Fuga dal nord, l’infermiere Pavels: ‘Mi licenzio! Torno a Reggio, lì la vita è sostenibile’
Al Corriere della Sera la storia di Pavels, il 35enne che lascia il nord per tornare a vivere (e lavorare) a Reggio Calabria. I motivi della decisione
02 Aprile 2025 - 14:29 | di Redazione

“Amo il mio lavoro da infermiere di Pronto soccorso, ma mi licenzio. E non sono l’unico: negli ultimi tre mesi altri sei infermieri se ne sono andati”.
Al Corriere della Sera, la storia Pavels Krilovs, 35anne, di origini moldave, cresciuto a Reggio Calabria dall’età di 11 anni.
Pavels ha lavorato per cinque anni al pronto soccorso degli ospedali Sant’Orsola e tre anni all’ospedale del Friuli. Lunedì 31 marzo è stato il suo ultimo giorno di lavoro per il Policlinico.
Pavels ha infatti deciso di tornare a vivere e lavorare a Reggio Calabria.
“Nella sua decisione – si legge nell’articolo – hanno pesato, in ordine: il costo della casa, uno stipendio non commisurato alle responsabilità (e al costo della vita), i carichi di lavoro, le ripetute e crescenti aggressioni subite dalla sua categoria che, di fatto, è la prima linea in un Pronto soccorso.
«Lascio perché non è più garantito il diritto all’abitazione a Bologna. Guadagno quasi 2mila euro, ma una città che ti porta via quasi 1.000 euro se vuoi andare a vivere da solo non è più sostenibile. E non ritengo dignitoso, a 35, 40, 45 o più anni condividere ancora l’appartamento con qualcuno. Amo il mio lavoro da infermiere di Pronto soccorso, ma mi licenzio. E non sono l’unico. Io l’avevo scelta questa città, 8 anni fa sono andato via, ma nel 2020, con la seconda ondata del Covid ho voluto rientrare a lavorare qui perché il Policlinico è un buon posto di lavoro».
Pavels ha già un appartamento a Reggio Calabria.
“Torno a Reggio dove ho già un appartamento e la vita è sostenibile. Ho diversi amici colleghi con figli che si trasferiscono qui per fare gli infermieri e poi se ne vanno via perché non arrivano a fine mese o mettono tutto lo stipendio per sopravvivere. E poi ce ne sono altri che vincono i concorsi, provano a trasferirsi, ma non trovano casa e rinunciano al posto”.
“Andrò nel privato a Reggio Calabria. Il privato della frustrazione della mia categoria si è accorto benissimo e un infermiere lo paga anche 30 euro all’ora. I professionisti che lavorano nel pubblico non hanno più la mira del posto fisso, se ne vanno via in massa. Se il posto pubblico in una città come Bologna, per esempio, non consente nemmeno più di pagare l’affitto, che ci si resta a fare?».
«Ogni giorno si subiscono aggressioni verbali e, quando sono solo verbali, va già bene. Non parlo di offese generiche o insulti, parlo anche di minacce di morte, minacce di accoltellamento, gente che sputa, che morde, che può usare i nostri strumenti di lavoro potenzialmente come armi. Arrivano in Ps agitati, strafatti, alterati: bisogna gestirli e contenerli, lavorare diventa difficile. Per non parlare di quanto è difficile per le mie colleghe donne. Sono stato spesso a disagio, in parte spaventato. Assolutamente no. Mi sono preso un paio di mesi per decidere. Ho riempito fogli su fogli con i pro e con i contro. Ho scritto per settimane facendo lunghissime liste. Bologna aveva comunque più pro di Reggio Calabria, se devo dire il vero, ma alla fine è stato necessario forzare questo cambiamento. Finalmente lavorerò retribuito meglio e avrò una casa mia nella città dove sono arrivato da ragazzino e dove sono cresciuto».
