincenzo Lo Giudice e Domenico Giovanni Suraci.

Quest’ultimo, condannato in primo grado anche per concorso esterno in associazione maliosa, dal Tribunale di Reggio Calabria aveva subito l’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, disposte dalla Sezione MP del Tribunale di Reggio, fissando la sua dimora in Pescara.

Ed infatti, proprio in questa città e presso la dimora fissata dal Suraci avevano stabilito la loro sede alcune società. Il trasferimento a Pescara del Suraci che aveva funto da attrattore degli interessi del Martino e del Lo Giudice, era stato determinato dalla ricongiunzione del predetto con un imprenditore abruzzese, anch’egli condannato, in concorso con lui, nell’ambito del citato procedimento. Tale Brunozzi.

Anche il Brunozzi, infatti, aveva finanziato il progetto imprenditoriale, mentre il governo della sua gestione era stato affidato a Suraci Domenico Giovanni che lo esercitava sulla base di un rapporto di consulenza che, tuttavia, nella sua concreta esplicazione, si rivelava molto più esteso ed invadente di quanto non fosse rappresentato nel relativo contratto.

L ’avvio concreto delle attività registrava l’affiliazione al brand “Eurospar” e la gestione di un supermercato a Pescara, insieme agli investimenti svolti per avviarne un altro nella cittadina di Montesilvano. Tuttavia, il progetto si arenava sugli scogli di una crisi economica che frenava la aggressiva politica di espansione immaginata, provocando anche un a crisi finanziaria in capo ai soci maggiormente esposti, per volumi di investimenti.

Insomma, il reale dominus delle dinamiche imprenditoriali che avevano condotto il gruppo Gangemi ad effettuare l’investimento pescarese, formalizzava in perfetta sintonia con le modalità poste in essere da Suraci Domenico Giovanni con la Business Food S.r.l. – un contratto che gli avrebbe consentito di giustificare il suo attivismo nell’ambito del progetto imprenditoriale coltivato in Abruzzo, in solidarietà con Fortunato Martino e Vincenzo Lo Giudice.

Fortunato Martino accusato di essere imprenditore associato alla cosca Ficara-Latella

Fortunato Martino viene descritto nelle carte dell’inchiesta come un imprenditore in genetici rapporti con la cosca Ficara-Latella ed, in particolare, con il gruppo dirigente di quest’ultima, riferibile al quartiere di Croce Valanidi.

Viene descritta anche una evoluzione di tali cointeressenze criminali, essendo l’indagato, per come indicato dai collaboratori, passato a coltivare omologhi rapporti anche con altre cosche cittadine ed, in particolare, con la cosca De Stefano i cui rapporti con quella Ficara-Latella sono storici e sedimentati sin dalla comune alleanza, stretta durante la seconda guerra di mafia, ma anche con la cosca Labate.

Sul punto e sulla posizione di Fortunato Martino appare esservi piena convergenza del molteplice, derivante dal sovrapporsi delle narrazioni dei collaboratori di giustizia in ordine alla suddetta, genetica rappresentanza degli interessi imprenditoriali della cosca FicaraLatella.

Sul punto, nel verbale del 21.10.2014, il collaboratore di giustizia Enrico De Rosa riferiva, dapprima, in merito a Bruno Martino, cugino dell’omonimo Fortunato, ucciso in un agguato mafioso. Bruno Martino era un imprenditore con vari interessi nell’edilizia, nel settore dei rifiuti e nella gestione degli esercizi di somministrazione di cibi e bevande; orbene, riferendo enea le sue co-interessenze mafiose, il De Rosa rendeva dichiarazioni anche sul conto del cugino Fortunato Martino, secondo una linea narrativa di apprezzabile genuinità che coinvolgeva l’odierno indagato nell’ambito del naturale sviluppo della propalazione attinente il cugino.

Questi i passaggi salienti del verbale.

Le accuse ed il ruolo di Francesco Cozza

Anche l’ex capitano della Reggina Francesco Cozza è finito tra gli indagati nell’inchiesta ‘Planning‘.

Anche lui viene accusato di aver costituito un’associazione per delinquere – finalizzata alla commissione di una pluralità di delitti di trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, auto-riciclaggio, reimpiego – che era finalizzata a garantire a Giampiero Gangemi, Fortunato Martino, Domenico Giovanni Suraci, Vincenzo Lo Giudice e Marcello Brunozzi di governare e gestire i rapporti giuridici, quelli economici ed i flussi finanziari, conseguenti ai rapporti avviati ed a quelli da sviluppare in futuro dalla Business Group S.p.a. e dal gruppo imprese da questa gemmate o a questa collegate, in relazione all’avvio di una pluralità di centri commercial in Abruzzo, eludendo l ’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali ed avviando attività di riciclaggio e reimpiego dei proventi conseguiti in Reggio Calabria ed altri luoghi de! territorio nazionale, in sinergia con la Ndrangheta.

Francesco Cozza, Tiziana Spina e Di Giambattista Roberto, sono considerati partecipi dell’associazione, intestatari fittizi di partecipazioni sociali e ruoli amministrativi, funzionali a garantire a Giampiero Gangemi, Fortunato Martino, Domenico Giovanni Suraci, Vincenzo Lo Giudice e Marcello Brunozzi di eludere l’applicazione delle misure di prevenzione e di gestire i flussi finanziari conseguenti all’investimento finanziario.