Salvini incanta i reggini della Lega tra spot e selfie. Sardine sotto...tono

Il "capitano" arringa i suoi "Vinciamo alla Regione e poi al Comune". Poi, il consueto compendio di argomenti che infiammano i fedelissimi

Si è concluso tra selfie, applausi e sorrisi smaglianti la visita calabrese di Matteo Salvini. Dopo Catanzaro e Vibo, l’ultima tappa è Reggio Calabria. L’appuntamento per gli aficionados del “capitano” è alla sala “Calipari” del Consiglio regionale. L’orario è un po’ quello di punta, quello del rientro a casa. La sala fatica a riempirsi. Qualcuno bisbiglia che l’incontro non inizierà se prima non si riempiranno i tanti posti vuoti. I più informati, quelli dello staff, però, scandiscono il percorso di Salvini.

“Ha quarantacinque minuti di ritardo”, “tra venticinque arriva”. “È in fila a Gallico”.

L’attesa si fa sempre più spasmodica tra il pubblico, mentre fuori dal Palazzo le sardine reggine, presenti in numero esiguo rispetto alle previsioni, svolgono il loro compitino con interventi di questo o quell’aderente al movimento, più o meno noto a chi di politica e di città più si interessa. Il tutto ritmato dall’immancabile “Bella ciao”. C’è chi dice che sono una cinquantina. Chi invece generosamente ne ha visti un centinaio.

In ogni caso, per loro non sarà necessaria la consueta stima della questura. Questa si, presente in numero forse sproporzionato. Il servizio d’ordine è imponente per una visita elettorale di un segretario di partito. Con agenti in assetto antisommossa, carabinieri in alta uniforme, digos infiltrata tra la platea. Sembra che Matteo Salvini, fresco di indagini per i voli di Stato, continui a muoversi lungo la penisola con i galloni di Ministro dell’Interno…

Dentro la sala Calipari, col passare dei minuti il vociare si fa sempre più intenso. L’accoglienza messa in piedi dai rappresentanti reggini della Lega è di tutto rispetto. Per ogni seggiolino c’è una bandierina tricolore che si incrocia con una del carroccio. In sala risuona la musica più varia: da Vasco Rossi a Lucio Battisti, passando per Jeeg robot d’acciaio. Sono diversi i volti noti accorsi all’appuntamento. Vecchi tromboni della politica nostrana, insieme ad un manipolo di riciclati che di “nuovo”, quello professato dalla Lega, hanno ben poco. Ma tant’è, l’importante è esserci per farsi vedere…

Finalmente il “capitano” è in arrivo. I giornalisti si schierano per accoglierlo a suon di domande. Lui, il leader, scende dall’auto con il volto stanco per una giornata calabrese che sembra aver lasciato il segno. Ma è pronto alle domande consuete: il nome del candidato alla regione; il rapporto con gli alleati; la prima avventura della Lega in Calabria…

“Entro la fine della settimana avremo il nome del candidato che spetta a Forza Italia, a prescindere dall’uomo o dalla donna, l’importante è la squadra, perché un uomo solo al comando non basta. E in ogni caso qualunque sia il nome ho la sensazione che vinceremo”.

Poi, attorniato dallo staff fa il suo ingresso nella sala Calipari in maniera quasi trionfale. Riesce anche a cogliere di sorpresa qualcuno che lo aspettava dall’entrata posteriore. E invece, da vero leader, entra dalla parte del pubblico, attraversa la platea tra sorrisi e pacche sulla spalla. Insomma, Salvini ci sa fare con la gente. Si mette al loro stesso livello, si fa toccare, incoraggiare, si ferma a scambiare qualche chiacchiera con questo o quello sconosciuto. Tra gli applausi di rito guadagna il palco, alzando le braccia in segno di vittoria e di ringraziamento. Introdotto dal commissario della Lega in Calabria, Invernizzi (a cui non riesce il coro tipico dello stadio che al nome fa seguire il cognome), Salvini scherza col pubblico. Una battuta sulla Reggina – “ci prendiamo Reginaldo, altro che Ibrahimovic” – un elogio alle forze dell’ordine per gli arresti della mattina, e poi la frase che scalda la sala: “Sono qui per restituire onore e dignità ad una terra che non merita quella merda della ‘ndrangheta”. Promette impegno nella redazione del programma per le regionali – “lo faremo ascoltando i calabresi e non a Roma, o Bruxelles” dice infiammando i suoi -. Poi, il consueto compendio di argomenti che il popolo salviniano ama sentire, con la questione immigrazione a fare da traino:

“Gli unici immigrati che devono esserci qui devono essere i figli della Calabria che devono e vogliono tornare nella loro terra”.

Salvini stila una classifica delle priorità, con la sanità in testa, seguita da infrastrutture e trasporti, case popolari e bonus per asili nido. Ma, ricordando l’imminente compleanno della figlia, non dimentica la religione. Parla di un’Europa e una Calabria cristiana, dedica un passaggio alla Madonna della Consolazione, e sferza il pentastellato Morra – a cui, querelato, dà del cretino – per quella frase pronunciata dal leader della Lega, appunto, sulla Madonna, ripresa dal presidente della Commissione antimafia che disse che parlare della madonna in Calabria significava lanciare determinati messaggi… Mistero della fede!

Un passaggio Matteo Salvini lo dedica anche alle comunali, lanciando una sfida, più che un messaggio, agli alleati:

“Non mi dispiacerebbe – dice – che a scegliere la donna o l’uomo candidato a sindaco, sia proprio la Lega”.

Insomma, il capitano sente il vento in poppa in Calabria e affonda contro chi gli dà del fascista, sovranista, populista e quant’altro:

“Sono talmente fascista che sono l’unico dittatore che chiede di far votare il popolo. Io vi invidio, tutta Italia vi invidia, perché voi andrete a votare a breve, e di questi tempi è diventato un lusso votare”.

Poi, l’epilogo che rovina la festa. Con una contestatrice allontanata bruscamente dai militanti. Mentre sul palco, la sfilata di centinaia di aficionados in fila per un selfie con il leader del carroccio.

La festa è finita. Andate in pace direbbe Matteo…