Lei, lui, l'altro: l'opposizione è servita. A Palazzo San Giorgio si ricerca l’unità

Le minoranze, animate da sentimenti diversi ed un unico “nemico” politico, faticano a trovare la via maestra (ammesso che ci sia…)

Quella di stanza a Palazzo San Giorgio è una opposizione variegata e certamente più agguerrita rispetto a quell’altra che ha occupato i banchi della minoranza nel primo tempo dell’amministrazione Falcomatà. Maggiore consapevolezza, obiettivi più chiari, ma forse, se non soprattutto, e senza nulla togliere ai predecessori, uomini e donne diverse.

Va da sé che l’inesperienza politica possa pregiudicare la tenuta dell’opposizione, ma questo lo scopriremo solo vivendo. Dunque, se vogliamo, siamo in presenza di più opposizioni, ognuna con una caratteristica propria, che però faticano ad andare in un’unica direzione.

Lei, (loro) le implacabili

La regina dell’opposizione è senza dubbio Angela Marcianó, che l’applicazione della legge Severino ha costretto alla sospensione dall’incarico. La sua è un’opposizione extra-consiliare, fuori dal palazzo. E benché sia rappresentata egregiamente nell’aula Battaglia da Filomena Iatí, distintasi al momento per temperamento ed intransigenza, la Marcianó non perde occasione per bastonare il sindaco e la sua corte di assessori. E per il momento la coppia (Iatì-Marcianò) funziona.

La Iatí si è dimostrata meticolosa, precisa, convinta di ciò che fa e per cui ci mette la faccia. Indipendentemente dalla durata del suo incarico (a gennaio dovrebbe poter ritornare in aula la Marcianó) si fa assistere da un tecnico che la istruisce su tutto ciò che produce l’amministrazione. Ma questo potrebbe non bastare. Appare infatti un po’ scollegata dal sistema politico (e per lei questo è motivo di vanto) di cui ha comunque bisogno per dare peso e valore alle sue battaglie.

La Marcianó da parte sua non ne lascia passare una. Le bacchettate al sindaco e più in generale all’amministrazione, a volte in punta di diritto, dimostrano che la tensione ideale che l’ha accompagnata nella campagna elettorale non è scemata per niente. Insomma ci si aspetta grandi cose da Lei (loro), a patto che si abbia la consapevolezza che senza i colleghi dell’opposizione difficilmente si potrà essere incisive. Che poi al di là delle filippiche mediatiche è quello che conta per gli elettori.

Lui, il forestiero

Lui è certamente Antonino Minicuci. Le vicende che hanno accompagnato la sua campagna elettorale ne hanno sostanzialmente determinato l’esito. Tornare su quelle vicende potrebbe apparire noioso ma vale la pena quantomeno ricordarle per capire lo stato dell’arte. D’altra parte il rapporto tra l’ex candidato sindaco e la Lega che lo ha proposto alla coalizione sembra irrisolto. Minicuci ha infatti inaugurato il gruppo misto in Consiglio, creando un pó di confusione. Perché se da un lato ha provato a tenere fede a quanto dichiarato in campagna elettorale e cioè di non essere organico alla Lega, dall’altro nella seduta del 20 novembre scorso ha detto che si iscriverà al gruppo del carroccio, formato per il momento dal solo De Biasi.

“Siccome sono il leghista che vuole conquistare Reggio, mi iscriverò ed aderirò alla Lega perché è una forza seria non come questi strascina facendoli”. Così si era espresso il capo dell’opposizione.

Ora, non è chiaro il fine ultimo di Minicuci che non è passato alle vie di fatto non avendo ancora formalizzato il passaggio annunciato. Tutto ciò fa supporre che sia in atto una sorta di interlocuzione con il partito di Salvini e che per dirla con la sua predisposizione all’enunciazione di proverbi popolari: ha parlato a nuora perché suocera intenda.

Per il resto Minicuci proclamatosi col consenso dei suoi colleghi di centrodestra capo dell’opposizione, sta usando tutte le sue conoscenze tecniche per mettere in difficoltà, a turno, l’amministrazione, il sindaco o il segretario generale. In tal senso il limite fin qui dimostrato sembra essere quello dell’inesperienza sul terreno squisitamente politico. E qualcuno adesso si domanda se la scelta di puntare su di lui sia stato uno sbaglio. Certamente avrà tempo per dimostrare il contrario. Magari provando a tenere insieme la minoranza.

L’altro, il coerente

L’altro è ovviamente Saverio Pazzano. Formalmente seduto nei banchi dell’opposizione è stato paragonato, dai colleghi della minoranza, fin dal primo momento, alla stregua di una stampella del centrosinistra. Nino Minicuci ha parlato di “soccorso rosso”, anche sottolineando l’estrazione politica dell’ex candidato a sindaco. Proprio nel corso della prima seduta del nuovo Consiglio comunale, Pazzano ebbe modo di dire:

“So già che sarò spesso in croce. Qualcuno continuerà a parlare di soccorso rosso, o che ci dovevo pensare prima, ma credo che sia chiaro l’atteggiamento di allora e di adesso. La seconda chance data a Falcomatà non presenta ad oggi gli elementi di discontinuità”.

Tuttavia Pazzano tira l’acqua al suo mulino e in questo breve lasso di tempo è riuscito ad ottenere la convocazione di un Consiglio comunale ad hoc sull’emergenza covid, ma non l’istituzione di una Commissione speciale dedicata all’emergenza. Si è astenuto, non allineandosi al voto contrario dei colleghi di minoranza, rispetto all’approvazione del Bilancio; ed ha ottenuto il lasciapassare del Consiglio alla cosiddetta “mozione Giovanni Di Leo” che ha definito come un chiaro atto di indirizzo politico a chiedere conto di quanto avvenuto dall’avvento di SoRiCal ad oggi.

Manca ancora la madre delle iniziative, cavallo di battaglia della sua campagna elettorale, e cioè l’audit pubblico sulle questioni del Bilancio, per chiudere definitivamente una pagina ed aprirne una nuova. Lo ha nuovamente chiesto nel corso dell’ultimo Consiglio, dopo aver votato in maniera contraria alle proposte di delibera della maggioranza su Bilancio consolidato, assestamento e riconoscimento del debito Sorical. Alla fine, con soddisfazione dirà:

“Sono dispiaciuto tanto al centrodestra che al centrosinistra”.