'Faremo fare una brutta fine a Gratteri': minacce dal carcere al Procuratore calabrese

In una delle udienze del maxi processo "Rinascita Scott", un teste ha reso note nuove minacce al Procuratore di Catanzaro ed ai suoi collaboratori

“Quando sarà il momento, faremo fare una brutta fine a Gratteri e ai suoi collaboratori.
La ‘ndrangheta è nata prima della legge. In Calabria comandiamo noi, come è sempre stato”.

Sono le frasi che Antonio Mangone, di 58 anni, teste dell’accusa sentito oggi nel processo “Rinascita scott” alle cosche del Vibonese, in corso davanti il Tribunale di Vibo Valentia nell’aula bunker di Lamezia Terme, ha riferito di avere ascoltato pronunciare da alcuni imputati dello stesso dibattimento detenuti, come lo é stato lui, nel carcere di Siracusa.

Nuove minacce al Procuratore Gratteri

Mangone ha riportato, in particolare, le frasi contro Gratteri che, a suo dire, sarebbero state pronunciate da Gianfranco Ferrante, imputato nel processo Rinascita scott con l’accusa di essere organico alla cosca Mancuso di Limbadi.

“Noi siamo una potenza – avrebbe detto Ferrante, secondo Mangone -. Non siamo mica morti e col tempo tutti questi (il riferimento è stato a Gratteri, ai magistrati della Dda di Catanzaro ed ai loro collaboratori, ndr) la pagheranno e faranno una brutta fine”.

Mangone, che è originario di Cariati ma risiede da tempo in un centro alle porte di Padova, ha aggiunto che lo stesso Ferrante avrebbe fatto riferimento anche alle dichiarazioni di un pentito secondo il quale una cosca della ‘ndrangheta avrebbe progettato un attentato contro i figli del procuratore Gratteri.

“C’erano anche affiliati di altre cosche, comunque – ha detto ancora Mangone – che parlavano male di Gratteri”.

Antonio Mangone, che non è un collaboratore di giustizia, é stato coinvolto in passato in un procedimento sulla presenza della cosca Grande Aracri in Veneto.

A conclusione del suo esame Mangone ha chiesto al Tribunale che gli vengano concessi lo status di collaboratore di giustizia e un programma di protezione per sè e la sua famiglia. Il presidente del Tribunale, Brigida Cavasino, ha risposto che la decisione sulla richiesta di Mangone compete ad altri organi giudiziari e non al collegio giudicante davanti al quale si sta celebrando il processo “Rinascita scott”.

Fonte: Ansa Sicilia