'Il gabbiano Jonathan Livingston': la libertà di essere diversi e combattere per i propri ideali

Richard Bach stimola il 'gabbiano' che è rannicchiato in ognuno di noi a volare più in alto e più veloce e, a cadere più e più volte per imparare sempre a rialzarsi

“Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla.” (R.Bach)

Bentornati a #InsideTheBook! Oggi la nostra rubrica ha una domanda per voi:

Cosa siete disposti a sacrificare pur di realizzare un sogno? Da piccoli si ha l’assoluta certezza che un sogno sia per natura abbastanza grande da farci stare dentro tutto ciò che desideriamo ma, col tempo, sopraggiunge l’amara consapevolezza che tutto ha un prezzo… in particolar modo la libertà!

Questo è uno degli insegnamenti che Richard Bach ci ha impartito tramite quello che è ormai diventato un classico della letteratura: Il gabbiano Jonathan Livingston.

Un’opera che ha tutta l’aria di essere la lettura perfetta per inaugurare una stagione fuori dal coro, senza la fastidiosa seccatura di doversi omologare alle masse, senza l’ossessione assurda di far parte di una retorica di “lifestyle” che ci obbliga a essere sempre belli e impeccabili in ogni ambito che riguarda gli interessi, spesso superficiali, della società; in una sola parola: “uguali”! Un tipo di uguaglianza del tutto discutibile, dal retrogusto dolciastro di noia, routine, apatia.

“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine…” recitava Neruda, un pensiero che anche lo scrittore statunitense Bach ha accarezzato, raccontando la storia di un gabbiano decisamente anticonformista, un gabbiano criticato dai suoi simili, un essere vivente spesso isolato dal gruppo, con aspirazioni diverse e ideali del tutto inaccettabili per un semplice volatile, passioni le sue che, inevitabilmente, hanno creato una profonda frattura con il resto del suo stormo:

“La maggior parte dei gabbiani non si danno la pena di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta arrivare dalla costa a dov’è il cibo e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare.  Più di ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.”

L’autore diffonde un manifesto di libertà, lotta e intraprendenza che sa di poesia e tenacia, non incarna nel gabbiano Jonathan la figura dell’eroe che si contraddistingue per le sue doti impareggiabili anzi, racconta delle sue molteplici cadute, dei suoi momenti di debolezza, dei suoi passi indietro e della stupida voce interiore che alimentata dalla contrarietà dei suoi simili lo stimolava a mollare:

“Una voce strana e cupa risuonò dentro di lui. Ah non c’è via di scampo. Niente da fare, sei un gabbiano. La natura ti impone certi limiti… se tu fossi fatto per volare come il vento, avresti l’ala corta del falcone e mangeresti topi anziché pesci. Sì sì, aveva ragione tuo padre. Lascia perdere queste stupidaggini. Torna a casa, torna presso il tuo stormo, accontentati di quello che sei, un povero gabbiano limitato.”

Jonathan per raggiungere i suoi obiettivi ha lottato contro i pregiudizi e contro la sua stessa natura, da cui recepiva costantemente messaggi avversi. Sembrava che il suo sogno di volteggiare nel cielo come se la sua vita fosse una danza tra le nuvole, fosse una fantasia troppo grande. In un momento di smarrimento e disperazione, a seguito di tentativi falliti miseramente, giurò perfino a sé stesso che avrebbe messo un punto a tutta quella follia di godere della sua libertà e si sarebbe accontentato dell’ordinario tran-tran che sembrava appagare i suoi compagni.

Una promessa destinata a infrangersi ben presto, perché se c’è qualcosa a cui è impossibile sottrarsi è l’istinto del cuore:

“Lui si sentiva vivo e fremente di gioia, fiero di aver domato la paura.”

Ma in qualità di inoppugnabile trasposizione della vita umana, superare i propri limiti ed eccellere in campi sconosciuti, non sempre implica l’ottenimento del successo o della comprensione altrui. Le rivelazioni a cui approda un singolo soggetto possono scardinare il meccanismo tradizionale e consolidato di intere generazioni, il “nuovo” spaventa, “diverso” diviene sinonimo di “sbagliato”, così accade che dalla scoperta si passa all’eresia, dal merito alla vergogna.

Il nostro gabbiano, eroe resiliente, combatte per il cambiamento, per oltrepassare i dogmi comodi e infruttuosi che hanno schiavizzato il suo popolo per secoli, impedendogli di assaporare la vera essenza della vita e l’appagamento delle passioni, senza avere mai la minima consapevolezza delle proprie possibilità e potenzialità:

“Per mill’anni ci siamo arrabattati per un tozzo di pane e una sardella, ma ora abbiamo una ragione, una vera ragione di vita… imparare, scoprire cose nuove, essere liberi!”

Un’opera che scuote la mente di ogni lettore, Bach più che un’abile aviatore è stato un esortatore di coscienze, si insinua negli ideali sopiti e stimola il Jonathan che è rannicchiato in ognuno di noi a volare più in alto e più veloce e, a cadere più e più volte per imparare sempre a rialzarsi, migliorarsi e realizzarsi, costi quel che costi.

Buona lettura!