Conflitti genitoriali: come gestirli e non fare soffrire i figli

Spesso si pensa al conflitto sempre in termini negativi, ma esso può avere anche una valenza positiva

La famiglia può essere considerata come un sistema aperto caratterizzato dalla capacità di autoregolarsi e adattarsi e cambiare nello stesso momento. In questo sistema, la famiglia rappresenta il contesto nel quale si realizzano i processi di sviluppo e di crescita dei suoi membri.

Nella famiglia, ogni singolo membro sviluppa il proprio ruolo ed il proprio senso di identità, attraverso l’esperienza dell’appartenenza e della differenziazione. Il sistema familiare rappresenta anche il principale contesto di apprendimento per ogni individuo.

I CONFLITTI FAMILIARI

Il conflitto è una crisi della relazione tra i componenti, in cui sono presenti una contraddizione di scopi e un disagio, una sofferenza. Alla base del conflitto vi è non solo una comunicazione non efficace ma anche una non gestione delle emozioni e dei propri bisogni.

Spesso si pensa al conflitto sempre in termini negativi, ma esso può avere anche una valenza positiva in quanto facilita la costruzione dell’identità e la maturazione psicosociale degli individui.

Gli effetti del conflitto di solito non dipendono dalla natura del conflitto (ovvero dai perché dei conflitti), ma dalla qualità della relazione entro cui hanno luogo. Questo vale in ogni ambito della vita sociale.

Non è l’assenza di conflitti a determinare il benessere. Anzi l’assenza totale di conflitti di solito segnala appiattimento, paura reciproca, rancori nascosti, immaturità. Molto raramente l’assenza totale di conflitti è indice di totale accordo. Quando non c’è conflitto (nel senso di visioni alternative) non c’è crescita nelle relazioni.

GLI ESITI DEL CONFLITTO FAMILIARE

Gli esiti del conflitto possono essere molteplici. Un esito possibile è la completa sottomissione all’autorità di qualcuno (uno cede ad un altro). Un altra possibilità è il compromesso (tutti concedono qualcosa agli altri). Quando le persone non riescono a trovare in sé la capacità di risolvere conflitti, si affidano alla mediazione di un terzo. Altre volte la strategia è il disimpegno, una vera e propria fuga dall’ambito conflittuale, il quieto vivere, che di solito porta ad esplosioni di conflitto ancora più ampio in un secondo momento.

Numerose ricerche indicano come gli adolescenti preferiscano il compromesso come soluzione ai conflitti coi genitori, tuttavia la sottomissione è ancora l’esito più frequente soprattutto nella prima e media adolescenza.

Apprendere l’arte del compromesso è qualcosa di possibile. Innanzitutto va detto che il compromesso si attua attraverso la concessione reciproca. Tutti lasciano qualcosa ma tutti guadagnano qualcosa. E’ proprio la sensazione piacevole di aver vinto tutti che fa sentire le persone bene e che permette di affrontare successivi conflitti senza eccessivi patemi.

Ogni esito positivo ad un conflitto accresce le capacità di tutti di far fronte alle difficoltà della vita, aumenta la comprensione e l’accettazione reciproca, facilita la comunicazione ed aumenta l’intimità, l’interdipendenza e l’autostima. Di solito è più facile trovarsi a metà strada (o imporsi) ed infatti non tutte le persone imparano a gestire bene i conflitti per cui tendono a risolverli in fretta perché i conflitti vengono considerati pericolosi. Per questo si alimentano nuovi e più aspri conflitti.

Fonte: dott.ssa Francesca Frattima, psicologa esperta in sessuologia clinica e terapia di coppia; scienze criminologiche e penitenziarie; grafologia. Esperta in tecniche di mindfulness in diversi ambiti.