Aeroporto dello Stretto, stop alla convenzione con Sacal: onerosa e risultati inesistenti

La Città Metropolitana abbandona Scialatela e accusa: ‘Sacal non si è preoccupata di non far chiudere Reggio’

Il sindaco Giuseppe Falcomatà lo aveva anticipato ai microfoni di CityNow, ed è passato dalle parole ai fatti. La Città metropolitana si è infatti determinata per la risoluzione della convenzione di marketing territoriale “ad ogni effetto di legge e economico” con la Sacal, per eccessiva onerosità a fronte degli scarsi risultati ottenuti.

La Convenzione

Come si ricorderà, con deliberazione del Consiglio Metropolitano n. 82 del 22.11.2018 , su espressa e reiterata proposta della “Sacal spa”, società unica di gestione degli aeroporti calabresi, la Città Metropolitana di Reggio Calabria ha approvato la bozza di Convenzione finalizzata alla realizzazione di un intervento di Marketing territoriale di durata triennale presso gli aeroporti di Reggio Calabria e Lamezia Terme e con strumenti di diffusione visiva presso i medesimi aeroporti e sul sito di prenotazione della Sacal, finalizzato al rafforzamento della propria immagine produttiva e turistica dell’Ente, per aumentarne l’attrattività, nel rispetto delle proprie finalità istituzionali mirate alla valorizzazione ed al sostegno del territorio metropolitano, nonché allo sviluppo sociale ed economico dello stesso.

L’oggetto della convenzione era l’affidamento della gestione di un’attività di marketing e comunicazione consistente in cartelloni illuminati, cartelloni a bandiera e pareti dell’area arrivi e dell’area partenze e transiti dell’aeroporto oltre che di uno spazio presso l’aeroporto di Lamezia Terme e di passaggi video presso i due aeroporti oltre che nel sito di prenotazione Sacal per veicolare un messaggio promozionale relativo a tutto il territorio della Città Metropolitana.

La finalità era quella di rafforzare l’immagine produttiva e turistica della Città Metropolitana, aumentando l’attrattività dei collegamenti aerei.

La Convenzione, sottoscritta nel dicembre del 2018, impegnava la Sacal a promuovere il territorio della Città Metropolitana creando un marketing mix territoriale focalizzato sul flusso di incoming e sui potenziali clienti ancora da raggiungere.

Nacque così la campagna “Sciàlatela”, con un investimento annuale da 240 mila euro, per i tre anni successivi.

Ma nel dicembre del 2019, per come disposto dalla Convenzione stessa, si è proceduto alla verifica dell’incremento dell’attività volativa e del traffico passeggeri riscontrando, dai dati trasmessi da Sacal un lievissimo aumento percentuale del traffico, tale da mantenere per l’anno successivo lo stesso programma divulgativo salva la successiva verifica annuale.

Poi è arrivato il Covid e la chiusura dell’aeroporto reggino – con Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 112 – mentre l’aeroporto di Lamezia Terme ha visto drasticamente ridotta tutta l’offerta volativa. Situazione protrattasi fino allo scorso 1 luglio, quando il “Tito Minniti” ha riaperto con una offerta volativa limitatissima.

I dirigenti Giuseppina Attanasio e Attilio Battaglia, estensori della determina di risoluzione della Convenzione, fanno notare che

“la congiunturale situazione di emergenza nazionale ha reso impossibile la prestazione a favore della Città Metropolitana e irrealizzabile – per un lungo periodo – la finalità sottesa al rapporto convenzionale”.

Un rapporto difficile

In questo frangente – si legge nella determina – la Città Metropolitana ha provveduto a contattare più volte alla mail aziendale Sacal (in data 6 maggio 20202 e in data 1 giugno 2020) il corrispondente funzionario di Sacal responsabile dell’esecuzione delle attività in convenzione per conoscere, in relazione anche ad ulteriori iniziative di marketing territoriale, la data presunta di riavvio dell’attività dell’aeroporto di Reggio Calabria e di ripresa della piena operatività dell’aeroporto di Lamezia – atteso che la chiusura è stata disposta con successivi provvedimenti ministeriali su richiesta anche delle società di gestione aeroportuale – senza ottenere alcun riscontro, neanche a tentativi di contatto nelle vie brevi.

Ovvio che con un passato burrascoso di rapporti quasi inesistenti tra Sacal e Città Metropolitana, una volta informato il sindaco Falcomatà, lo stesso ha delegato i Dirigenti dei Settori Sviluppo Economico e Avvocatura ad adottare gli atti consequenziali, che nel caso non può che essere la risoluzione contrattuale immediata.

Nel caso specifico si tiene conto anche del fatto che la prevalente quantità di cartelloni sarebbero a Reggio Calabria. Un fatto che

“già evidenzia il sopravvenire di fatti che incidono sul rapporto, con l’azzeramento dell’attività volativa a Reggio Calabria. […] è subentrato anche il problema della finanza pubblica e contenimento della spesa quale pubblica amministrazione che non è libera nei fini. In pratica il collegamento tra attività volativa ( massa di utenza) e attività di attrazione turistica e valorizzazione del territorio mediante mezzi di diffusione risulta inscindibile. Già per questa via, essendosi presentati gravi cali di utenza sin dal 3.3 e pure prima, lo sbilanciamento è di tutta evidenza”.

I dirigenti contestano anche il fatto che

“sulla attività volativa e sulla condotta di Sacal si può dire che dai decreti ministeriali Infrastrutture del 12.3 e 14.6.2020, risulta innazitutto la chiusura e la non riapertura dell’areporto di Reggio Calabria”.

Insomma ci fu una interlocuzione con il Ministero? Sacal fece di tutto per non chiudere il “Tito Minniti”?

Per la Città Metropolitana,

“risulta chiaro ed inequivocabile che la Sacal non si sia preoccupata, o preoccupata del contrario in relazione condizioni logistiche, a non far chiudere Reggio e poi farlo bloccare fino al 14.7.2020. E che in concreto, al di là del calo pesante dell’utenza (voli) di per sè dirimente, Reggio è rimasto chiuso per oltre quattro mesi, mentre per Lamezia i voli sono diminuiti con connesso calo di utenza, ossia quel bacino umano che di quella attività dell’ente era presupposto e condizione del volere essenziale”.

Quindi ricostruita la vicenda in fatto e diritto,

“appare concreta e legittima, nonché doverosa, la possibilità di risolvere il rapporto, che non essendo per inadempimento – art. 1218 e ss. – non richiede nemmeno la diffida ad adempiere in quanto si è di fronte all’impossibilità oggettiva sopravvenuta”.