Coronavirus - Reggio si ferma tra tensione e divieti. E si riscopre il gusto di stare insieme

Anche un momento di socialità come prendere il caffè in compagnia è diventato quasi un lusso.

Uscire di casa ai tempi del coronavirus diventa una esperienza di vita.

Al secondo giorno di applicazione dell’estensione a tutta Italia delle misure restrittive emanate al fine di contenere la diffusione del Covid19, le cose appaiono diverse dal giorno precedente. Segno che i reggini stanno metabolizzando i contenuti delle norme.

Percorrendo la città da nord verso sud si può cogliere il lento risveglio di Reggio Calabria, con strade semi deserte, percorse solo da qualche corsa dei mezzi pubblici.

Pochissima gente alla fermata degli autobus, e sempre più mascherine sul volto delle persone che camminano a distanza di sicurezza l’uno dall’altro.

Anziane signore sprovviste della preziosa e ormai introvabile protezione da adagiare sul viso, incrociando altri passanti, avvicinano le mani al volto, coprendoselo con foulard o sciarpe indossate per l’occasione. Sono i soggetti più deboli. E l’attenzione sale. Ci si scambiano anche poche parole. Quasi nulla.

Le strade deserte permettono di raggiungere il posto di lavoro o anche il supermercato o la farmacia in un batter d’occhio. Addio file interminabili al semaforo e traffico in tilt nei pressi delle scuole cittadine. E d’altra parte, quello che forse più manca a chi vive la città dalle prime luci dell’alba è proprio lo schiamazzare dei più piccoli, seguito dai classici rimproveri dei genitori. Le piazze sono vuote. E i bar semideserti.

Tanti quelli che non essendosi adeguati prontamente al Decreto della Presidenza del Consiglio sono andati incontro a sanzioni e chiusure repentine delle attività. Le saracinesche abbassate, per quanto si può essere abituati a vederle per la perdurante crisi economica che attanaglia Reggio, sono un colpo al cuore.

Un momento di socialità come prendere il caffè in compagnia è diventato quasi un lusso.

La città si anima soltanto intorno alle 10 del mattino, quando sulle arterie principali cominciano a transitare più automobili.

La frenesia dell’acquisto a scopo cautelativo, a fronte di annunciate norme ancora più restrittive fa salire la tensione. Ma adesso non ci sono più scene di isteria collettiva. Ci si mette in fila per entrare a fare la spesa, e in farmacia. Aspettando il proprio turno. Senza troppe angherie.

Poi si ritorna a casa.

E mai come adesso il calore della famiglia e di quelle quattro mura ci appaiono un toccasana. Certo, siamo solo all’inizio. Prima o poi ci staranno strette. Ed è per questo che le regole vanno rispettate. Intanto però, coccoliamoci a vicenda. Non sentiamoci soli, ma sfruttiamo questi momenti per riappropriarci dei nostri spazi e dell’affetto dei nostri cari, che la vita moderna, fino all’altro ieri, a volte fa passare inosservato.

E quei vituperati social, condannati per il persistente uso e abuso da parte di quei pochi che spacciano ai followers di tutto il mondo notizie false, diventano la nostra nuova casa. On line il virus è poco più che una seccatura.

Ci si può parlare, confrontare, informarsi e continuare a trascorrere una vita virtuale senza particolari apprensioni.

Fioccano, tra gli aggiornamenti sul coronavirus, le pagine di amarcord sportivi o di gag per strappare un sorriso. Mentre le case si riempiono di profumi e colori del cibo, che diventano i protagonisti di pranzi e cene familiari che per più di qualcuno erano diventati veri e propri miraggi.

Ma fuori c’è silenzio.

Un silenzio spettrale. Che l’informazione ha il dovere di riempire raccomandando il rispetto delle regole. Perché si deve tornare al più presto alla normalità.

Quella caotica, e a volte incomprensibile. Ma pur sempre la nostra cara amata normalità.