Emergenza rifiuti, Città metropolitana alla continua ricerca di spazi per impianti e smaltimento

In vista della stagione estiva l’Ente prova a mettere una pezza. Ma sono tanti i deficit organizzativi che devono ancora essere perfezionati

Chi ha pagato il prezzo più alto dell’esplodere dell’emergenza rifiuti? Chiaramente lo ha pagato la città di Reggio Calabria e i suoi abitanti. D’altra parte Reggio è il Comune più popoloso tra i 97 della Città Metropolitana e in condizioni di normalità necessita di smaltire circa 120-130 tonnellate al giorno di rifiuto indifferenziato mentre, ad oggi, sull’intero territorio metropolitano non si riesce a raccogliere, giornalmente, più di un terzo di quella necessità.

Nella sintesi offerta all’aula dal consigliere delegato al Ciclo dei rifiuti della Città Metropolitana, Salvatore Fuda, si evince che la Città Metropolitana ha ereditato un sistema inefficiente dal punto di vista degli impianti e dopato dal punto di vista finanziario con la Regione che si sostituiva ai comuni nel pagamento degli oneri di smaltimento.

Una situazione che inevitabilmente ha portato al collasso tutto il settore. Ma vediamo, in questa seconda puntata dell’approfondimento sul tema dei rifiuti proposto da CityNow, come si è arrivati a questa situazione.

Dagli Ato alla crisi

Come accennato nel precedente articolo, la Legge n. 14 del 11.08.2014 “Riordino del servizio di gestione dei rifiuti in Calabria” ha previsto, tra l’altro, la costituzione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti.

Con Delibera n. 381 del 13 ottobre 2015, la Giunta Regionale ha individuato i cinque Ato, coincidenti con i confini amministrativi delle cinque province calabresi, e, in ciascuno di essi, ha delimitato i rispettivi ARO (Ambiti di Raccolta Ottimali), così come già definiti dall’Ufficio del Commissario per l’emergenza ambientale.

Attraverso la legge n. 14/2014, la Regione Calabria ha stabilito ope legis il subentro delle Comunità d’Ambito nella gestione del sistema di trattamento e smaltimento; a seguito delle modifiche apportate nel tempo alla sopra citata legge, il subentro delle Ato alla Regione è avvenuto a partire da gennaio 2020.

La raccolta dei rifiuti rimane, nelle more dell’approvazione dei Piani d’Ambito e dell’affidamento al gestore unico previsto dalla legge regionale, di competenza dei singoli comuni.

“Come noto – si legge nella Relazione -, in materia di rifiuti, l’emergenza in Calabria ha assunto la dimensione dell’ordinarietà: la gestione commissariale prima e regionale poi, hanno consegnato agli ATO un sistema inefficiente dal punto di vista impiantistico e dopato dal punto di vista finanziario”.

In un simile contesto anche gli investimenti programmati (soprattutto con fondi comunitari), sia per implementare il sistema di raccolta differenziata che per adeguare gli impianti hanno avuto e continuano ad avere un avanzamento non spedito.

In tal senso c’è da dire che la Regione Calabria, fino al 31 dicembre 2019, è stato il “polmone finanziario” del sistema: i Comuni, che non riuscivano a riscuotere le tariffe nelle adeguate percentuali e che conseguentemente non potevano pagare puntualmente i costi per i conferimenti, venivano soccorsi dalla Regione che anticipava le risorse economiche.

Il ruolo della MetroCity

Come detto, da gennaio 2020 la Regione ha abbandonato il timone della gestione, chiamando al contempo i primi cittadini ad una diretta assunzione di responsabilità rispetto al tema dei rifiuti, ma con l’aggravante di aver consegnato loro un sistema tutt’altro che efficiente.

In soccorso dei sindaci del costituito Ato Reggio Calabria è arrivata la “struttura” della Città Metropolitana, grazie ad alcuni sviluppi della normativa regionale riguardante la governance degli stessi Ato, sono stati messi nelle condizioni di poter utilizzare la struttura dell’Ente anche se va chiarito che lo stesso non avrebbe competenze di gestione diretta in materia di rifiuti ma “lavora” in nome e per conto dei 97 comuni del territorio.

Ricordiamo tutti i continui botta e risposta tra le istituzioni cittadine e regionali sui ritardi accumulati dall’entrata in vigore degli Ato. E va sottolineato che in poco più di un anno la Città Metropolitana si è dovuta dotare di una struttura tecnico-amministrativa capace di governare il ciclo integrato dei rifiuti.

