Sfruttamento e prostituzione in provincia di Reggio: i dettagli dell'operazione 'Euno'

Ecco come funzionava la filiera dello sfruttamento sgominata dai Carabinieri in provincia di Reggio

L’odierna operazione, convenzionalmente denominata Euno, dal nome dello schiavo siciliano che, nel 136 a.C., guidò la prima guerra servile contro il possidente terriero Damofilo, giunge all’esito di una complessa ed articolata attività d’indagine condotta dalla Stazione Carabinieri di San Ferdinando e dalla Compagnia di Gioia Tauro, col supporto specialistico del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Reggio Calabria, sotto il costante coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, diretta dal Procuratore Capo Dott. Ottavio Sferlazza, nel periodo compreso tra il mese di luglio 2018 ed il mese di gennaio 2019.

Le attività investigative, scaturite da una denuncia sporta presso la Stazione Carabinieri di San Ferdinando da un bracciante agricolo senegalese nei confronti di un caporale di nazionalità ghanese, hanno permesso, attraverso il ricorso a metodologie investigative tradizionali, quali servizi di pedinamento, osservazione, riprese video ed escussioni di persone informate sui fatti, nonché mediante l’utilizzo di attività intercettive, di far luce sull’esistenza di una vera e propria rete di caporali, composta da cittadini extracomunitari di origine centrafricana ed all’epoca dei fatti domiciliati presso il sito della baraccopoli di San Ferdinando e nel Comune di Rosarno, i quali, in concorso con i titolari di aziende agricole e cooperative operanti nel settore della raccolta e della vendita di agrumi nella Piana di Gioia Tauro, erano dediti prevalentemente alle attività di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai danni di braccianti agricoli extracomunitari, nonché alla commissione di ulteriori reati quali il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di donne africane e la detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana.

In particolare, le indagini, che si sono avvalse anche del prezioso contributo del Nucleo Ispettorato del Lavoro dell’Arma dei Carabinieri, hanno consentito di elaborare un qualificato e solido quadro indiziario a carico di tutti gli indagati i quali, rispettivamente col ruolo di c.d. caporali – 18 in totale, di cui 13 destinatari di custodia in carcere, 3 di obbligo di dimora e 2 di obbligo di presentazione alla p.g. – e datori di lavoro – 11 imprenditori agricoli in totale, di cui 7 agli arresti domiciliari, 2 con obbligo di dimora, 1 con divieto di dimora e 1 con obbligo di presentazione alla p.g. – durante l’intera stagione agrumicola 2018-2019, in modo sistematico, reclutavano manodopera straniera anche irregolare, provvedendo a trasportare gli operai presso le aziende agricole locali operanti nel settore della raccolta e vendita di agrumi e, con la compiacenza dei titolari delle imprese (3 delle quali destinatarie di misura ablativa reale), ad impiegarli, approfittando del loro stato di bisogno, in condizioni di evidente sfruttamento.

La filiera dello sfruttamento iniziava già alle 5:00 del mattino quando i caporali, alla guida di minivan e veicoli – il più delle volte inidonei alla circolazione su strada ed al trasporto di persone – iniziavano a caricare a bordo i braccianti agricoli radunati presso diversi punti di raccolta, quali la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo containers di Rosarno, da dove venivano poi trasportati, in condizioni di estremo disagio, presso i diversi fondi agricoli sparsi nel territorio pianigiano per essere impiegati nella raccolta degli agrumi. Ivi giunti, i braccianti erano costretti a lavorare in condizioni precarie, obbligati a raccogliere mandarini ed arance 7 giorni su 7, festivi compresi, per 10-12 ore consecutive, con pause contingentate e sprovvisti di qualsivoglia dispositivo di protezione individuale e di tutela della salute.

I Carabinieri hanno accertato, inoltre, che ciascun lavoratore riceveva una paga giornaliera in relazione al numero di cassette di frutta raccolte (circa 1 Euro a cassetta) e comunque non superiore a somme oscillanti tra i 2 ed i 3 Euro per ogni ora di lavoro, in palese violazione della normativa giuslavoristica in materia di retribuzione.

All’interno dei furgoni, omologati per il trasporto di non più di 9 passeggeri compreso il conducente, i caporali riuscivano a caricare sino a 15 persone in un’unica soluzione, costringendo i braccianti agricoli, già provati dalle scarse condizioni di vita all’interno della baraccopoli, a trovare posto su sedili di fortuna realizzati con tavole in legno, secchi di plastica, cassette per la raccolta e pneumatici usati di autoveicoli. In alcune occasioni i Carabinieri hanno sorpreso alcuni lavoratori che, rannicchiati all’interno del bagagliaio di autovetture station – wagon, alla vista dei militari, non hanno esitato a scappare al fine di non farsi identificare per paura di subire eventuali sanzioni.

Il complesso delle indagini ha permesso, infine, di documentare alcuni episodi di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana nonché condotte di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione da parte di un cittadino liberiano, destinatario di provvedimento restrittivo, il quale si occupava del trasporto di donne, di nazionalità nigeriana, da Rosarno verso la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo containers di Rosarno ove erano costrette a prostituirsi ed a cedere successivamente parte del ricavato al loro sfruttatore.

Nell’ambito dell’odierna operazione, sono stati inoltre sottoposti a sequestro preventivo 3 attività imprenditoriali, ubicate in Polistena (RC), Rizziconi (RC) e Laureana di Borrello (RC) nonché 18 beni mobili registrati per un valore stimato di oltre 1 milione di euro.