Arresto Minenna, per la procura di Forlì fu un 'pactum sceleris' con l'ex leghista Pini

Per i pm la truffa avrebbe fruttato circa tre milioni e mezzo di euro. Coinvolti anche rappresentanti delle forze dell'ordine e della prefettura

Emergono dettagli dall’inchiesta della procura di Forlì, che nella giornata di ieri ha portato all’arresto ai domiciliari di Marcello Minenna, assessore regionale della Giunta Occhiuto ed ex capo dell’Agenzia delle Dogane durante la pandemia del Covid.

La procura ha emanato in tutto 34 provvedimenti cautelari. Tra questi anche l’arresto dell’ex parlamentare leghista Gianluca Pini, accusato dai pm di Forlì di aver ottenuto “contra legem” – nonostante non esistesse nessuna specifica attitudine aziendale – un appalto milionario dall’Ausl Romagna per l’approvvigionamento di mascherine.

Secondo l’impianto accusatorio, Pini avrebbe importato dalla Cina delle mascherine inidonee, prive delle necessarie certificazioni, e sarebbe riuscito nell’intento grazie all’aiuto del sodale Minenna, all’epoca a capo della Dogana. I fatti risalgono all’inizio della pandemia, quando nel marzo 2020 Pini siglava un accordo tra la società Codice srl da lui rappresentata e l’Ausl Romagna.

Moneta di scambio la promessa di Pini di confermare Minenna a capo delle dogane.

Per i pm Pini garantiva a Minenna di “accreditarlo all’interno della Lega in modo venisse considerato un uomo di quel partito e gli prometteva la conferma della nomina a Dg dell’Agenzia delle Dogane a seguito del cambio del governo, che effettivamente otteneva“. E Minenna dal canto suo “accettava le promesse in cambio dell’asservimento della sua funzione pubblica“, in particolare “alle richieste di Pini in occasione di importazione di merci” fra cui le mascherine cinesi oggetto dell’indagine.

Questo il “pactum sceleris” siglato, secondo la procura di Forlì, da Pini e Minenna che ha comportato l’arresto dei due. Un sistema di corruzione e truffa che ha coinvolto, sempre con la stessa logica di “scambio”, altri imputati in posizioni minori ma funzionali al piano criminale del Pini.

Tra questi alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine, un carabiniere e un agente della Digos, che avrebbero fornito all’ex parlamentare leghista informazioni riservate dai sistemi informatici, e un funzionario della prefettura che in cambio di un posto di lavoro per la figlia avrebbe aiutato il Pini per il rilascio di un porto d’armi.

Secondo la ricostruzione dei pm di Forlì la truffa delle mascherine organizzata da Pini con la connivenza di Minenna avrebbe fruttato circa 3 milioni e mezzo di euro, in un periodo, quello pandemico, in cui l’approvvigionamento di mascherine per le varie strutture sanitarie era complicatissimo.

Fonte: Ansa