Progetto di valorizzazione per le sculture rinascimentali del Parco Aspromonte

Dal punto di vista stilistico il manufatto lapideo risente dell’influenza della nuova religiosità controriformista che si andava diffondendo in Calabria

Dopo il successo riscosso dal cantiere aperto di restauro del gruppo scultoreo dell’Annunciazione della chiesa di San Teodoro Martire a Bagaladi, grazia al quale è tornato a rispendere uno dei capolavori unanimemente attribuito ad Antonello Gagini (1478 – 1536) si continua a parlare di Rinascimento in Aspromonte, con un progetto, promosso sempre dal comune calabrese e finanziato dall’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte.

Un progetto che si pone obbiettivo una più ampia valorizzazione del patrimonio scultoreo rinascimentale conservato nei comuni che circondano la riserva naturale più a Sud dell’Appennino italiano. Nello specifico il progetto porta a termine gli interventi di valorizzazione delle sculture cinquecentesche presenti nella chiesa parrocchiale di Bagaladi, con il miglioramento della loro fruizione mediante delle audio guide, funzionali attraverso qr-code, un sistema innovativo che consente, tramite il proprio cellulare, di ascoltare la storia e le caratteristiche artistiche non solto delle opere marmoree bagaladesi, ma anche di altre importanti sculture del Quatto e Cinquecento, venerate dalle comunità che popolano il Parco Nazionale dell’Aspromonte. Ben diciotto sculture del Rinascimento meridionale, alcune delle quali attribuite ad Antonello Gagini e alla sua scuola, saranno al centro di un lavoro di studio e di ricerca, cui risultati potranno essere ascoltati tramite qr code dai sempre più numerosi turisti che ogni anno visitano il Parco Nazionale dell’Aspromonte.

Il progetto denominato “il crocifisso ritrovato” completamento valorizzazione della chiesa di san Teodoro di Bagaladi e miglioramento della fruizione del patrimonio scultoreo rinascimentale del Parco Nazionale dell’Aspromonte – Ambito 2 “Miglioramento dell’offerta culturale del Parco – Azione 2 “castelli, aree archeologiche, opifici (mulini ecc.)” 2016, porta il nome di una poca nota scultura conservata nella chiesa di San Teodoro Martire di Bagaladi, oggi databile grazie alle indagini archivistiche effettuate nell’ambito delle azioni progettuali. Oggi esposto sull’altare centrale della chiesa principale di Bagaladi, il Crocifisso proviene dalla perduta cappella dell’Annunziata, i cui resti, ancora visibili alla metà del secolo scorso sul fianco settentrionale del torrente Zervo, ospitavano anche il gruppo scultoreo realizzato da Antonello Gagini nel 1504. L’opera fu trasferita insieme al gruppo gaginiano nell’attuale edificio di culto nel 1957, dopo un intervento di recupero teso ad integrare la parte mancante del braccio inferiore della croce, andato perduto nel terremoto del 1904. Il manufatto, ricavato da un unico blocco di marmo di Carrara, è scolpito su entrambe le facce. Sul recto campeggia il crocifisso raffigurato secondo la tipologia del Cristus Patiens, mentre sul retro sono scolpiti al centro l’agnello pasquale e nei capocroce dai simboli degli Evangelisti. L’opera costituisce un unicum in Calabria, dal momento che si tratta dell’unico crocifisso in marmo del Cinquecento che si conosca nella regione.

Dal punto di vista stilistico il manufatto lapideo risente dell’influenza della nuova religiosità controriformista che si andava diffondendo in Calabria. Si veda l’espressione di pathos impressa al volto del Cristo morto, coronato di spine e leggermente inclinato sulla spalla destra, con appena accennate le sporgenze degli zigomi, o la risoluzione dello sguardo, immortalato mentre esala l’ultimo respiro. Di contro la struttura del corpo del Cristo è rigida e bloccata, con evidenti sproporzioni anatomiche, palesi tanto nella sagoma del capo, incassato nelle spalle, quanto nel profilo della braccia, allungate fino all’inverosimile. Semplicistica anche la risoluzione del perizoma e dei rilievi scolpiti nel retro della croce, eseguiti rispettando pedissequamente i canoni iconografici convenzionali, tanto da chiedersi se certe sgrammaticature formali, siano frutto di una specifica richiesta della committenza a rifarsi ad un modello più antico, probabilmente dipinto o in metallo prezioso. Come si deduce dalla visita pastorale dell’Arcivescovo di Reggio Calabria, Annibale d’Afflitto, del 1595, sappiamo che l’opera fu voluta dall’abate Giovanni Luigi Verduci, un prete italo greco, originario di Motta di San Lorenzo, discendente di quel Jacopo Verduci che nel 1504 aveva commissionato, sempre per la cappella di famiglia bagaladese, il gruppo scultoreo dell’Annunciazione attribuito ad Antonello Gagini.

La fonte documentaria è di estremo interesse in quanto consente di collare l’esecuzione del crocifisso tra gli inizi degli anni sessanta del Cinquecento, quando Giovanni Luigi Verduci aveva raggiunto la maggiore età, e il 1595, anno in cui l’opera è descritta per la prima volta nella sacrestia della cappella dell’Annunciata di Bagaladi. Studi recenti condotti dallo storico dell’arte e conservatore di Beni Culturali Pasquale Faenze assegnano il crocifisso alla bottega di Giovandomenico Mazzolo, in particolare ad un maestro, forse di origine toscana, specializzato a portare i modelli gagineschi che tanto avevano contribuito a fare la fortuna dell’impresa familiare, sorta a Messina a seguito del trasferimento in Sicilia del carrarese Giovambattista Mazzolo, tra il 1510 e il 1512.