Brogli elettorali a Reggio - Commissioni girevoli e voti fantasma, così truccavano il voto

Secondo atto dell'inchiesta sui brogli elettorali a Reggio Calabria. Le carte raccontano l'ingegnoso sistema architettato da Castorina e la sua presa di potere

Seggi elettorali “serviti” a richiesta, commissioni comunali a struttura variabile e frotte di inconsapevoli vecchietti in fin di vita, il cui voto mai espresso passa di mano in mano fino a terminare nelle urne allestite in una scuola di Archi.

Una Babele di irregolarità al limite del grottesco venute fuori anche grazie alle dichiarazioni di uno degli indagati della prima tranche dell’inchiesta esplosa lo scorso dicembre, Carmelo Giustra, il presidente di seggio attraverso cui l’ex pezzo grosso del Pd in consiglio comunale, Antonino Castorina, avrebbe soddisfatto la sua ricerca spasmodica di finti voti di preferenza.

«È emersa – scrive il gip nell’ordinanza che dispone 6 nuove misure cautelari per lo scandalo dei presunti brogli – l’esistenza di un sistema diffuso di alterazione dell’espressione del voto alle ultime competizioni elettorali comunali».

IL SISTEMA CASTORINA

L’indagine coordinata dalla procura di Reggio rappresenta un vero e proprio salto nel buio rispetto a quanto successo durante il voto dello scorso ottobre.

A partire dall’attribuzione fittizia del seggio a cui era originariamente stato destinato Giustra. Siamo ad Archi, quadrante nord della città. Giustra, sapientemente istruito dallo staff di Castorina, viene inviato – pur non avendone alcun titolo – al seggio 172 i cui elenchi erano stati “saccheggiati” dagli indagati alla ricerca dei nomi “buoni” (persone cioè molto avanti con gli anni e che mai si sarebbero recati a votare) a cui collegare i duplicati.

Il sistema era semplice: una volta ottenuti i duplicati delle tessere, una serie di finti elettori si sarebbero presentati al seggio sostituendosi ai titolari grazie al sistema della “conoscenza diretta”. Un sistema ingegnoso nella sua “maccheronicità”  ma che salta a causa del vero presidente del 172, che si presenta al seggio prima di Giustra e ne prende possesso, dirottando l’indagato verso l’adiacente 184.

Un intoppo che complica le cose, ma che non smonta la macchina messa in piedi dagli indagati, che nel giro di qualche ora, riescono a mettere le mani su un ulteriore elenco di elettori appartenenti al nuovo seggio. La giostra può ripartire, ma le regole d’ingaggio sono cambiate. A chiarire le cose a Giustra, ci pensa Giuseppe Saraceno, zio di Castorina e anziano ingranaggio di questa storia dai contorni surreali:

«Vedi che siamo riusciti ad avere delle tessere di questa sezione, abbiamo delle tessere, ma qui non sarà la stessa prassi. Noi ti diamo dei numeri delle tessere e tu li trascrivi e li metti per conoscenza personale».

Gli ordini sono chiari e, puntualmente, un emissario della segreteria politica di Castorina si presenta al seggio con una busta in cui sono segnati una cinquantina di nomi con altrettanti numeri di duplicati elettorali. Questa volta, raccontano le indagini, sarà lo stesso Giustra a infilare le schede manomesse nell’urna, dopo avere segnato gli estremi nei verbali:

«ma solo una parte dei nomi che erano contenuti nella lista – racconta Giustra in uno degli interrogatori sostenuti con il procuratore Bombardieri – non ho messo sempre solo Castorina, alcune volte ho fatto Castorina e il sindaco Falcomatà, altre volte ho scritto Castorina a stampatello, altre volte Castorina per esteso in corsivo».

AL GRAN BALLO DELLA COMMISSIONE

Gli imbrogli al seggio, sono però solo la punta dell’iceberg di questo ennesimo macigno caduto sulle testa dei reggini.

Castorina infatti si sarebbe messo in moto circa due anni prima del rinnovo del consiglio, nel 2018. A quel tempo risale infatti la sua “surroga” al dimissionario Marra nella commissione elettorale del comune (nominata durante la prima seduta del consiglio, nel 2014).

Surroga del tutto illegittima, sostengono gli inquirenti, e che è finita col costare l’iscrizione nel registro degli indagati per l’assessore Demetrio Delfino, all’epoca sul seggio più alto di palazzo San Giorgio.

È Delfino infatti che certifica il subentro di Castorina nella commissione (atto che non competeva al presidente del consiglio); dal canto suo, l’indagato principale dell’indagine della Digos, non si limita a “imbucarsi” nella commissione ma, passati meno di due anni, si autonomina presidente della stessa, nel silenzio generale degli altri componenti.

Una “presa di potere” che avviene attraverso una delibera farlocca e che ha consentito a Castorina, sostengono gli inquirenti, di mettere a punto il suo piano in due mosse: prima, cambiando le regole che la stessa commissione si era data, si occupa di eliminare il sorteggio come metodo di scelta dei presidenti di seggio, e poi nominando direttamente «circa 400 presidenti su 800 totali».

Un piano macchinoso e di ampio respiro, interrotto solo da un’intuizione di un agente in servizio durante il voto.