'Se questo è un uomo': per non dimenticare gli orrori dell'Olocausto

Un racconto commovente, a tratti brutale nato dalla penna di chi la Shoah l'ha vissute sulla propria pelle

Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per un pezzo di pane, che muore per un sì o per un no”.

Parole toccanti quelle di Primo Levi, uno dei più grandi autori del Novecento che in “Se questo è un uomo“, suo libro d’esordio, racconta gli orrori dell’Olocausto.

“Se questo è un uomo” di Primo Levi

Un racconto commovente, a tratti brutale nato dalla penna di chi certe situazioni le ha vissute sulla propria pelle.

Un partigiano antifascista arrestato insieme ad altri ebrei e successivamente deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, questo è il personaggio con cui il lettore deve confrontarsi. Una verità nuda e cruda con cui è difficile venire a patti, ma che necessita di essere letta, svelata e tramandata per non dimenticare la cattiveria dell’uomo, nella speranza di non commettere mai più gli errori del passato.

Quelle che Levi racconta fra le pagine della sua opera sono le terribili esperienze nel campo di sterminio nazista, una coinvolgente testimonianza della follia dell’uomo e di anni che hanno segnato l’umanità. Il libro è considerato un classico della letteratura mondiale.

“Nato fin dai giorni di lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi”.

Se questo è un uomo non è un libro di denuncia nei confronti di chi, quegli orrori li ha pensati e commessi, ma un libro per le vittime, per i loro familiari e per i posteri. Una narrazione che serve da promemoria e in cui nessuno degli eventi narrati è frutto di immaginazione dell’autore.

Gli orrori dell’olocausto

E infine, si sa che sono qui di passaggio, e fra qualche settimana non ne rimarrà che un pugno di cenere in qualche campo non lontano, e su un registro un numero di matricola spuntato. Benché inglobati e trascinati senza requie dalla folla innumerevole dei loro consimili, essi soffrono e si trascinano in una opaca intima solitudine, e in solitudine muoiono o scompaiono, senza lasciar traccia nella memoria di nessuno.”

Non solo orrore nel capolavoro che ha narrato al mondo l’Olocausto, ma anche tanta dignità, lo sviluppo di rapporti sociali come l’amicizia, nei limiti in cui era possibile farlo nei lager. E ancora Levi narra episodi di carità tra prigionieri, in primo piano vi è la fame, la necessità di sopravvivere giorno per giorno, non dando mai un occhio al futuro, perchè quale senso avrebbe farlo se si vive sempre sul rasoio dell’incertezza?

“Guai a sognare: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta. Ma non ci capita sovente, e non sono lunghi sogni: noi non siamo che bestie stanche.”

Una sola domanda assillante: “Perché?

Perché commettere talmente tante atrocità su altri essere umani? Perché farlo con gli ebrei? Perché i campi di concentramento? Perché i morti?

Tutte domande che non trovano risposta anche a distanza di decenni, nonostante le testimonianze di chi è riuscito a scompare allo sterminio che ha cambiato il mondo. Ce sono davvero tanti di testimoni dell’Olocausto come Levi, ma per quanto vi siano dei sopravvissuti, il numero dei morti non è quasi quantificabile.

“Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice”.