Motivazioni 'Gotha', gli attentati ai bar di Santa Caterina: due famiglie mafiose in disaccordo

Nelle motivazioni del maxi processo “Gotha” il filone di indagine “Sistema Reggio” parte dagli attentati ai bar di Santa Caterina

Nelle oltre settemila e seicento pagine delle motivazioni che hanno portato alla sentenza del maxi processo Gotha, c’è un capitolo dedicato agli attentati al Bar Malavenda.

Era l’11 febbraio del 2014 quando, passata la mezzanotte, si è verificato un danneggiamento in via Santa Caterina n.154 a seguito dell’ordigno collocato all’esterno del bar Malavenda.

Anni prima, un altro bar Malavenda, aveva subito episodi simili.

Danneggiamenti che, a seguito delle indagini, erano riconducibili al mancato rispetto degli equilibri mafiosi riferibili alla spartizione territoriale e che portarono all’arresto di Canzonieri Donatello, affiliato alla cosca Franco.

‘Gotha’ e ‘Sistema Reggio’, gli attentati al bar Malavenda e i disaccrodi tra famiglie

Due gli episodi evidenziati nelle motivazioni. Il primo relativo ad un ordigno esploso, il secondo invece legato ad una bomba disinnescata dagli artificieri.

Nel passaggio dai vecchi proprietari ai nuovi, i vari avvertimenti mafiosi, rilevati dalle intercettazioni, hanno condotto gli inquirenti ad un focus sulla lotta territoriale tra pretendenti-mafiosi.

Tale cessione dell’attività commerciale avrebbe infastidito un’attività commercialmente concorrente presente in zona, ed in particolare il bar di Stillitano Noemi.

Sulla stessa zona infatti insisteva il Fashion Cafè, la cui titolarità formale era di tale Minniti Angela, che però era sentimentalmente legata a Mario Stillitano con il quale aveva avuto nel 2011 una figlia a nome Stillitano Noemi.

Bar Malavenda, quel passaggio di proprietà ‘non autorizzato’

I fratelli Stillitano sono entrambi appartenenti secondo gli investigatori alla cosca Rosmini, e quindi inquadrati nel cartello condelliano, tuttavia il passaggio dell’attività dai Malavenda ai Nicolò, e quindi ai Serraino aveva generato attriti all’interno dello stesso gruppo condelliano, tra gli Stillitano da una parte e i Nicolò di Arangea dall’altro.

Secondo i testimoni i Nicolò, che avevano una forte esperienza nel settore, avrebbero danneggiato l’attività degli Stillitano.

Anche secondo altre intercettazioni di proprietari di altri bar di Santa Caterina, si aveva conferma delle dinamiche criminali in atto nel quartiere di Santa Caterina tanto da rilevare come per l’apertura del bar era necessario avere ed ottenere prima il placet da parte degli schieramenti mafiosi che si contendevano il controllo del quartiere.

Benestare che, a quanto pare, era stato negato dagli Stillitano.

Santa Caterina: controllo del territorio fifty-fifty

L’indagine denominata “Sistema Reggio” ha svelato dunque le dinamiche mafiose del quartiere di Santa Caterina relativa all’acquisizione dei bar.

“Come ogni zona della città, all’indomani della seconda guerra di mafia – secondo quanto emerso dagli accertamenti giudiziari derivanti dai processi Olimpia, negli anni ’90, e dal processo Archi, nonché dalle propalazioni di storici collaboratori di giustizia – era stato oggetto di un accordo di spartizione del territorio tra gli opposti schieramenti mafiosi, quindi quello condelliano e quello de stefaniano, in forza del quale ogni zona territoriale avrebbe avuto un referente di una famiglia criminale appartenente all’uno e all’altro schieramento. In particolare, per il quartiere di Santa Caterina la famiglia di riferimento dello schieramento de stefaniano era da individuare nella cosca Franco, mentre per quello condelliano nella famiglia Rosmini, che in quella zona vede come massima espressione i fratelli Stillitano».

Secondo quanto descritto nelle motivazioni inoltre:

“Il quartiere di Santa Caterina, unitamente alla zona di San Brunello e di Vito, risultano divisi al 50% tra lo schieramento condelliano, e quindi i Rosmini e gli Stillitano, e al 50% per i De Stefano-Tegano, con la presenza della cosca Franco”.