“Da quando a gennaio 2020 i comuni sono subentrati nella gestione del ciclo dei rifiuti attraverso la Città metropolitana – ha relazionato Fuda all’aula – è vero che c’è stato un deficit organizzativo ma si sta attivando l’unità amministrativa creata ad hoc”.

D’altra parte, la gestione tecnico-finanziaria degli impianti, nella situazione in cui ci si trova, non risulta agevole. Essa, infatti, si sostanzia di tutta una serie di attività complesse, tra cui vanno annoverate la manutenzione ordinaria e straordinaria, i rapporti con i soggetti privati che gestiscono gli impianti pubblici, i rapporti con gli impianti privati, i rapporti con i Comuni per garantire le esigenze di smaltimento degli stessi e i flussi economici indispensabili per assicurare la continuità operativa del sistema.

C’è da aggiungere, in questo senso, che le forti criticità che hanno colpito l’intero ciclo dei rifiuti, hanno spesso determinato la necessità di gestire situazioni di continua emergenza (trasporto rifiuti e/o scarti fuori regione, stoccaggi temporanei, ecc.). Tutte attività che richiedono l’impegno di significative risorse economiche – che ricadono poi sulle tariffe applicate e pagate dai cittadini – e umane dotate di specifiche competenze.

“Oggi gli iniziali deficit organizzativi della struttura amministrativa che la Città metropolitana ha messo a disposizione dei comuni – si legge ancora nella relazione – sono in via di completo superamento. Con la conclusione delle procedure attivate, l’UPS (Unità di Progetto Speciale – Gestione integrata dei rifiuti) potrà contare su un dirigente a tempo pieno che coordinerà i due servizi dedicati (servizio tecnico e servizio amministrativo). A seguito degli esiti della procedura di mobilità in entrata già attivata si prevede di reperire, in tempi rapidi, le unità di personale ad oggi mancanti”.

L’anno nero

Ma proprio nell’anno dell’affidamento della gestione agli Ambiti territoriali ottimali e delle maggiori responsabilità conferite ai sindaci in tema di rifiuti, le criticità già esistenti si sono acuite al massimo, col risultato che tonnellate di rifiuti sono rimaste a terra, sulle strade di molte città che scontavano ritardi atavici sull’organizzazione del settore.

Criticità ed emergenze si sono susseguite a ritmo incalzante, complice anche la pandemia, ma soprattutto a causa della carenza di discariche sul territorio regionale. Infatti, dopo la rapida saturazione della discarica privata in provincia di Crotone di proprietà della So.Vre.Co., attraverso ordinanze regionali è stata concessa la possibilità di smaltire nella discarica di Celico (privata) e in altre discariche pubbliche attivate dalla Regione, ultima quella di Lamezia, purtroppo con spazi sempre abbastanza ridotti che hanno portato di frequente alla saturazione degli impianti con conseguente riduzione o sospensione dei rifiuti in ingresso.

“Tutto ciò ha portato a dover subire inevitabili periodi di rallentamento, e finanche di blocco, nel processo del trattamento dei rifiuti indifferenziati sul territorio calabrese, impedendo in qualche caso anche la raccolta dei rifiuti con criticità proporzionali alla dimensione dei comuni”.

Come se ne esce

Non esiste una ricetta segreta. Esistono solo buone pratiche che devono coinvolgere tanto gli Enti gestori che la cittadinanza. Intanto però la struttura dell’Ato Città Metropolitana di Reggio Calabria sta svolgendo una serie di attività, oltre a quelle ordinarie e programmate, per ricercare preventivamente soluzioni praticabili a problemi che potranno manifestarsi soprattutto con l’avvento del periodo estivo, e che si sostanziano in:

ricerca (continua) di spazi per lo smaltimento degli scarti fuori Regione. Nell’ultima riunione congiunta tra i 5 ATO avvenuta recentemente, è stato chiesto alla Regione Calabria di pubblicare un avviso unico per la ricerca di spazi utili al conferimento degli scarti, definendo un accordo quadro unitario al quale gli ambiti potranno, secondo necessità, aderire;

Ricerca di spazi presso impianti privati per il trattamento dell’umido;

Realizzazione, nell’area dell’impianto di Gioia Tauro, di un’area di stoccaggio che potrebbe successivamente essere adeguatamente attrezzata per il trattamento della frazione umida (5-6.000 t/anno) con l’utilizzo di impianti mobili. La procedura di individuazione del contraente si concluderà entro la metà del mese di aprile”.

E proprio sugli impianti e sui costi di gestione si concentrerà l’ultimo dei tre approfondimenti di CityNow sull’emergenza rifiuti.