Salute mentale e i suoi disturbi: dalla paura alla fobia

L'approfondimento della dott.ssa Valentina Clementi, dell'Istituto di Neuroscienze di Reggio Calabria, nel nuovo appuntamento della rubrica dedicata alla salute mentale

Paul MacLean nel 1963 affermava “le sensazioni emozionali guidano il nostro comportamento in riferimento ai due princìpi vitali fondamentali, l’autoconservazione e la conservazione della specie”.

Quando parliamo di paura ci riferiamo a una delle sei emozioni primarie (paura, felicità, rabbia, disgusto, tristezza e sorpresa), quei complessi processi adattivi che ci permettono di valutare ogni situazione che ci si presenta e di agire o comunicare con gli altri al fine di ottenere il migliore adattamento possibile all’ambiente per garantire la nostra sopravvivenza.

Dalla paura alla fobia

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La paura, infatti, ci protegge da un pericolo o una minaccia ben definita, assolvendo a fondamentali funzioni evolutive senza cui metteremmo continuamente a rischio la nostra incolumità ed è uno stato che condividiamo con tutti gli altri animali più evoluti, in particolar modo con gli altri mammiferi. La paura si manifesta come una preoccupazione intensa e improvvisa che insorge quando ci troviamo di fronte ad un pericolo o ad un evento particolarmente spiacevole, basti pensare ai nostri antenati di fronte una bestia feroce o, ai giorni nostri, quando ci troviamo dentro una manifestazione di protesta con il rischio di gravi disordini.

Alla preoccupazione si associano reazioni fisiche determinate dall’attivazione del sistema nervoso autonomo e dal rilascio di adrenalina, come l’incremento della quantità di ossigeno disponibile per i muscoli, l’aumento del ritmo cardiaco e della pressione sanguigna, l’aumento della sudorazione, il blocco della digestione, la bocca secca e il nodo allo stomaco che caratterizzano la cosiddetta “reazione di attacco o fuga”. L’attacco per consentirci di affrontare l’ostacolo e combatterlo, la fuga per abbandonare la situazione prima che divenga eccessivamente pericolosa. La paura si correla strettamente all’ansia, altra emozione.

La paura si manifesta di fronte ad un pericolo reale e cessa con la scomparsa del pericolo. L’ansia, invece deriva dalle nostre abilità cognitive di immaginare, anticipare e prevedere eventi che riteniamo pericolosi e quindi spesso insorge in assenza di una reale minaccia. Sintomi tipici dell’ansia sono il senso di vuoto mentale, la presenza di immagini e pensieri negativi che si associano a tensione, palpitazioni, nausea, vertigini e formicolii agli arti. L’ansia, tuttavia, fa parte di quei sistemi d’azione e motivazione che nonostante provochino sensazioni spiacevoli sono fondamentali per migliorare le nostre performance.

Ad esempio, nel caso di un’importante prova, sia essa una competizione sportiva o un colloquio di lavoro o un esame universitario, la giusta dose di ansia “anticipatoria” ci consente di prepararci al meglio allenandoci o studiando. Quando l’ansia è eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto allo stimolo, diventa disadattativa e può interferire nelle diverse aree esistenziali quali il lavoro, lo studio, le relazioni sociali ed affettive. In questi casi ci troviamo di fronte a veri e propri disturbi, che sono stati classificati dall’American Psychiatric Association nel DSM 5 Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali). Tra questi troviamo:

  • il disturbo d’ansia generalizzata (un costante stato ansioso inerente spesso cose di poco conto e caratterizzato da attesa apprensiva e anticipazione pessimistica);
  • il disturbo di panico (caratterizzato dalla presenza di ricorrenti episodi di panico, dalla costante preoccupazione che gli attacchi di panico possano ripetersi e dalla conseguente messa in atto di condotte di evitamento);
  • l’agorafobia (la paura degli spazi aperti o delle situazioni nelle quali è difficile fuggire e/o ricevere aiuto);
  • la fobia, forma di paura irrazionale, incontrollata, sproporzionata e persistente, che, nei casi più gravi, limita l’autonomia di chi ne soffre dal momento che la mente del soggetto è monopolizzata dall’esigenza di evitare oggetti o situazioni specifiche, che in realtà non rappresenterebbero un reale pericolo per la persona. Tra le fobie specifiche più frequenti troviamo l’ancestrale avversione per gli animali, come ad esempio gli insetti (entomofobia), i ragni (aracnofobia), le formiche (mirmecofobia) o i rettili (erpetofobia), la fobia degli eventi climatici e dei fenomeni metereologici (brontofobia), la paura incontrollata di contrarre malattie o, al contrario, di sottoporsi a cure che comportino la vista del sangue (emofobia) o, ancora, la paura dei trasporti pubblici, degli spazi chiusi (claustrofobia), di attraversare ponti (gefirofobia), degli ascensori, di volare (aviofobia) o di guidare (amaxofobia). La fobia più insidiosa è la fobia sociale ovvero la paura di chi tende a isolarsi ed evita il contatto con gli altri o il parlare in pubblico perché gli provoca ansia.

Alla luce di quanto detto è fondamentale valutare l’origine dell’ansia, capire se è insorta di fronte ad  una “minaccia” reale, valutare quanto l’intensità è stata congruente e nel caso si ritenga che l’emozione è patologica,  intervenire in diversi modi a seconda delle necessità.

Una prima visita psichiatrica si rende necessaria, dal momento che il disturbo può essere correlato a cause organiche (neurologiche: epilessia, emicrania, tumori; cardiovascolari: aritmie, scompenso cardiaco;  respiratorie:  polmoniti, asma, enfisema, sindrome da iperventilazione) e a cause neurobiologiche di competenza psichiatrica che richiede la prescrizione di farmaci specifici. Nel caso che l’ansia sia determinata da meccanismi di natura psicologica correlati esperienza, alle relazioni precoci spesso patogenetiche, all’ambiente altamente stressante, è certamente opportuno un percorso di psicoterapia che ha l’obiettivo di agire sul mondo interno del paziente per ridefinire la lettura  degli eventi che hanno favorito l’insorgenza del disturbo.

dott.ssa Valentina Clementi