Migranti a Roccella, in trasferimento gli ultimi 50

Oltre 100 persone già trasferite a palermo per la quarantena sulle navi

Alcuni nelle stanze al terzo piano, altri seduti all’esterno in fila ordinata, altri ancora – quelli risultati positivi al covid 19 – dietro le transenne che separano le tende blu del ministero dal resto di quel palazzone un po’ tetro e cadente che a Roccella chiamano ospedaletto. Sono una cinquantina i migranti rimasti in paese dopo il doppio sbarco del week end scorso e anche loro, forse entro la sera di mercoledì, più probabilmente nella giornata di giovedì, verranno trasferiti in altre strutture più adeguate.

Due i distinti gruppi che, arrivati in due diversi sbarchi a distanza di qualche ora l’uno dall’altro, sono stati sistemati nella struttura alla periferia nord della cittadina jonica. Qui, dopo le operazioni d’identificazione da parte del personale del commissariato di Siderno, i migranti del primo gruppo hanno passato appena poche ore prima di essere trasferiti; a Roccella è rimasto solo il nucleo familiare (papà, mamma e un bambino) risultato positivo al tampone che i medici del 118 hanno effettuato direttamente sulle banchine del porto delle Grazie.

Stessa sorte toccata a un centinaio di migranti arrivati con il secondo sbarco (in totale 154 persone arrivate a bordo di uno scalcinato peschereccio trainato in porto da una motovedetta della guardia costiera) e già trasferiti con gli autobus a Palermo, dove sono stati imbarcati su una delle navi predisposte per le quarantene successive agli arrivi “autonomi”. Di questo gruppo, tre sono i soggetti risultati positivi al virus: anche loro sono stati alloggiati temporaneamente nelle tende sistemate nel cortile, prima del previsto trasferimento. Il lavoro dei vigili e dei volontari ha consentito di sistemare anche una serie di bagli chimici destinati unicamente a loro.

EMERGENZA INFINITA

Questa volta ha aiutato il fatto che nel gruppo, tra i tanti minori, non ce ne fosse nessuno privo di accompagnatore.

Fin qui i numeri, ma dietro i numeri ci sono le persone che continuano ad affidarsi ai viaggi della speranza pur di abbandonare i loro rispettivi paesi d’origine. Persone arrivate via mare sulla consueta rotta che da Iran, Irak e Afganistan porta alle coste della Turchia e alla lunga traversata fino alle spiagge dello Jonio reggino. Una rotta sempre uguale a se stessa e che si rinnova ad ogni viaggio da più di venti anni a questa parte. Una rotta che si rinnova nonostante gli innumerevoli arresti di scafisti (generalmente sono di nazionalità ucraina, talvolta russi) e il continuo sequestro di piccole barche a vela e barchini improvvisati, e che con chirurgica precisione, continua a portare le barche sempre negli stessi punti compresi tra la scogliera di Africo a sud e le spiagge di Riace e Caulonia a nord.

LA RISPOSTA DEL TERRITORIO

Il sistema quindi continua a reggere, nonostante le sollecitazioni continue delle ultime settimane con sbarchi consistenti e situazioni di contagio verificate. E se il sistema regge, molto lo si deve all’opera del 118 e delle associazioni di volontariato (oltre che a quella dei medici dell’Usca che si occupano di effettuare i tamponi al momento dello sbarco in banchina) che oltre a prestare le prime cure, si occupano dell’assistenza durante il periodo di transizione nelle strutture cittadine (nei mesi caldi dell’estate i gruppi erano stati spostati prevalentemente nel tendone che fa da palazzetto, alle spalle dello stadio di calcio), muovendosi sotto lo scafandro asfissiante delle protezioni necessarie a mantenere la sicurezza sanitaria.