I sindaci, il centro covid e la riconversione del gigante abbandonato

I primi cittadini spingono per la riqualificazione dell'ex ospedale di Siderno che intanto però è stato trasformato in altro

Da ospedale funzionale a cattedrale nel deserto, passando per la mai realizzata “casa della salute” fino a contenitore di tutti (o quasi) gli uffici amministrativi sanitari della zona.

LA STORIA DEL’OSPEDALE DI SIDERNO

Ospedale di Siderno

Ciclicamente, la struttura dell’ospedale “nuovo” di Siderno – chiuso orami da più di 10 anni tra montagne di polemiche mai sopite – torna ad essere chiamata in campo come possibile soluzione a parte dei problemi sanitari di un territorio in cui vivono, da Monasterace a Condufuri, quasi 200 mila persone.

Una storia che si ripete sempre uguale a se stessa e che, con la pandemia in corso di costante peggioramento, è tornata a fare capolino sul tavolo degli amministratori locali. Succede così che nell’ultima riunione dei sindaci del comprensorio, l’assemblea dei primi cittadini deliberi un documento dove, preso atto «dell’assoluta mancanza di gestione dell’emergenza sanitaria» e «del crescente diffondersi del virus, chiede con urgenza l’allestimento di ulteriori Usca a nord e sud della Locride, così come l’immediata attivazione di posti letto di terapia intensiva e subintensiva, comprendendo l’utilizzo dell’ex ospedale di Siderno quale centro Covid (o post covid)». Un documento che appare però più come una (assolutamente legittima) richiesta d’aiuto che come bozza programmatica vera e propria. Se da un lato infatti istituire uno o due punti Usca sul territorio appare una soluzione percorribile in tempi stretti (oggi la direzione del distretto sanitario ha visitato alcuni locali nella zona nord del comprensorio in vista dell’apertura di un nuovo punto di medicina territoriale) riconvertire una struttura sanitaria che, negli anni, è diventata tutt’altra cosa, appare molto più complicato.

IL GIGANTE AZZOPPATO

Ospedale di Siderno

Prima fu la chirurgia generale, trasferita nell’ospedale di Locri nel 2007, poi piano piano, in un’emorragia continua di servizi ai cittadini, gli altri reparti furono soppressi o, nel migliore dei casi, trasferiti: gli ultimi a chiudere, nel 2009, i reparti di cardiologia e urologia, spostati di peso e tra proteste di piazza vibranti, verso contrada Verga a Locri. Sarebbe dovuta diventare la “casa della salute” – ovviamente rimasta anche questa nel libro dei sogni della sanità in questo pezzo di Calabria – ma nella realtà finì per essere a lungo, l’ennesimo elefante sulle spalle della claudicante sanità territoriale. Ma le corsie dell’ex ospedale di Siderno non sono rimaste vuote a lungo: all’inizio fu un unico ambulatorio stretto in un paio di stanzette al piano terra, poi col tempo, strappando una stanza dietro l’altra, quella piccola realtà è diventata, nel deserto della Locride, uno dei punti di riferimento sanitari per i cittadini di una decina di comuni. Sono poco meno di una ventina ad oggi, gli ambulatori aperti al pubblico che garantiscono servizi che vanno dalla cardiologia alla diabetologia. Non il Paradiso certo, ma un punto di (fioca) luce in un panorama desolante. Dove andrebbero spostati questi servizi nel caso di una fantomatica riconversione, i sindaci non lo dicono. Così come non parlano del fatto che le stanze che una volta ospitavano le corsie e i reparti, da anni sono occupati dai più disparati uffici sanitari.

Il distretto sanitario ovviamente (che ha le proprie stanze in quelle che un tempo era il reparto di cardiologia e dove ora, sui muri dietro le scrivanie del personale, è ancora possibile vedere distintamente le tracce di quello che un tempo, erano le postazioni per i degenti); e poi la guardia medica, la farmacia ospedaliera, il sert e gli uffici vaccinali: tutti uffici amministrativi che negli anni, hanno occupato le stanze vacanti dell’ex ospedale. La pandemia avanza, i contagi salgono e i tempi stringono:

«La paura è che – filtra da ambienti sanitari  – intanto che pensano a questa riconversione, l’emergenza covid sarà finita da un pezzo».