'Cooperativa Nelson Mandela', in provincia di Reggio un nuovo Modello Riace

Offrire un lavoro dignitoso a migranti e giovani disoccupati tramite il turismo e l'agricoltura sostenibile. La bella storia della Cooperativa Nelson Mandela

La Calabria più bella. Mentre da diversi mesi infiamma il dibattito, anche a livello nazionale, sulla bontà del Modello Riace e lo spessore umano e politico di Mimmo Lucano, a pochi chilometri esiste un modello di integrazione che mostra il volto accogliente ed inclusivo della nostra terra.

La cooperativa Nelson Mandela, nata due anni fa a Gioiosa Ionica, si occupa di turismo e agricoltura con una forte dimensione sociale. La sede si trova al residence Villa Santa Maria, che è anche la struttura ricettiva attiva tutto l’anno, circondata dai terreni che la cooperativa coltiva.

“La cooperativa nasce per provare a mettere in piedi delle esperienze di sviluppo locale, economia sociale e circolare partendo dalle potenzialità di questa terra: agricoltura e turismo, cercando di mettere insieme i giovani disoccupati di questa terra con i soggetti ancora più deboli, e cioè i migranti”, spiega Maurizio Zavaglia, presidente della cooperativa, ai microfoni di Italiachecambia.org.

Il nome prende ad esempio un simbolo mondiale di libertà e pace, vale a dire l’ex presidente del Sudafrica Nelson Mandela.

L’obiettivo è al contempo semplice e complicato: garantire un lavoro dignitoso a tutti i soci della cooperativa e allo stesso tempo farlo nel rispetto dell’ambiente e della propria terra.

I terreni di cui la cooperativa si occupa, ad esempio, sono coltivati in modo naturale e danno vita a prodotti tipici del territorio, come arance, mandarini, bergamotti e olio. Tutti prodotti che poi vengono distribuiti a livello locale, nei mercatini e nei G.A.S. (Gruppi di Acquisto Solidale).

Amore per la propria terra, voglia di aiutare chi è in difficoltà. La Cooperativa Nelson Mandela ospita ogni anno delle famiglie, cercando loro delle case, supportandole nel percorso di integrazione.

“Abbiamo avuto delle famiglie siriane e l’ultima è stata una madre somala con i suoi quattro bambini, arrivati da un campo profughi in Eritrea. Sono piccoli numeri che però ci danno il senso e il valore di quella che è l’accoglienza. A noi piace pensare al progetto di vita dei migranti, renderli autonomi e inclusi nella società”, le parole di Zavaglia.

La cooperativa, inoltre, fa parte anche di un altro progetto che promuove l’inclusione, il “Progetto Spartacus”, promosso dalla Fondazione Vismara di Milano, da Chico Mendes Altromercato e dall’International House di Reggio Calabria.

Grazie a questo progetto e ad un piccolo contributo due migranti, provenienti dalle tendopoli di San Ferdinando, possono lavorare con la cooperativa assieme agli altri cinque soci.

Il Modello Riace, la fonte d’ispirazione, è rimasto al momento soltanto un ricordo. Per Zavaglia qualcosa di speciale e da rilanciare.

“Riace è stata un’utopia, fantasia, bellezza, gioia e poesia. Riace è un paradigma che dimostra che i piccoli borghi possono tornare a vivere.

È stata e mi auguro continuerà ad essere un qualcosa di unico. Riace non può morire, deve ripartire”.

Fonte e Foto: italiachecambia.org

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