La Reggina il patrimonio della gente. I tifosi amaranto meritano di sognare

La Reggina vuole vincere. I tifosi amaranto meritano un futuro ricco di soddisfazioni, all’altezza dei loro sogni

Anni di baratro inducono i tifosi a restare cauti, anche davanti agli obiettivi ambiziosi di Luca Gallo, mosso dalla volontà di far tornare la Reggina a calcare grandi palcoscenici in breve tempo.

Attenzione, però, a lasciare le chiavi di uno scrigno che appartiene alla città.

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul pallone. Certo, la fiera dei luoghi comuni, include la pasta e l’amore per la mamma, ma nessuno tocchi il pallone. Un aspetto “sacro”, in particolare al sud dove il più delle volte il calcio assume una connotazione sociale, dalla quale è impossibile prescindere.

Ci si interroga se “l’italiano medio” incarni la figura grottesca del “maschio alfa” che bada a frivolezze, palesando apatia per migliorare la propria condizione. È altrettanto vero che il calcio rappresenta per molte città del Mezzogiorno un ascensore sociale, che migliora la condizione della propria comunità, come vettore economico che innesca la crescita.

Detto in soldoni, una squadra che militi in categorie superiori genera un ragguardevole flusso di introiti e questo vale per strutture ricettive ed esercizi commerciali attigui agli impianti sportivi, teatro di emozioni per chi paga un biglietto o sottoscrive un abbonamento, sottraendo una fetta cospicua dal bilancio familiare, pur di inseguire una passione o dimenticare, per novanta minuti a settimana, le ansie della sua quotidianità.

Nessuno tocchi la passione dei reggini, che coltivano il sogno di tornare grandi, ora che Luca Gallo, imprenditore romano con origini calabresi, ha raccolto il testimone dalla famiglia Praticò, rilevando pochi mesi fa una società alla deriva, di tasca sua.

Tanto di cappello per il coraggio nell’investire in una causa simile, consapevole di lanciarsi nel vuoto, con tutte le incognite del caso. Sfondo della storia, la città di Reggio Calabria, distinta nella sua più nobile immagine di copertina, quella del Lungomare Falcomatà per esempio, che inghiotte fiumi di turisti nella bella stagione e non solo, sebbene vi siano zone aperte all’incuria e al degrado, poco distanti. Insomma, un dipinto che meriterebbe ben altra cornice.

Patrimonio della città, dunque, la squadra di calcio o, per meglio dire, gli “amaranto”, forti di una nuova proprietà che ha fatto il suo ingresso tra ovazioni e squilli di tromba, degni degli ingressi di Giulio Cesare a Roma.

Gente affranta da quanto verificatosi negli ultimi anni, con Lillo Foti protagonista nel bene e nel male. Dalla Serie A di chiusura millennio al baratro del fallimento, passando dalla strabiliante cavalcata per la salvezza nel 2007 con Mazzarri in panca, nonostante la pesante penalizzazione: una mappa temporale, che stava per conoscere l’epilogo se non fosse sopraggiunto il patron della M & G Holding Srl a salvare capra e cavoli.

La gente sogna, dunque, memore dei fasti di un tempo, consapevole di quanto sia difficile rivivere quegli anni; nello sport, ma nella vita più in generale, il rischio di farsi annebbiare dai ricordi è altissimo, fino a perdere la lucidità.

Magari, ciò che ogni uomo dovrebbe fare per migliorare la propria esistenza, è lasciare “sotto teca” i ricordi o appenderli ad un muro, per concentrarsi su ciò che l’attualità impone: una Serie C da cui venir via con i giusti tempi, programmando, evitando di cadere nell’errore di lasciarsi travolgere dall’ondata di entusiasmo.

La Reggina appartiene ai suoi tifosi, è il vero patrimonio della città dello Stretto e come tale, merita rispetto. I reggini meritano un lieto fine, all’altezza dei loro sogni.

*articolo realizzato da Cosimo Simonetta, stagista partecipante al modulo sul giornalismo del Bluocean’s Workshop diretto da Claudio Cordova e Pasquale Romano.