'Ndrangheta da manuale a Reggio: padroni feudali in una città lottizzata dalle cosche

Una realtà inquietante in cui i boss si sono spartiti Reggio Calabria

Rivendicano porzioni di città come se si trattasse del loro giardino privato, strozzano e stritolano imprenditori con continue richieste di denaro e di benefit. E se gli passa per la testa, picchiano e umiliano un operaio colpevole solo di svolgere il suo lavoro. La visione d’insieme delle due, concentriche, operazioni della distrettuale antimafia di Reggio contro le cosche del mandamento cittadino, svela una realtà inquietante in cui i boss – piccoli e grandi – agiscono come padroni feudali fuori tempo massimo, su una città “lottizzata” territorialmente dalle cosche che la infestano.

LA SPARTIZIONE

«Quello che è venuto fuori da questa indagine – ha detto il procuratore capo Giovanni Bombardieri – è una sorta di manuale della ‘ndrangheta».

E infatti, secondo una sorta di “manuale” della convivenza criminale nella stessa città, le cosche si sono spartite Reggio (ma le dinamiche sono le medesime anche nel mandamento jonico e in quello tirrenico) in base alla presenza di una determinata cosca all’interno di una determinata porzione di città.

Così è successo a Pellaro dopo il ritorno a casa, in regime di arresti domiciliari dovuti ad alcune gravi patologie cliniche, del boss Filippo Barreca, che una volta messi fuori i piedi dal carcere, ha ripreso i “lavori” da dove li aveva lasciati. Dalle indagini dei carabinieri è infatti venuto fuori di come il boss – per quanto malato e avanti con gli anni – abbia immediatamente ripreso possesso del “suo” territorio, rivendicando estorsioni e appalti e intrecciando rapporti e organizzando mediazioni con i boss di primo piano sullo scacchiere reggino, per non avere problemi a vedersi riconosciuto dalle altre famiglie, una sorta di “diritto” di prelazione su Pellaro.

Accade ad esempio con le estorsioni ad un grosso supermercato del quartiere a sud della Città che, vista la detenzione di Barreca, era stata messa in opera dalla cosca Ficara-Latella di Croce Valanidi e che, grazie anche all’intervento di un pezzo da 90 come De Stefano (che in questa questione era stato chiamato da Barreca in veste di “mediatore”) era stata “traslata” ai Barreca, nel rispetto delle regole territoriali che il crimine organizzato di queste parti (e sono tante le inchieste che lo confermano) si è imposto a tutela degli affari “comuni”.

«ORA TORNI CON LA TUA AUTO E RACCOGLI TUTTO»

Ma non ci sono solo gli affari nei pensieri del boss ai domiciliari.

Quello che Barreca sembra voler rivendicare, raccontano gli inquirenti durante la conferenza stampa, è una sorta di “diritto totale” sul territorio su cui ha interessi. Come nel caso di un malcapitato spazzino che durante il normale giro di raccolta dei mastelli, non solo non aveva raccolto la spazzatura davanti alla casa del boss perché non era stata differenziata ma aveva anche redarguito alcune persone che abitavano nello stabile sulle corrette procedure. Alla scena aveva assistito lo stesso Barreca che era intervenuto intimando all’operaio di raccogliere le buste. Dal canto suo lo spazzino, si era limitato ad una scrollata di spalle, andando via e lasciando le buste lì dove le aveva trovate. Almeno fino al giorno dopo.

Poche ore dopo il diverbio infatti, gli investigatori hanno verificato come lo stesso operaio, che evidentemente era stato informato da qualcuno su chi abitasse in quella casa, sia tornato a Pellaro sotto la casa del boss e gli abbia citofonato chiedendo scusa per il suo comportamento del giorno precedente. Un’umiliazione che però non sembrava abbastanza per Barreca che avrebbe costretto il malcapitato spazzino a tornare in deposito con il mezzo dell’azienda, per poi tornare sul posto con la propria auto privata per ritirare tutta la spazzatura. Compito, raccontano ancora gli inquirenti, portato a termine dall’operaio che, nel racconto che lo stesso Barreca fa a un suo sodale rispetto alla vicenda, si prende anche una sonora razione di legnate.