L’olio calabrese è pronto alla sfida del mercato internazionale


Progetto OLIO-PIù, novità importanti per la filiera dal workshop conclusivo:

una mappa delle eccellenze grazie a kit diagnostici rapidi, impianti di biogas di piccole dimensioni per ridurre l’impatto ambientale degli scarti di lavorazione

Una mappa degli oli di oliva d’eccellenza, impianti per ricavare biogas dalle acque reflue e sistemi di recupero dagli scarti di lavorazione. Con il Progetto OLIO-Più la Calabria si candida a guidare una vera e propria rivoluzione della filiera olivicola nel Mediterraneo. E lo fa lanciando la sfida della green economy e della sostenibilità ambientale. Ieri al Parco Ecolandia di Arghillà il workshop conclusivo, dopo tre anni di sperimentazioni, ricerche e prove sul campo.

Il progetto Olio-più è finanziato dal Ministero dell’Istruzione, università e ricerca nell’ambito del PON “Ricerca e competitività 2007-2013” e portato avanti da un network pubblico-privato composto dal Conasco (capofila), dal CNR-Istituto per la Tecnologia delle membrane, dal Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, dal CRA-Oli di Rende, da Isolab Reggio Calabria, Centro Analisi Biochimiche (Rizziconi, RC), Olearia San Giorgio (San Giorgio Morgeto RC), con la collaborazione di Tecnoalimenti e dal Dipartimento Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna.

Il Progetto Olio-più è partito dall’analisi di una criticità: spesso l’olio calabrese non è gradito al consumatore e trova difficoltà di collocazione sul mercato. “Ci siamo posti l’obiettivo di promuovere la qualità – ha dichiarato Domenico Cambareri del Conasco – innovare, superare la frontiera tecnologica per essere sempre più competitivi”. In che modo? È questo il cuore del progetto: individuare le caratteristiche migliori delle varietà nostrane, mapparle associando ad ogni tipo un opportuno ecosistema olivicolo, creare dei blend, dei prodotti riconoscibili e graditi, da portare poi sullo scaffale mantenendone inalterate le caratteristiche qualitative.

Non solo, grande attenzione è stata riposta sull’impatto ambientale delle produzioni. “Li indichiamo come sottoprodotti e non più come scarti – afferma il coordinatore scientifico del progetto Marco Poiana, docente di Tecnologie Alimentari della Mediterranea di Reggio Calabria – e già a livello lessicale la differenza è sostanziale. Grazie alle tecnologie integrate sperimentate nel corso delle attività, è possibile recuperare frazioni importanti impiegabili nell’industria alimentare o farmaceutica. Si usano le acque reflue per produrre un valore, ottenendo biogas e azzerando l’impatto ambientale degli scarti di lavorazione”.

Per garantire la salute dei consumatori e assicurare uno standard qualitativo, è necessario monitorare costantemente la produzione olivicola. A tale scopo con il Progetto Olio-più si è sperimentato un kit diagnostico rapido, creato da Isolab Reggio Calabria, presentato da Giuseppe Minniti e Marco Nicolò. Un’innovazione fondamentale a cui va associata l’introduzione di un innovativo digestore aerobico di piccole dimensioni, in grado di ottenere biogas dalle acque di lavorazione, sperimentato dal CRA-OLI di Rende e presentato alla platea da Enzo Perri e Bruno Bernardi (Agraria, Università Mediterranea).

“Fino a qualche anno fa si discuteva dell’opportunità di espiantare le coltivazioni autoctone a beneficio delle varietà spagnole piuttosto che toscane. Oggi invece – spiega l’esperto Antonio Cimato, tutor di progetto nominato dal MIUR – siamo in grado di individuare tipi di olio calabresi dall’alta concentrazione di polifenoli, dunque apprezzabili a tavola oltre che consigliabili per la salute dei consumatori. La mappatura delle eccellenze calabresi è un valore aggiunto importante realizzato grazie al progetto”.

La strada intrapresa è quella giusta. Ne è convito Jean Louis Barjol, direttore esecutivo del Consiglio Oleicolo Internazionale (Madrid), l’associazione transnazionale nata sotto l’egida dell’ONU i cui membri rappresentano il 98% della produzione mondiale. Una presenza d’eccezione quella dell’ospite francese, che dà un sapore internazionale al workshop conclusivo del progetto. “L’olio calabrese, ma più in generale l’olio italiano – ha dichiarato Barjol – è pronto alla sfida del mercato estero. La qualità del prodotto, il confezionamento e le strategie commerciali intraprese negli ultimi anni consentiranno un passo in avanti decisivo”.

All’orizzonte novità importanti per l’economia meridionale: il rafforzamento del settore olivicolo significa nuovi posti di lavoro sul territorio. Uno scenario a cui il progetto Olio-più ha contribuito anche grazie alla formazione di nuove figure professionali altamente specializzate, pronte ad assicurare quel salto tecnologico indispensabile per garantire la necessaria rivoluzione della filiera.