Gratteri a Le Iene: 'Sogno di liberare la Calabria. La mia morte potrebbe essere la fine della 'ndrangheta'

Le Iene hanno trascorso un giorno nella vita blindata di Nicola Gratteri, il magistrato calabrese con alle spalle circa 3000 arresti

“Nell’Olimpo della ‘Ndrangheta si discuteva se eliminarmi o meno”.

A parlare è l’uomo più odiato, ma allo stesso tempo anche il più temuto, più minacciato, dalla mafia calabrese: Nicola Gratteri, Procuratore Capo di Catanzaro che viaggia con 5 auto blindate e 10 uomini della scorta.

Le Iene hanno trascorso con lui un intera giornata ed il servizio di Luigi Pelazza è stato mandato in onda ieri sera.

Un giorno nella vita blindata di Nicola Gratteri

Nicola Gratteri

Nel corso dell’intervista si è discusso dei suoi 3.000 arresti, dei figli che vede pochissimo, una volta ogni due o tre mesi e solo per mezz’ora, del suo stipendio di 7.300 euro, delle sue domeniche sul trattore e anche di politica e di intercettazioni.

“Bisogna addomesticare la paura” secondo il magistrato calabrese che, per forza di cose, si trova a fare i conti con un passato, neanche troppo lontano, in cui la vita di alcuni suoi colleghi è terminata in tragedia. Basti pensare alle stragi di via D’Amelio e Capaci.

Una paura con cui Gratteri convive dal 1989, anno in cui la ‘ndrangheta decide di farne un “obiettivo“. Nonostante la scorta sempre al seguito, il procuratore ha una regola fissa: “Guido sempre io, sempre auto blindate ovviamente, ma preferisco non avere un’autista e che in macchina ci siano meno persone possibile”.

“Ci sono famiglie della ‘ndrangheta per cui io sono diventato un’ossessione, ma figuriamoci se le dico il nome” ha detto Gratteri cercando di smorzare una conversazione alquanto pesante.

Originario di Gerace, Gratteri a Le Iene ha ripercorso i 5 anni di lavoro a Reggio Calabria: “Avrò catturato più o meno 350 latitanti”.

Secondo il procuratore, per cambiare davvero le cose in Italia “ci vorrebbero persone più competenti nei posti di responsabilità. In quella che possiamo definire “macchina burocratica” c’è gente imbarazzante, incapace, mezze calzette, coniglio. Mentre per apportare un cambiamento bisogna essere arditi, precisi, fare ciò che serve a prescindere dal fatto se questa cosa può convenire o meno al tuo amico, al tuo compare o comare”.

Un lavoro no stop, dal lunedì alla domenica, con inizio alle 02:30 di notte e poi via così per tutta la giornata fino al rientro a casa a tarda sera.

Quando non organizza operazioni contro la ‘ndrangheta, il procuratore si dedica al suo passatempo preferito: la campagna.

“Coltivo bergamotti. Faccio l’operaio, non sono il titolare. Il trattore è il mio psichiatra”.

In quasi 40 anni di attività, il magistrato ha dato un duro colpo alla ‘ndrangheta.

“Sicuramente nella vita ho commesso degli errori. Non mi sento di dire – ha confessato a Luigi Pelazza – che tutto quello che ho fatto è stato giusto. Ma posso dire, invece, che sicuramente è stato fatto in buona fede. Sbaglia il chirurgo, il muratore, l’ingegnere, può sbagliare anche il procuratore”.

Il lavoro come una missione, non solo dal punto di vista delle operazioni di massimo risalto, ma anche per dare risposte ai tanti che chiedono il suo aiuto. Ogni settimana, infatti, a Catanzaro, arriva ad ospitare fino a 250-300 persone che hanno 10 minuti di tempo per esporgli i propri problemi.

“Parliamo di gente che subisce vessazioni, ingiustizie”.

E sui passatempi che ha dovuto abbandonare per la vita che conduce:

“Mi piacerebbe fare un giro in moto, in bicicletta. Ma se dovessi tornare indietro farei tutto quello che ho fatto, ed anzi, di più vista l’esperienza accumulata. Il mio sogno sarebbe quello di liberare questa terra, dare speranza e fiducia alla gente. La parte bella del mio lavoro? Non c’è nessuno sopra la mia testa. Devo rispondere solamente alla legge.

Morire per mano della ‘ndrangheta – ha concluso Gratteri – potrebbe essere si una sconfitta, ma solo in parte, perché potrebbe anche essere l’inizio della fine della ‘ndrangheta”.